Fenomenologia del boluche francese, anticapitalista caviar e champagne

Di Mauro Zanon
10 Marzo 2023
Anti-americani, terzomondisti, ecologisti, filoislamici, perennemente indignati e dalla parte degli ultimi dai loro loft di Saint-Germain-des-Prés. Chi sono e chi si credono di essere gli intellò borghesi di sinistra infuatuati del líder máximo Mélenchon
Il leader della sinistra francese de La Francia Insoumise, Jean Luc Mélenchon e Annie Ernaux, premio Nobel per la Letteratura nel 2022, scrittrice e icona dei salotti liberal
Il leader della sinistra francese de La Francia Insoumise, Jean Luc Mélenchon e Annie Ernaux, premio Nobel per la Letteratura nel 2022, scrittrice e icona dei salotti liberal foto Ansa)

Parigi. Si sono scritte molte cose sui cosiddetti “bobo” (contrazione di “bourgeois” e “bohémien”), termine coniato e reso celebre dal giornalista americano David Brooks in Bobos in Paradise: The New Upper Class and How They Got There (Simon & Schuster, 2000). Brooks, nel suo libro, descriveva i successori degli yuppies come una sintesi tra l’edonismo reaganiano degli anni Ottanta e l’idealismo-utopismo hippie dei Sessanta. I “bobos” erano i figli della borghesia con il portafoglio gonfio di dollari e l’appartamento a Greenwich Village, ma con idee radicali, anticonformistiche e ultraprogressiste che hanno fatto in seguito da apripista al wokismo e alla cancel culture.

Annie Ernaux, regina dei “boluche” infatuati di Mélenchon

Nel corso degli anni la formula si è diffusa soprattutto in Francia, andando a inglobare sia il borghese aperto, green e a favore del multiculturalismo, che però vive in un loft di Saint-Germain-des-Prés, sia l’intellettuale precario che vive nei quartieri periferici, difende l’idea di un mondo senza frontiere, gira solo in bicicletta, mangia bio e beve caffè equosolidale.

Ma negli ultimi tempi, a Parigi, c’è stata un’ulteriore evoluzione, figlia delle ultime presidenziali: ecco a voi il “boluche”, contrazione di bourgeois e Méluche, che è il soprannome di Jean-Luc Mélenchon, ossia il guru della sinistra radicale e anti-liberale francese. A forgiare questa nuova espressione è il settimanale Le Point, che racconta l’infatuazione dei borghesi parigini per il líder máximo della gauche anti capitalista, per i suoi toni tribunizi, la sua retorica operaista, i suoi appelli alla ribellione. Come Mélenchon, questa borghesia formata da scrittori, intellettuali, vecchi sessantottini e economisti chic è anti-americana, terzomondista, ecologista, progressista, perennemente indignata e dalla parte degli ultimi, pur vivendo nell’ipercentro, e ha in Annie Ernaux, premio Nobel per la Letteratura nel 2022, la sua massima espressione.

Anticapitalisti coi privilegi

Nell’ottobre dello scorso anno, la scrittrice e icona dei salotti liberal di ogni latitudine era apparsa sottobraccio a Mélenchon durante la manifestazione contro il carobollette, la riforma delle pensioni, l’immobilismo sul global warming e più in generale contro Macron. Poi, a dicembre, in un’intervista rilasciata al canale della Nupes, ossia la coalizione delle sinistre in Parlamento, si espresse con queste parole sul presidente della France insoumise: «Jean-Luc Mélenchon incarna la possibilità di un’armonia tra i cittadini».

Anche Thomas Piketty, l’economista-santino della gauche e autore del Capitale nel XXI Secolo, è un boluche ortodosso. Dopo aver consigliato i socialisti Ségolène Royal e François Hollande, assieme ad altri 169 economisti, tra cui la moglie Julia Cagé, ha scritto sul Journal du dimanche che «per la prima volta nel Ventunesimo secolo, la sinistra in Francia è riunita per mettere fina al neoliberalismo»: sfornando parole al miele per Mélenchon. Bernard Friot, sociologo 76enne e promotore della pensione a 50 anni, è un altro mélenchonista di ferro. Accanto all’artista Ernest Pignon-Ernest, all’ex direttore del Monde Diplomatique Ignacio Ramonet e agli altri 1.000 intellettuali che sull’Humanité, il quotidiano comunista francese, hanno firmato un appello in favore di Mélenchon all’Eliseo. «L’utopia comunista è morta, ma le aspirazioni continuano. Nessuno crede più all’economia pianificata, tuttavia, il vecchio ritornello di anticapitalismo torna sempre. In questo momento, è l’antiliberalismo che permette a questi vecchi riflessi di cristallizzarsi», ha detto al Point il politologo Philippe Raynaud, autore del saggio L’Extrême Gauche plurielle.

Lotta di classe con flûte e iPhone

Per capire il rapporto tra Méluche, come lo chiamano affettuosamente i suoi sostenitori, e la borghesia, basta dare un’occhiata alla composizione del consiglio scientifico dell’Institut La Boétie, ossia la scuola di formazione delle truppe mélenchoniste: intellò e accademici regnano incontrastati. «Il reclutamento delle truppe rivoluzionarie tra i borghesi è una delle grandi costanti dell’estrema sinistra in Francia», ha spiegato un ex fedelissimo di Mélenchon al Point, prima di aggiungere: «La giovane borghesia che entra nella France insoumise si trova un super nonno che non ha virato a destra. Una volta entrati nella macchina, scatta la corsa a chi sarà il più radicale. Ciò spiega perché alcuni neodeputati Insoumis si prendano veramente per Saint-Just o Robespierre». Difendere idee pseudo-rivoluzionarie, ma conservando i propri privilegi di classe, esaltare il popolo che scende in piazza, ma senza mischiarsi troppo a esso, predicare l’apertura delle frontiere, ma vivendo lontano dai quartieri multietnici, combattendo contro il capitalismo, ma utilizzando Twitter sull’ultimo modello di iPhone: è la solita, intramontabile, gauche caviar.

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