
Giovani, tedeschi, d’origine turca. E non ne vogliono più sapere della Germania

La battaglia per i cuori della gioventù tedesca di origine turca infuria al punto che qualche sostenitore del presidente Erdogan residente in Germania dà l’esempio privando i propri figli della nazionalità tedesca acquisita alla nascita in base a una legge del 2000 che ha introdotto nel paese di Angela Merkel una forma di ius soli. Almeno questo è quanto emerge dalla lettura dell’edizione del 16 febbraio del quotidiano turco pro-islamista Yeni Şafak. In un articolo a pagina 2 il pedagogista Savaş Çakir, residente in Germania, lancia l’allarme a proposito degli 11 mila minorenni musulmani, in maggioranza di origine turca, che l’anno scorso si sono rivolti allo Jugendamt, il Servizio per l’assistenza alla gioventù, per liberarsi della tutela familiare e vivere autonomamente. «I giovani possono avere tutto quello che desiderano rivolgendosi agli uffici per la tutela dei minorenni che trovano loro una sistemazione», ha dichiarato costui al giornale, che dal 1997 sostiene indefettibilmente le avventure politiche di R.T. Erdogan. «La conseguenza è che le loro famiglie non sono più in grado di impartire loro un’educazione».
Per evitare che in casa sua possa capitare qualcosa del genere, Çakır avrebbe a suo dire adottato una misura estrema: avendo la tutela legale di sua figlia minorenne, ha provveduto a farla rinunciare alla sua nazionalità tedesca, che i nati in Germania da genitori stranieri almeno uno dei quali risiede legalmente nel paese da almeno otto anni acquisiscono automaticamente in base a una legge del 2000. Inizialmente la legge prevedeva che entro il 23° anno di età i figli di cittadini extracomunitari dovessero scegliere quale delle due nazionalità intendevano conservare, ma alla fine del 2013 il “dovere di scelta” è stato eliminato. Alle elezioni politiche del settembre 2017 una parte della Cdu aveva chiesto che la clausola fosse reinserita nella legge dal nuovo parlamento, adducendo come motivo proprio le ripetute interferenze politiche del presidente turco Erdogan, che aveva fatto campagna in prima persona fra le comunità dei suoi connazionali emigrati in Germania in occasione del referendum costituzionale ultrapresidenzialista turco dell’aprile 2017.
L’estraniazione fra le generazioni non è l’unica conseguenza negativa delle politiche per la gioventù che gli immigrati turchi simpatizzanti del governo islamista in patria rinfacciano al paese che li ospita: un’altra questione che agita le acque da tempo sono i figli di migranti tolti alle famiglie turche di origine e dati in affido o in adozione per i motivi più svariati a famiglie tedesche che non sono di origine turca e nemmeno musulmane. Negli ultimi giorni del dicembre scorso alcune famiglie turche hanno organizzato una protesta con tanto di bandiere nazionali nei pressi degli uffici dello Jugendamt ad Heilbronn, nel Baden-Württenberg, per protestare contro la separazione di un bambino di 4 giorni dalla madre di origine turca, affetta da problemi psichici, il quale è stato affidato a una famiglia tedesca, senza prendere in considerazione la possibilità di appoggiarsi ai genitori della donna, residenti nella stessa località e disponibili a farsi carico delle necessità del neonato. I nonni hanno animato la protesta, di cui i media turchi hanno dato notizia e che ha incontrato la solidarietà dell’Associazione dei sostenitori della Turchia della lontana Wuppertal (Renania settentrionale-Vestfalia); il presidente di tale associazione, Murat Günes, secondo l’Agenzia di stampa turca Anadolu (di proprietà governativa) avrebbe dichiarato che in Germania 4 mila bambini di famiglie musulmane sono stati sottratti alle famiglie di origine e dati in adozione a famiglie tedesche, nel contesto di un programma di cristianizzazione dei bambini musulmani.
Nei giorni scorsi lo stesso Günes ha organizzato una manifestazione di commemorazione della morte di Hamit Paksoy, un malavitoso di origine turca ucciso due anni fa dalla polizia all’interno della sua abitazione nel corso di un’irruzione benché fosse disarmato. Paksoy era un esponente di punta degli Osmanen Germania, una gang di motociclisti turchi ultranazionalisti, dediti all’intimidazione di curdi, gülenisti accusati del tentato colpo di Stato del 2016 e avversari politici del presidente Erdogan. L’associazione di Wuppertal ha in serbo manifestazioni di protesta contro lo Jugendamt a Berlino e in altre città tedesche nei prossimi mesi.
I timori per la perdita dell’identità e dei valori religiosi tradizionali fra i giovani nati in Germania da genitori turchi appaiono in realtà sovradimensionati, quando si considera che in occasione del referendum costituzionale turco del 2017 i “sì” alla riforma ultrapresidenzialista promossa da Erdogan sono stati ben il 63 per cento fra gli elettori residenti in Germania, mentre nel territorio turco metropolitano l’hanno spuntata di misura per 51,4 a 48,6 (anche se è vero che in Germania ha votato solo il 49 per cento degli aventi diritto, control’85 per cento registrato in Turchia).
Fra i fattori che hanno determinato tale risultato si può classificare l’influenza delle moschee: delle circa 2.500 esistenti in Germania, la metà circa sono guidate da imam dell’Unione turco-islamica per gli affari religiosi (Ditib) o della comunità islamica Millî Görüş. Alla prima, che controlla 950 moschee, gli imam vengono forniti e pagati dal Diyanet, il Direttorato per gli affari religiosi di Ankara; anche la seconda associazione, di tendenza islamista, è destinataria di finanziamenti governativi turchi. Da qualche anno la Germania cerca di creare corsi per imam nelle università statali, ma essi vengono per lo più ignorati; nel novembre scorso il governo tedesco (Cdu-Sdp) ha presentato un disegno di legge, molto criticato da Ditib e Milli Görüş e dall’agenzia di stampa Anadolu che lo ha accusato di «razzializzazione», di ammettere in Germania solo imam che parlino tedesco.
I residenti in Germania di origine turca sono più di 3 milioni, e un milione e mezzo di essi ha diritto di votare nelle elezioni che si svolgono in Turchia. Delle 9 vittime causate nella cittadina di Hanau, nei pressi di Francoforte, dall’assalto dell’estremista di destra Tobias Rathjen contro bar frequentati da immigrati e cittadini tedeschi di origine straniera il 18 febbraio scorso, 4 erano di origine turca, due delle quali di etnia curda.
Foto Ansa
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