Fondi comuni di investimento: le preferenze dei clienti retail

Di Francesco Megna
28 Maggio 2019
Domande e risposte sull'orientamento attuale della clientela retail rispetto ai fondi comuni di investimento

Con riferimento ai fondi comuni di investimento, come si sono indirizzate le scelte della clientela retail negli ultimi tempi?

Le scelte dei sottoscrittori negli ultimi 15 mesi si sono indirizzate in parte verso i più tranquilli fondi monetari (monetario euro) nelle cui casse sono entrati 3,8 miliardi (-600 milioni nel 2017); calano comunque le sottoscrizioni negli ultimi mesi, mentre è stata bersagliata dai riscatti la tipologia degli obbligazionari (-24 miliardi; +29 miliardi nel 2017), soprattutto misti e flessibili.

D’altra parte gli investitori nel 2018 sono usciti dai fondi obbligazionari, perché anticipavano gli effetti negativi della fine del programmi del Quantitative Easing. Solo recentemente invece i risparmiatori che stanno orientando le proprie preferenze su questo comparto – quasi 2 miliardi nell’ultimo mese (La Fed segnala che non ci saranno rialzi dei tassi di interesse nel 2019) – sottoscrivono in fondi che prevalentemente investono almeno il 70% in obbligazioni e/o strumenti del mercato monetario di emittenti con elevato merito di credito e che hanno flussi di capitali in entrata da settimane, a dispetto del rally delle borse mondiali in corsa oramai da tempo.

Per le altre tipologie di fondi (bilanciati, azionari) come si sono comportati i clienti?

Segno più per i bilanciati (10,3 miliardi, in recente crescita +17,6 miliardi nel 2017), la classica via di mezzo che suddivide l’asset allocation tra azioni e bond e che da sempre è molto apprezzata dai risparmiatori poco propensi a scommettere soltanto sull’equity (bilanciati e bilanciati obbligazionari con un’esposizione complessiva del portafoglio in strumenti di emittenti appartenenti ai mercati emergenti non superiore al 25%). Meno attenzione è stata invece riservata ai flessibili che sono scesi dai 22 miliardi incassati nel 2017 agli attuali 5,9: la principale disaffezione dei risparmiatori è che le performance medie non sono state soddisfacenti.

Conti in attivo anche per gli azionari (+2,4 miliardi: +9,2 miliardi nel 2017). In calo comunque le sottoscrizioni nelle ultime settimane. In evidenza gli azionari internazionali e di altri settori. Le borse corrono ma senza praticamente capitali importanti in entrata nei fondi. Il risparmio gestito cresce di circa 30 miliardi ma per effetto della gestione.

Come sono distribuite le varie tipologie di fondi?

Ad oggi i Fondi aperti di lungo termine rappresentano il 96% circa del totale delle gestioni collettive: azionari 21% circa, bilanciati 11,5%, obbligazionari 38%; flessibili 25%; hedge fund 0,5%. I fondi monetari sono fermi al 4%. A inizio 2018, invece, gli azionari rappresentavano poco meno del 22%; i bilanciati il 9%, gli obbligazionari il 40,8%, i flessibili il 23,8%, gli hedge fund lo 0,4%, i monetari il 3,2%.

Per quanto riguarda invece il comparto delle Sicav?

Le sottoscrizioni di Sicav crescono del +5% circa, forse perché, rispetto ai fondi comuni, possono garantire un ruolo più attivo e maggiormente coinvolgente nelle operazioni di investimento. Vengono spesso sottoscritte anche quando ci si vuole orientare su mercati o su settori specifici, difficilmente accessibili in modo diretto o non coperti dall’offerta di altri competitor, oppure se esistenti questi non sono liquidi.

In un mercato difficile come quello attuale, in un’ottica di diversificazione degli asset le Sicav (anche quelle multicomparto) vengono così spesso inserite nei portafogli degli investitori. A differenza dei fondi sono poi sempre aperte: siamo dunque di fronte ad un investimento che è decisamente più liquido. L’asset class ricalca la scia dei fondi di investimento.

Foto ITTIGallery/Shutterstock

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