Chi sono i francesi che scappano perché «non riconoscono più la Francia»

Di Mauro Zanon
17 Maggio 2022
Molti si traferiscono in Portogallo, ma c'è anche chi va in Ungheria. Insicurezza, islamismo, e un paese considerato in declino dietro alla scelta dell'autoesilio. Inchiesta del Figaro
Francia
Un murale a Parigi in ricordo di Ahmed Merabet, poliziotto francese ucciso da un terrorista islamico lo stesso giorno dell'attentato a Charlie Hebdo (foto Ansa)

Parigi. Ragazze «che si fanno stuprare per strada», adolescenti «che si uccidono a colpi di coltello», poliziotti e pompieri aggrediti mentre lavorano, una diciottenne, Mila, «sotto scorta» per aver insultato l’islam in una story su Instagram, una donna «bruciata viva perché voleva vivere normalmente», ossia all’occidentale, il burkini, ossia il costume islamico che lascia scoperto soltanto l’ovale del viso e simbolo di sottomissione, autorizzato nelle piscine di Grenoble, per non parlare degli attentati jihadisti che dal 2015 funestano la Francia.

«Il nostro stile di vita in Francia è minacciato»

Christophe, 60 anni, consulente finanziario originario di Nantes, è uno dei tanti francesi che non riconoscono più la Francia, il paese in cui sono nati e cresciuti, nella gioia e nella spensieratezza delle Trente Glorieuses, ed è pronto all’esilio. «Il nostro stile di vita è minacciato: i “muri portanti della nostra civiltà”, come dice Philippe de Villiers, cominciano a tremare. Le nostre élite sono sconnesse», ha detto al Figaro Christophe. Il quotidiano conservatore ha dedicato un’inchiesta ai francesi fuggiti all’estero, o pronti a farlo, in cerca della serenità che non trovano più in Francia: a causa dell’inciviltà e dell’insicurezza diffuse, dell’islamismo galoppante, del comunitarismo, delle tensioni sociali, ma anche della cancel culture.

La maggior parte dei francesi va in Portogallo, ma anche in Ungheria: paesi di cultura cristiana e fieri di esserlo, dove sicurezza, tranquillità e libertà vanno a braccetto. «È la Francia che mi ha obbligato a partire!», tuona una donna originaria di Aix-en-Provence, oggi insediata a Budapest e senza la minima intenzione di tornare indietro. Alcune dichiarazioni, in particolare, sono rimaste impresse nella testa di molti cittadini francesi, e non solo: quelle di Viktor Orbán, primo ministro ungherese, che nel 2017 mandò un messaggio potente a tutti gli europei che non riconoscevano più il loro paese d’origine. “Lasceremo entrare, naturalmente, i veri rifugiati: i tedeschi, gli olandesi, i francesi, gli italiani, i politici e i giornalisti terrorizzati, cristiani costretti ad abbandonare il loro paese, che vogliono ritrovare da noi l’Europa che hanno perduto a casa loro”, disse il premier magiaro.

Gli ebrei francesi vogliono andarsene

Ferenc Almássy, direttore del giornale online ungherese Visegrad Post, riceve regolarmente delle richieste di informazioni provenienti dalla Francia. «Negli ultimi cinque anni, ne ho conosciuti una dozzina che sono venuti qui per ragioni di sicurezza. In Ungheria, non dobbiamo far fronte all’immigrazione. Non ci sono attentati. Non sappiamo cosa sia la paura di prendere l’autobus durante la notte», ha spiegato al Figaro Almássy. Fra i francesi di confessione ebraica, la tentazione della diaspora verso lidi più sicuri è ancora più grande: il 46 per cento, secondo un recente studio di Fondapol, ha già pronte le valigie per abbandonare la Francia. Lo scorso anno, 3.500 ebrei francesi hanno fatto l’aliyah (il ritorno in Israele): la cifra di partenze più elevata dal 2017. «Da anni, provo un malessere in Francia», ha dichiarato al Figaro Daniel Knoll, 65 anni, che lavora nel settore immobiliare nella regione parigina.

La madre, Mireille Knoll, è stata vittima di un attentato antisemita al grido di «Allahu Akbar» nel marzo 2018. «I miei figli sono partiti in Israele vent’anni fa con la mia ex moglie», ha aggiunto Daniel Knoll. Lui potrebbe seguirli presto. «La Francia ha perso la sua anima! Ci stiamo orientando verso lo scenario descritto da Houellebecq in Sottomissione», teme. Daniel aspettava Sarkozy e il suo famoso Kärcher, con cui diceva di voler “ripulire” le banlieue multietniche dalla racaille, ha aspettato Valls, ex primo ministro socialista dal polso duro, «ma nessun governo ha reagito e gli estremisti continuano a crescere. Certo, ora c’è una strada dedicata a Mireille Knoll. Ma cosa cambierà?».

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