Giannino: Serve un cambio di passo, non terzi poli alla Casini & Fini

Di Oscar Giannino
04 Ottobre 2012
La classe politica ha fallito. Questo pensano i 18 milioni di italiani che rifiutano il voto ai partiti attuali. La discontinuità con vecchi simboli e vecchi leader deve essere netta

Cari lettori di Tempi, all’indomani delle dichiarazioni di Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini per sostenere il Monti bis con una lista civica comune, tre considerazioni da parte mia, come promotore dell’appello fermareildeclino.it. Bisogna mettere i puntini sulle i, altrimenti sarà pressoché inevitabile che il 50 per cento di italiani che oggi intendono orientarsi al non voto – la più seria frattura di rappresentanza politica dacché esiste la Repubblica – prendano la via della protesta pura.

Primo. Ha scritto Pierluigi Battista sul Corriere della Sera: «Non apparire come politici che si aggrappano alla scialuppa di Monti cercando di scansare il naufragio». Esatto. Nel nostro manifesto abbiamo scritto che la classe politica ha fallito, tranne limitate eccezioni personali. È questo ciò che pensano i 18 milioni di italiani che rifiutano nei sondaggi il voto ai partiti della Seconda Repubblica. Per dare rappresentanza a quegli italiani, la discontinuità con vecchi simboli e leader deve essere netta. Il credito di cui gode Monti, oltre che alle capacità mostrate in Europa, si deve innanzitutto a questo. L’immagine complessiva di degrado e spoliazione offerta dalla politica non riguarda solo Silvio Berlusconi. Riguarda tutti coloro che hanno guidato partiti e avuto peso decisionale negli ultimi vent’anni. A nostro giudizio, si tratta di adottare spontaneamente, prima che diventino obbligatori per legge, meccanismi di selezione della classe politica a tutti i livelli incentrati sullo scioglimento preventivo di ogni conflitto d’interesse, coinvolgimento di aderenti ed elettori, limite dei mandati, rinuncia al finanziamento pubblico. Noi non crediamo che Casini con la sua Udc, Fini o altre personalità politiche di spicco della Prima e della Seconda Repubblica possano essere gli artefici di un’offerta politica di svolta nel rilanciare il paese.

Secondo. Ancora Battista: «L’endorsement a favore del Monti bis esime dalla fatica delle scelte dolorose che si devono compiere?». La risposta è no, non esime affatto. Per quello che ci riguarda, abbiamo indicato in dieci punti irrinunciabili la svolta programmatica che occorre. Abbattere il debito pubblico con gli attivi patrimoniali pubblici e non più con avanzi primari ammazza-paese; diminuire spesa e imposte su lavoro e impresa di 6 e 5 punti di Pil in 5 anni, in dimensioni analoghe a quelle compiute dalla Germania tra il 2002 e il 2007; riorientare il welfare verso giovani e donne; scioglimento del conflitto d’interesse nel pubblico e nel privato; macroregioni a Nord e Sud per superare l’evidente insuccesso di vent’anni di federalismo tradottosi in più centralismo, più veti locali, più dilapidazioni pubbliche. A Monti va riconosciuta la ripresa di credibilità internazionale dell’Italia. Ma la svolta per la crescita non è venuta. Gli elementi di continuità hanno prevalso, l’inasprimento fiscale è continuato, lo sterminato perimetro pubblico è stato solo scalfito. Ai milioni di italiani che protestano, apparirebbe non interessante la formula di un Monti bis senza chiare e profonde discontinuità nell’azione. Noi ci candidiamo a rappresentare l’area che offre a Monti (o a Renzi o a chi abbia a cuore il rilancio dell’Italia) voti e competenze per un drastico cambio di passo dell’agenda riformatrice.

Terzo. Ha ancora senso la parola “moderati”? No. Per le nostre richieste noi siamo chiaramente “immoderati”. Non si tratta di costruire un’offerta centrista o terzopolista sull’asse destra-sinistra, ma su quello in cui serietà, merito e competenza fanno la differenza rispetto a promesse tradite, cooptazione e ignoranza della vecchia politica.

Non penso che sia facile costruire in pochi mesi un’offerta politica siffatta. Occorre mettere insieme sensibilità diverse, il maggior numero di esperienze associative sgorgate dai mille fenomeni di malessere economico, sociale e politico. Bisogna evitare la corsa alle scialuppe di salvataggio, ma anche di rappresentarsi come piccoli Napoleone della società civile che credono di bastare a se stessi quando, dalle firme da presentare ai mezzi finanziari per la campagna elettorale, gli ostacoli sono immensi. Ma è la sofferenza dell’Italia produttiva a non chiedere niente di meno. Gli italiani decidano se vogliono metterci la faccia. Come, in piccolissimo, insieme ad altri sinora l’ho messa io.

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1 commento

  1. Luigi Lupo

    “Ha ancora senso la parola “moderati”? No. Per le nostre richieste noi siamo chiaramente “immoderati”. Non si tratta di costruire un’offerta centrista o terzopolista sull’asse destra-sinistra…….”

    Si è sempre accusato i politici di parlare politichese, questa frase di Giannino dove la mettiamo?

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