
La tecnica non salverà il Giappone dal declino demografico

La popolazione giapponese diminuisce ininterrottamente dal 2008e il problema è diventato ormai una vera emergenza nazionale. Nel 2017 per la prima volta le nascite si sono attestate sotto il milione e la popolazione che oggi conta 127 milioni di persone potrebbe calare fino a 100 milioni nel 2065, secondo le stime. Già nel 2004, quando il numero di nuove nascite ha smesso di superare quello dei decessi, Tokyo ha pensato che la tecnica sarebbe bastata per risollevare il Giappone. Cliniche specializzate in problemi di fertilità sono spuntate come funghi in tutto il territorio nazionale e il governo ha stanziato faraonici sussidi per accedervi, ma non è servito a niente.
RECORD MONDIALE. Alcune cliniche nella capitale impiantano fino a 75 ovuli fecondati nell’utero di altrettante donne ogni giorno. Un record mondiale. Nonostante la popolazione giapponese sia inferiore alle metà di quella statunitense, nel Sol Levante il numero di cliniche che offrono trattamenti di fertilità sono di un terzo superiori a quelle americane. Più di 50 mila bambini ogni anno nascono con la fecondazione in vitro, il 5% di tutte le nascite, come riportato dal Japan Times, eppure il problema rimane acuto. Il tasso di fertilità in Giappone è di 1,44 figli per donna, ben al di sotto di quello necessario per il ricambio della popolazione (2,1), e un quinto delle coppie faticano a concepire.
«È IMBARAZZANTE». Le coppie che grazie agli incentivi si affidano alle tecnica sono tantissime, ma con scarsi risultati. «Pratichiamo più fecondazioni in vitro di chiunque altro al mondo ma abbiamo il tasso di successo più basso di tutti, inferiore al 10% e in calo costante», spiega all’Economist Yoshimasa Asada, specialista del settore. «È imbarazzante».
Il 40% delle donne che tentano la strada della fecondazione artificiale ha infatti più di 40 anni. Lo Stato paga la metà del costo di un trattamento (circa 300 mila yen, 2.300 euro) alle donne fino a 43 anni e sta pensando di estendere i sussidi anche alle coppie non sposate. I centri specializzati fanno affari d’oro ma con scarsi risultati per le famiglie giapponesi.
PROBLEMA CULTURALE E SOCIALE. Tokyo ha pensato di poter risolvere un problema culturale e sociale con l’ausilio della tecnica, ma l’illusione sta svanendo mano a mano che le statistiche sui nuovi nati vengono prodotte dal governo. I problemi del Giappone infatti sono altri e non possono essere risolti per vie traverse: le donne si sposano in media sempre più tardi e raramente (30,1 anni) e danno la precedenza al lavoro più che alla costruzione della famiglia. Famiglia e lavoro sono difficilmente conciliabili, dal momento che un figlio è visto nel paese come una pietra tombale sulla possibilità di fare carriera.
TURNI PER FARE FIGLI. Il problema è aggravato non solo dai turni orari massacranti ai quali i giapponesi si sottopongono, ma anche da episodi spiacevoli come quelli raccontati recentemente dall’Afp. Alcune donne, infatti, hanno rivelato all’agenzia che i datori di lavoro impongono dei turni in azienda che regolano la possibilità per le donne assunte di avere figli. Chi «perde il turno» può concepire solo a rischio di essere licenziato. Chi resta incinta, inoltre, al ritorno in ufficio si vede sbarrata ogni possibilità di fare carriera. Tutti problemi che la fecondazione in vitro non può in alcun modo risolvere.
Foto Ansa
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