
Il Giappone cresce scontando gli investimenti. L’Italia si fa del male con la Tobin Tax
Tokyo taglia le tasse sulle operazioni finanziarie e il Pil cresce oltre il 4 per cento in un anno. L’Italia, invece, no: estende la Tobin Tax anche ai derivati, nonostante il gettito atteso dall’imposta sulle transazioni a luglio, sarà inferiore a un terzo di quello inizialmente previsto dal governo Monti. E – quel che è peggio – incoraggia gli operatori della finanza mondiale a utilizzare prodotti diversi da quelli italiani. La Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie voluta dal governo Monti, infatti, si applica allo strumento e non al trader che effettua l’operazione. Tutto questo succede mentre il pil dell’Italia è calato del 2,4 per cento in un anno.
ABENOMICS. In un’intervista televisiva il premier del Giappone Shinzo Abe ha annunciato che, per rilanciare l’economia del Sol Levante, dove perlatro il pil è già cresciuto del 4,1 per cento in un anno, intende incoraggiare gli investimenti, in particolare l’acquisto di titoli azionari giapponesi da parte delle società di investimento, unitamente ad un drastico taglio delle tasse sulle operazioni. Le tasse sugli investimenti, ha annunciato Abe, saranno ridotte a partire dal prossimo autunno.
Si tratta del terzo step delle riforme predisposte dal premier per uscire dalla crisi e che la stampa internazionale ha ribattezzato come “Abenomics”. Il terzo momento della cura del premier, fatto di stimoli fiscali e politica monetaria espansiva (i tassi di interesse resteranno fermi allo 0-0,1 per cento), segue il primo di pesante acquisto di titoli di Stato da parte della Bank of Japan e il secondo di vendita di titoli obbligazionari giapponesi.
IN ITALIA. In Italia, invece, la Tobin Tax verrà estesa a partire dal prossimo primo luglio anche ai derivati. Ciò accade nonostante il gettito del 16 luglio sarà, secondo le stime, pari a circa 300 milioni di euro contro il miliardo annuo inizialmente atteso. E questo perché, come ampiamente spiegato già da ItaliaOggi, «quello che si recupera da una parte a titolo di Tobin Tax si perde in parte dall’altra come minor gettito Ires, Irpef e da capital gain (il guadagno in conto capitale, ndr) degli operatori finanziari». Fatto che, oltretutto, è valso anche la stroncatura del balzello da parte della Corte dei Conti. Senza contare poi l’effetto incentivante sui trader e i privati a ricorrere a strumenti finanziari esteri fiscalmente più vantaggiosi.
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Quello che mi rattrista di questa ennesima storia di tasse è che un giornale di solito attento ed equilibrato come Avvenire, si sia lanciato, oramai da molti mesi, in una campagna a corpo morto a favore di questa assurda tassa. Neppure l’evidenza dei danni che la Tobin Tax sta provocando riesce a far recedere Avvenire da questa moralistica e ideologica posizione. Ancora una volta si vede come i vescovi e la CEI nel suo insieme, pur non capendone nulla di una determinata materia, spesso mal consigliati da presunti esperti, poi si lancino in campagne ideologiche che nulla hanno a che fare con il loro ruolo. Vedi le castronerie che un paio di anni fa furono pronunciate da diversi vescovi all’epoca del referendum sulla cosiddetta privatizzazione dell’acqua pubblica