
Francia. A centodieci anni dalla legge, la Chiesa ricorda allo Stato cosa sia la laicità

Articolo tratto dall’Osservatore romano – «È insieme che riusciremo a immaginare e a costruire il futuro del nostro Paese nel rispetto di ciascuno, riconoscendo l’apporto di tutti alla collettività. La legge del 1905 lo consente. Tuttavia occorre che venga applicata con vigilanza e rispetto. È nostra volontà, nostra esigenza e nostro impegno». Si conclude così la dichiarazione diffusa dal Consiglio permanente della Conferenza episcopale francese in occasione del centodecimo anniversario della legge sulla separazione fra le Chiese e lo Stato, datata 9 dicembre 1905. Una legge — sono gli stessi vescovi a ricordarlo — che fu promulgata «in un contesto di tensione estrema fra la Chiesa cattolica e la rappresentanza nazionale». Successivamente, però, un clima caratterizzato da riappacificazione, saggezza e conciliazione ha permesso di trovare i giusti equilibri. Del resto la normativa, pur introducendo una separazione, non intendeva mettere in disparte o ignorare le religioni. L’articolo 1 afferma infatti che «la Repubblica assicura la libertà di coscienza» e «garantisce il libero esercizio dei culti con le sole restrizioni nell’interesse dell’ordine pubblico».
Si tratta dunque di una legge che voleva, e vuole, favorire l’esercizio delle libertà. Nel 1905 in Francia, almeno in quel testo, non si parlava esplicitamente di “laicità”. Il termine si diffuse più tardi per precisare che lo Stato è laico, vale a dire che non privilegia alcuna religione e che, nel suo funzionamento, le rispetta tutte, vegliando solamente a che il loro esercizio non turbi l’ordine pubblico. La Chiesa cattolica non ha mai messo in discussione quella legge, e la rispetta. Ciononostante — scrive l’arcivescovo presidente della Conferenza episcopale, Georges Pontier, a nome del Consiglio permanente — «constata che esiste nel nostro Paese una corrente di pensiero che vorrebbe passare da una laicità dello Stato a una laicizzazione della società, vorrebbe che tutta la vita in società fosse laica e che i cittadini credenti esprimessero e vivessero la propria fede solo in un ristretto spazio privato sempre più ridotto, meglio se nascosto». Ma «nessuno può ignorare o rifiutare il ruolo che la Chiesa ha avuto e ha in campi essenziali della vita del nostro Paese, nel corso della storia e ancora adesso; si pensi all’istruzione, alla sanità, alla cultura, all’impegno sociale, al sostegno familiare, alla presenza fra i giovani o alla solidarietà». La fede cristiana dunque promuove il dialogo in seno alla società francese e contribuisce al riconoscimento della dignità di ogni persona e al vivere insieme in una società divenuta plurale.
È il particolare contesto in cui vive oggi la Francia che induce i presuli a sottolineare la necessità di «restare vigili nell’esercizio della laicità dello Stato e nel rispetto delle diverse convinzioni dei cittadini. Evitiamo — affermano — la stigmatizzazione dei credenti, che porta a una diminuzione crescente delle possibilità di vivere e di esprimersi come cittadini. Credere che ridurre le loro espressioni di fede allo stretto ambito della vita privata favorisca la pace sociale è un’illusione e un errore. Questo atteggiamento favorirà l’emersione di correnti e attitudini fondamentaliste che potranno appoggiarsi sul sentimento di essere disprezzate, respinte, ignorate, o inciterà a ripiegarsi su forme di vita comunitariste». L’invito dell’episcopato francese è dunque a guardare allo spirito originario della legge del 9 dicembre 1905, a riconoscere appunto il contributo di tutti alla collettività.
Ed è nel segno del rafforzamento del dialogo tra le fedi la recente firma di una convenzione fra il segretariato generale dell’insegnamento cattolico e l’associazione «Coexister», movimento interreligioso giovanile che in Francia promuove la “coesistenza attiva” al servizio del vivere insieme. Questo accordo — riferisce il quotidiano «la Croix» — mette nero su bianco una collaborazione cominciata due anni fa e che vede i membri del movimento intervenire regolarmente nelle scuole, soprattutto cattoliche, al fine di dare testimonianza della ricchezza delle singole religioni e di demolire certi pregiudizi che le accompagnano. Un lavoro portato avanti da tempo dall’animazione pastorale di Enseignement catholique, soprattutto attraverso un gruppo creato per riflettere sulla crescente presenza di studenti musulmani nelle scuole cattoliche.
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1 commento
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Mi sembra però che questa dichiarazione sia segnata da una sorta di paura e di sudditanza, dettata dal clima intimidatorio che c’ è nei confronti delle religioni, e in particoilare di quella cattolica.
Anche tirare in ballo temi “facili”, come il “dialogo interreligioso” come punto qualificante, ed evitare temi più spinosi (come i matrimoni gay, l’ eutanasia, gli uteri in affitto, l’ indottrinamento laicista nelle scuole, le statue distrutte eprchè avevano delle croci) la dice tutta sull’ atteggiamento succube che c’ è anche nella chiesa cattolica francese.
Possibile che non si possa parlare più chiaro e deciso? Che paura hanno? peggio di così…