
Fortis (Fondazione Edison): «Debito e austerity. Noi siamo caduti nel burrone, Obama ci gira intorno»
Il problema del debito americano non fa dormire notti tranquille al rieletto presidente statunitense Barack Obama che ha chiesto l’innalzamento del tetto massimo consentito per legge. In rapporto al Pil emerge una situazione non distante dall’italia, infatti gli Usa hanno superato quota 110 per cento e se l’aumento del tetto dovesse venire approvato tale indice aumenterebbe ulteriormente.
UN ATTO IPOCRITA. L’economista della Fondazione Edison e dell’Università Cattolica Marco Fortis spiega a tempi.it che «negli Stati Uniti la consuetudine di fissare un tetto del debito è un atto ipocrita perché si dovrebbe capire se il debito è troppo alto o troppo basso a prescindere dal superamento dei limiti autoimposti. In più dobbiamo assistere ai soliti commenti: se si supera il tetto si fa una figuraccia, i mercati cominciano con le solite lamentele, le agenzie minacciano downgrading»
Fortis fa un paragone con il nostro paese: «È come se domani mattina l’Italia dicesse di fissare un tetto massimo nel rapporto debito/pil al 200 per cento ponendosi in una condizione di fallimento annunciato. Negli Usa tutti gli anni fanno la medesima cosa in modo sempre più irragionevole, perché ormai questo tetto è alto e sono arrivati a livelli di debito/pil poco inferiori a quelli italiani. I casi sono due: o si riconosce che l’Italia non è messa male o si deve concludere che gli Stati Uniti non se la passano bene con l’aggravante di un debito privato che è due volte e mezzo il nostro».
IL PASTICCIO DEL FISCAL CLIFF. La proposta di innalzamento del debito è stata avanzata da Obama a causa della soluzione poco efficace raggiunta sul fiscal cliff tra democratici e repubblicani a fine anno. Spiega Fortis: «Non mi sembra che l’America abbia risolto i suoi problemi, soprattutto con quel pasticcetto del fiscal cliff: è stato un modo per dribblare il problema senza compiere alcuni tagli alla spesa. La tassazzione aggiunta non porterà a risorse finanziarie sufficienti per impedire la crescita del debito. Non rimane che aumentare il tetto del debito, ma sono sicuro che quanto sta accadendo oggi si ripeterà il prosimo anno e così via».
AUSTERITY EUROPEA O DEBITO AMERICANO? La posizione degli Stati Uniti è contraria all’austerità europea, ma incide sul debito pubblico in modo evidente. «Sono un paese che non taglia le spese e che contiunua a sostenere artificiosamente i consumi con incentivi attraverso la detassazione delle famiglie appartenenti al ceto medio. L’Italia, d’altro canto, il fiscal cliff l’ha fatto con l’Imu e l’aumento delle tasse con la triste conseguenza del blocco dei consumi. La differenza fra noi e gli americani è che noi nel burrone ci siamo caduti, loro continuano a girare intorno all’orlo del precipizio, e man mano che girano alzano l’altezza del burrone. Il vero problema è che quando cadranno, il tonfo sarà importante».
La situazione Europea comparata a quella americana sembrerebbe antitetica, ma in realtà «sono due facce della stessa medaglia: l’America non vuole comportarsi con austerità e gonfia continuamente il debito, mentre l’Europa si è messe a fare troppa austerity fermando il debito, ma distruggendo la propria economia reale. C’è da chiedersi se non esista una via intermedia tra queste due posizioni opposte».
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2 commenti
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Er puzzone ha ragione, il Giappone per tanti nostri “economisti” e’ un demonio, del resto tale Paese gode probabilmente ancora di un minimo di autonomia, sotto tutti i punti di vista. In Occidente invece le scelte che contano si prendono a wall street, presso la city londinese ed a francoforte, e i risultati si vedono……….!
e allora il giappone cosa è il demonio?:
hanno debito oltre il 200% una popolazione vecchia come noi e la germania e pero:
lanciano stimolo per investimenti per 82 miliardi di euro per creare 600 mila posti di lavoro e far crescere il pil del 2% e udite udite fan pressioni su propria banca per alzare al 2% inflazione ……..sono pazzi?? beh io lo lascio dire agli ortodossi monetaristi e vorrei tanto avere in europa un oliver blanchard.