
Giovani schizzinosi? «Se Steve Jobs fosse in Italia, aprirebbe un parcheggio»
A Torino, ieri, il ministro Elsa Fornero si è rivolta ai giovani con la frase: «Non bisogna mai essere troppo “choosy”, schizzinosi, meglio prendere la prima offerta e poi guardarsi intorno da dentro e non aspettare il posto ideale». La frase è viziata da certa retorica tecnocratica, ma non è lontana da una lettura realista di quello che il mercato del lavoro italiano oggi può offrire. Tempi.it ne parla con Lorenzo Malgieri, amministratore delegato di Top Source, società di consulenza esperta nella ricerca di talenti.
Ha sbagliato il ministro Elsa Fornero?
Assolutamente sì. Dire ad una persona che si deve accontentare significa non avere interesse nel suo futuro e, di fatto, anche nel proprio. Bisognerebbe invitarla a rileggere l’intervento che Steve Jobs, già Ceo di Apple, fece all’Università di Stanford. «Stay hungry, stay foolish». Le barzellette che si raccontano oggi sullo stato della nostra penisola, però, sono realtà.
Cioè?
Se Steve Jobs fosse nato a Napoli, avrebbe comunque comprato un parcheggio, ma non avrebbe potuto fondare Apple. Al massimo, avrebbe fatto il parcheggiatore. Se il modo con cui ci poniamo di fronte ai neolaureati è quello di Fornero, è la fine. Lei dovrebbe essere la prima a pensare ai problemi del mondo del lavoro attuale. Anche perché, dove c’è un minimo di creatività – come dicono i giovani: “startuppano” – si viene oberati dalla burocrazia, e manca il sostegno. Quello che questi ragazzi fanno è esattamente il contrario di accontentarsi.
Eppure, la crisi non permette di essere schizzinosi.
Essere realisti non significa accontentarsi. Quando alcuni aspiranti imprenditori si recavano da Steve Jobs e gli confidavano le proprie speranze, lui chiedeva sempre: «Che idee hai per costruire un’impresa?». Se si sentiva rispondere «nessuna», rispondeva: «Allora è meglio se vai a fare il bigliettaio del tram fintanto che non ti verrà qualcosa in mente». Se non trovi quello che desideri, ti adegui prendendo il meglio. È una modalità normale di procedere.
Qualche consiglio per chi cerca lavoro?
Un neolaureato che si affaccia al mondo del lavoro deve chiedersi quali sono le sue competences – competenze tecniche – e le sue skills – abilità innate. Uno impara a conoscersi in azione, e può scoprirsi in grado di lavorare in ambiti che non sono pienamente coerenti con il percorso di studi effettuato. Non bisogna essere schizzinosi nel privilegiare le competences alle skills, al massimo.
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3 commenti
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Io non so giudicare la terminologia utilizzata dal ministro o la sua presentazione, e sinceramente non mi interessa.
Ho però esperienza di prima mano di cosa siano in generale (scusate, *in generale*) i laureati italiani: gente con un’opinione di sé spesso nettamente superiore alla relatà, infarcita di idee sulla superiorità dell’università italiana rispetto a quelle estere, con un’idea del lavoro pari a zero.
Ovviamente i giovani, e qui parlo nello specifico dei laureati, non hanno tutte le colpe di questo: l’università italiana è spesso il tempio dell’immobilismo, dove il confronto col mondo del lavoro è pressoché nullo, tanto i fondi di ricerca arrivano dallo stato.
Non contesto assolutamente che un laureato cerchi di entrare nel mondo del lavoro nell’ambito che più gli piace: fa parte di uno sguardo intelligente della realtà il capire che una persona fa meglio ciò che gli piace, per cui è portata. Quindi far fare l’ingegnere ad uno che ama fare l’ingegnere sarà un bene per la persona e anche per lo stato.
Le capacità personali sono però solo uno dei tre aspetti fondamentali a cui guardare nella ricerca del lavoro: ci si dimentica troppo spesso che ci sono anche le condizioni oggettive e il servizio al bene comune.
Condizioni oggettive vuol dire che se in un mercato non c’è spazio per i laureati in una determinata materia è inutile lamentarsi e stare immobili ad attendere che si crei uno spazio. Intanto gli anni passano e la freschezza giovanile, la capacità di imparare e cambiare e l’energia se ne vanno.
Il bene comune è una parola che purtroppo non si sente più sulla bocca non solo di coloro che guidano la società, ma anche della gente. Ormai le cose si fanno se si ha un ritorno personale immediato oppure se si è obbligati. Ma chi pensa che il suo lavoro è un bene perché costruisce una società? E che val la pena di non buttare una carta per terra perché così è semplicemente più bello? E allora mi pare anche possibile riconoscere che la società è in crisi, certo magari non per colpa nostra diretta (ma indiretta magari sì), ma che è più utile per questa società in crisi che io faccia un lavoro più umile ma che serve, piuttosto che attendere l’occasione della vita.
In ultimo mi preme dire una cosa: smettiamola con questa farsa di Steve Jobs. Certo, in Italia non c’è alcuna valorizzazione delle idee e del talento, siamo indietro e l’idea che i giovani possano prendere il posto dei vecchi è lontana anni luce (vedi tutti i partiti policiti, tutte le grandi società, la scuola). Ma Steve Jobs ebbe il suo finanziamento DOPO aver progettato un computer nel garage di casa assieme a Wozniak; e Mike Makkula, l’ex ingegnere Intel che li finanziò, ebbe sicuramente un gran fiuto, e fu ben premiato per questo, ma aveva davanti Steve Jobs, una persona di cui, se si deve dire una cosa, si può dire che sapeva e ha saputo vendere il riso ai cinesi. Sull’idolatria della figura di Jobs non mi dilungo perché non è il caso, ma di idolatria si tratta.
Finiamola quindi di dire che Jobs a Napoli avrebbe aperto un parcheggio e basta. Se qualcuno a Napoli ora progettasse un dispositivo elettronico rivoluzionario come lo fu l’Apple II e avesse la stessa caparbietà nel cercare contatti nelle imprese forse potrebbe poi venire giustamente a lamentarsi del fatto che le banche in Italia ti danno 100 solo se hai già 1000.
In definitiva mi pare che attaccare il ministro Fornero perché ha detto “choosy” invece che “schizzinoso” e citare a vanvera un caso di successo imprenditoriale americano sia un modo per distogliere la discussione dal vero problema: rimbocchiamoci le maniche, facciamo ciò che si può e che si deve, inseguendo sempre il proprio desiderio ma essendo realisti. E soprattutto FACCIAMO QUESTA BENEDETTA FATICA CHE DOBBIAMO FARE.
ciuusi a chi? tiè! mio papà, m’ha piazzato subito in Regione Lombardia! Li c’ho trovato il Trota e la Minetti, ciuusi anche loro?
chiedo scusa, ma il termine “choosy” non vuol dire accontentarsi… steve jobs a creato tutto nel garage di casa, non ha mica iniziato con un ufficio a manhattan..
secondo me c’è un grosso equivoco di fondo.