
La “generazione ipersensibile” woke non salva nemmeno Godard e la Bardot

Parigi. Un tempo Brigitte Bardot era l’orgoglio della Francia, il simbolo della femminilità disinibita francese, il sogno erotico di un’intera generazione, la ragazza che veniva invitata all’Eliseo da Charles de Gaulle e celebrata sul grande schermo dal re dei cinéphile sessantottini francesi, Jean-Luc Godard. Oggi, basta pronunciare le sue iniziali, BB, per far venire l’orticaria ai giovani studenti delle scuole di cinema, a quella che il Monde in un’inchiesta pubblicata nel weekend ha definito la “generazione ipersensibile”: una generazione imbevuta di politicamente corretto e ideologia woke, sempre pronta a denunciare, condannare, a rieducare, a dare lezioni di morale.
Ragazzi indignati per il nudo della Bardot
Didier Morin, fotografo, cineasta e professore di cinema all’École des Beaux-Arts di Marsiglia da quasi vent’anni, non aveva mai assistito a nulla di simile nella sua carriera. Come ogni anno, decide di mostrare ai suoi studenti “Il Disprezzo” (1963) di Godard, capolavoro degli anni Sessanta girato a Capri, con Michel Piccoli e Brigitte Bardot nel ruolo di protagonisti. Nella famosa scena di apertura, Camille (Brigitte Bardot) viene filmata nuda sul letto, illuminata di rosso, giallo e blu mentre chiede a Paul (Michel Piccoli): «Tu vois mon derrière dans la glace? Tu les trouves jolies mes fesses? Et mes seins, tu les aimes? Qu’est-ce que tu préfères, mes seins ou la pointe de mes seins?» (Vedi il mio sedere allo specchio? Lo trovi carino? E il mio seno, ti piace? Che cosa preferisci, il mio seno o i miei capezzoli?).
«Negli ultimi tempi, durante le proiezioni, sento un brusio in fondo all’aula. Credevo fossero soltanto disattenti, ma quel giorno ho capito tutto…». Quel giorno, un gruppo di ragazze “indignate” dalla scena in cui Bardot viene ammirata dallo sguardo concupiscente di Piccoli/Godard si alza, si dirige verso il proiettore e stacca la spina. «E per fortuna non ho proiettato Une sale histoire (1977) di Jean Eustache, dove Michael Lonsdale racconta come è diventato voyeur grazie a un buco sulla porta dei bagni delle donne… Mi avrebbero massacrato», dice oggi sconsolato Didier Morin, specialista di Pasolini e Genet. Per la scelta di proiettare “Il Disprezzo” di Godard, interrotta dopo pochi secondi, e le conseguenti proteste degli studenti “indignados”, Morin ha rischiato il posto all’École des Beaux-Arts di Marsiglia.
Le altre vittime della “generazione ipersensibile”
Nel febbraio del 2020, all’Università Paris VIII, è successa la stessa cosa a una storica che lavorava sulle rappresentazioni dell’affaire Dreyfus al cinema. Nel programma, aveva inserito anche il film di Roman Polanski sul tema, “J’accuse”. Il risultato? Proiezione interrotta. Nel 2019, vittima di questa “generazione ipersensibile” fu Philippe Brunet, regista teatrale e specialista della Grecia Antica. La sua rappresentazione delle Supplici di Eschilo alla Sorbona venne bloccata da un blitz di militanti della Lega di difesa afroamericana e del Consiglio di rappresentanza delle associazioni nere. Il motivo? Aveva fatto indossare delle maschere di rame corrispondenti ai codici del teatro antico, e alcune di quelle maschere delle donne egizie erano nere: tanto bastò per essere accusato di “razzismo” e di essersi macchiato del reato di “blackface”.
Eschilo e Godard come Colombo e Churchill
Come racconta il Monde, l’ondata woke della “generazione ipersensibile” si è abbattuta sulle scuole di cinema, d’arte e di teatro francesi, e nessuno viene risparmiato. Le icone di ieri, da Godard a Polanski fino a Eschilo, vengono decostruite, accusate di sessismo, abbattute negli atenei come le statue di Cristoforo Colombo e di Winston Churchill vengono divelte in nome della “cancel culture” nelle piazze occidentali.
«Una linguista che stava tenendo una conferenza anti scrittura inclusiva è stata ricoperta d’urina. Una professoressa che ha scritto ‘chère madame’ alle sue studentesse è stata attaccata perché ‘chère’ risulta troppo familiare», scrive il Monde, riportando anche la storia di «un professore che ha dovuto affrontare una studentessa orripilata dalla foto di Richard Avedon in Dovima with Elephants (1955) perché si scontrava con le sue convinzioni animaliste». La lista è infinita. Come scrive lo storico Pierre Vesperini, autore del saggio Que faire du passé? Réflexions sur la cancel culture (Fayard), «la generazione del 68’ voleva mettere fine al puritanesimo in nome dell’autonomia del regno estetico. Bisogna scioccare i borghesi con Sade, Bataille…La nuova generazione rimette al centro la morale».
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