
Francia. Il nuovo governo conferma le grane di Macron

La partita di Emmanuel Macron è appena cominciata e si prospetta tutt’altro che facile. Ieri il neo presidente, leader di Republique En Marche!, ha svelato il primo governo del suo quinquennato. I nomi del premier e dei ministri confermano quello che i giornali francesi scrivono dal giorno successivo alla vittoria del giovane ex socialista contro Marine Le Pen: il problema di Macron non è la crisi, l’Europa moribonda, la Merkel, i sindacati, Hollande o l’età di Brigitte. Sono le elezioni di giugno.
IL PREMIER. L’11 e il 18 del prossimo mese, infatti, la Francia rinnova il Parlamento e se Macron non otterrà una solida maggioranza farà molta fatica ad applicare le difficili riforme che ha promesso. Ecco perché l’astro nascente della gauche ha bisogno di pescare voti a sinistra, a destra e al centro. Questa necessità è confermata dalle nomine effettuate: il premier sarà Edouard Phillippe, 46 anni, attuale sindaco di Le Havre, gollista, ma soprattutto fedelissimo di Alain Juppé, il candidato alle primarie della destra repubblicana più favorevole a un governo di larghe intese. Bernard Accoyer, segretario dei Républicains, ha smentito che ci sia «un accordo politico in atto». Per lui è solo «una decisione individuale» ma l’obiettivo di Macron è chiaro: attirare i voti degli elettori delusi della destra per allargare il proprio bacino elettorale e ottenere la maggioranza all’Assemblea nazionale.
I MINISTRI. Anche gli altri nomi del suo governo, composto in perfetta parità di genere da 18 ministri e quattro sottosegretari, proseguono in quesa direzione. Interni ed Esteri vanno a due socialisti, Economia e Finanze a due “sarkozysti” (già espulsi dal partito per avere accettato). La Giustizia è assegnata al centrista Bayrou, non esattamente un volto nuovo della politica, con l’obiettivo di approvare una legge che «moralizzi i costumi dei politici». Unica donna a ottenere un ministero di peso è Sylvie Goulard, alla Difesa.
MERKEL NON FA SCONTI. Ottenere un buon risultato alle elezioni sarà fondamentale per Macron anche in chiave europea. Il “pericolo Le Pen” è stato scongiurato grazie alla promessa: l’Ue va riformata e si può riformare. Tornando all’asse franco-tedesco, si può ottenere unione bancaria, fiscale, budget comune, ministro delle finanze unico ed esercito in condivisione. Lunedì l’ottavo presidente della Quinta Repubblica ha incontrato in Germania Angela Merkel, che ha dichiarato: «Sono disponibile a cambiare i Trattati, se è necessario». Però, ha aggiunto, «la magia resta se arrivano anche i risultati».
IL TALLONE D’ACHILLE. Tradotto: prima taglia il debito strutturale che ammorba la Francia e riduci al 3% il rapporto tra deficit e Pil, come previsto dalle regole Ue, riportando la crescita e riducendo la disoccupazione (tallone d’Achille del governo Hollande), poi ci mettiamo al tavolo delle trattative. E non c’è dubbio che anche solo per tagliare 120 mila posti pubblici come promesso, Macron avrà bisogno di un’ampia maggioranza all’Assemblea nazionale.
PROMESSE NON MANTENUTE. A pochi giorni dalla vittoria è normale che Macron sia ancora in luna di miele con i giornali del mondo intero. Ma al neo presidente già si potrebbero fare due appunti. Intervistato a marzo da Tf1, il primo canale televisivo francese per ascolti, aveva giurato che «il mio governo avrà al massimo 15 ministri». Ne ha nominati 18. Ad aprile, direttamente su twitter, aveva scolpito nella pietra digitale un’altra promessa: «Ci sarà un ministero pieno e interamente riservato ai Diritti delle Donne». Sarà una «delle cause nazionali del mio quinquennato». Invece l’ha tagliato, nominando un sottosegretario all’Uguaglianza. Se il buongiorno si vede dal mattino…
Foto Ansa/Ap
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