
Frigerio: «Agenzie di rating danno le pagelle, l’Italia prende 6/7»
L’agenzia internazionale di rating Standard & Poor’s ha annunciato il declassamento del debito pubblico italiano. «Il rating è una pagella, un giudizio, come se un insegnante desse un voto a uno Stato. I voti, che solitamente vanno da 0 a 10, in questo caso vanno dalla tripla A, che è il massimo, alla D di default, che come tutti sanno è la situazione del fallimento». Spiega così Alessandro Frigerio, analista finanziario di RMJ Sgr e collaboratore di Tempi, il significato di rating a Radio Tempi, durante la trasmissione Gli spari sopra.
Parlando poi dei criteri con cui è stipulata la pagella Frigerio ha sottolineato come molti Stati, tra cui gli Usa, criticano le agenzie di rating. Va infatti tenuto presente che «mentre il debito su pil e il decifit su pil sono criteri oggettivi, l’andare a stimare come crescerà e se crescerà una nazione negli anni a venire non è invece cosa semplice e spesso è soggettivo, si entra in una zona d’ombra e può capitare a volte di prendere un abbaglio». Come è capitato agli Stati Uniti, «quando uno dei tecnici dell’agenzia di rating aveva sbagliato la stima del debito americano superiore di qualche migliaia di miliardi rispetto alla realtà e quindi aveva preso un abbaglio clamoroso, che era risaltato ovviamente all’attenzione della cronaca». Per quanto riguarda i mercati finanziari, invece, « il downgrade italiano era già previsto, anche se non si pensava lo facesse S&p».
Alessandro Frigerio annota che purtroppo «è anche possibile che tra qualche mese questa pagella possa peggiorare per l’Italia e scendere ulteriormente ad “A-” da “A”, perché si valuta la debolezza politica e mancata crescita italiana, cose difficili da valutare. Il problema è che queste pagelle sono molto difficili da recuperare». Commentando le parole di Emma Marcegaglia, che sostiene che serva discontinuità all’economia italiana e al Paese, Frigerio osserva che «la discontinuità c’è stata ma sui mercati finanziari. L’Italia non è cambiata granché da giugno, quando però tutto è cambiato per i problemi capitati a Tremonti, con gli investitori esteri che hanno ravvisato una debolezza nella credibilità del ministro dell’Economia e hanno iniziato a investire di meno». Frigerio taglia però corto rispetto a ogni pessimismo perché «se è vero che la debolezza politica italiana esiste, la compagine politica debole è un dato di fatto che riguarda non solo l’Italia ma anche le principali nazioni che in questo momento sono in difficoltà come America, Spagna e Germania. L’Italia è un paese troppo importante per andare in default e nello stesso tempo troppo delicato per riequilibrarsi agevolmente».
Di positivo c’è che «l’Italia non può andare in default, al massimo passare ad “A-“. Attualmente l’Italia è come se fosse su un voto simile al 6/7, è troppo importante per i mercati mondiali per andare in default e probabilmente nello stesso tempo troppo grande per essere salvata, per questo servono risoluzioni forti». Sicuramente «dobbiamo scordarci di recuperare l’A+, perchè questi giudizi sono come incisioni sulla pietra e ci vogliono anni per recuperarli. Se nei prossimi mesi si andasse alle elezioni con una classe politica che piacesse ai tecnici della S&P, oppure, come dice Profumo, venisse fatta una patrimoniale o privatizzazioni che permettano di recuperare 400 miliardi di euro, per far scendere vertiginosamente il debito, allora la situazione potrebbe cambiare ma sarebbe una situazione utopistica, meglio pensare di recuperare quei 300 e 400 miliardi di euro nel giro di un annetto utilizzando misure straordinarie e non ordinarie, come dicevo».
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