
Futuro e libertà si spacca, Fini piange e chi cambia partito spiega perché
«Sarebbe davvero inutile negare l’evidenza: il progetto di Futuro e Libertà vive un momento difficile, sta attraversando la fase più negativa da quando, con la manifestazione di Mirabello, ha mosso i primi passi». È lo sfogo amaro di Gianfranco Fini, sulle pagine del Secolo. E in effetti Fli, più che andare a destra o a sinistra, sta andando in rovina.
Dopo le defezioni di Luca Bellotti, Roberto Rosso e Giuseppe Menardi, che avevano già abbandonato il partito nei giorni precedenti, è stato il turno di Luca Barbareschi, che dopo aver pianto calde lacrime sul palco di Bastia Umbria ha lasciato il gruppo Fli alla Camera dei deputati per aderire al gruppo misto. Specificando che il disagio di molti in Fli «è un disagio di coscienza».
Sul Messaggero Mario Ajello mette in fila le fantasiose dichiarazioni dei “deputati erranti”, che vagano fra un gruppo e l’altro, entrano ed escono dai partiti, tradiscono e si pentono, rilanciano e arretrano, ieri con Fini e contro Silvio, ora con Silvio e contro Fini, e domani chissà. Ce n’è per tutti i gusti: ci sono quelli che rompono per senso di «re-spon-sa-bi-li-tà» e quelli che dicono: «lo lascio, ma gli voglio bene».
C’è Roberto Rosso: «Rientro nella maggioranza perché ho uno zio salesiamo e Berlusconi è andato a scuola dai salesiani». O Maria Grazia Siliquini, che dichiara di aver aderito a Fli «perché nel Pdl le donne sono veline» per poi fare un brusco dietrofront, in quanto «le donne finiane hanno mutuato dalla sinistra il difetto di sentirsi colte e pensose».
Si cambia casacca perché «Silvio è buono, e risponde al telefono» o perché «Fini è freddo». Anche il Guzzanti che si scandalizzava per la “mignottocrazia” ora che è alla quarta giravolta parla di «appoggio indiretto».
Ajello calcola che in due anni e mezzo sono stati 120 i parlamentari che hanno cambiato casacca: alcuni anche tre o quattro volte.
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