
Frattini: «Libia, non conosciamo le tribù, il dopo-Gheddafi è imprevedibile» – Rassegna stampa/1
Ieri Muammar Gheddafi, leader della Libia da 42 anni, ha parlato attraverso la Tv di Stato a tutto il paese, annunciando che «non mi dimetto, morirò qui come un martire. Sono il leader della rivoluzione, non un presidente che si dimette. Siamo pronti a domare la rivolta e sarà un’altra Tiananmen». Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha dichiarato che «si sperava in altro».
«Il problema della Libia» dice Frattini in un’intervista al Corriere della Sera, “«è che a parte Gheddafi non conosciamo niente altro. Nessun altro politico, partito. E adesso ci è impossibile immaginare un futuro, dopo di lui. […] In Libia, in Cirenaica, come è noto, ci sono le tribù: e noi non abbiamo idea di chi siano quelli delle tribù»” (Corriere, p. 6).
“«Sappiamo però che sono pericolosi. Lì ci sono componenti di Al Qaeda. Per questo fin dal 2006 abbiamo deciso di chiudere il consolato italiano, in Cirenaica. Ma non soltanto»” (Corriere, p. 6). Anche ieri si sono verificati scontri a Tripoli tra la folla e gli uomini assoldati da Gheddafi. Alcune fonti parlano anche di «mille morti».
“«Noi non abbiamo davvero alcuna idea di cosa possa succedere in Libia, dopo la caduta di Gheddafi», continua Franco Frattini. «Però sappiamo cosa ci aspetta quando verrà giù il sistema Paese Libia: un’ondata anomala di 2-300 mila immigrati. […] Sono stime, e anche al ribasso. […] In Libia un terzo della popolazione non è libica, ma subsahariana. […] E’ un esodo biblico. Un problema che ogni italiano non può, non deve sottovalutare»” (Corriere, p. 6).
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