Finkielkraut: «L’Europa dell’ospitalità rischia di ritrovarsi Europa dell’antisemitismo»

Il video integrale dell’intervista concessa a Tempi dal filosofo francese in occasione della consegna del Premio Luigi Amicone - Premio Cultura Città di Caorle 2024

«L’ecologia di cui abbiamo bisogno non è quella di Greta Thunberg e del suo “Come osate?” furibondo». Parlando il 16 giugno alla cerimonia di consegna del Premio Luigi Amicone – Premio Cultura di Caorle 2024, l’intellettuale francese Alain Finkielkraut critica le politiche ambientali dell’Unione Europea, soprattutto quelle che favoriscono la diffusione delle pale eoliche. «Gli impianti eolici riescono a rallentare il riscaldamento globale», afferma il filosofo, «ma i numeri non sono tutto. Gli impianti eolici trasformano le campagne in paesaggio industriale. Bisognerebbe che l’ecologia ridiscendesse sulla terra, che non si preoccupasse più del pianeta, ma di rendere abitabile la terra. Una terra imbruttita, atrocemente imbruttita, non è più abitabile».

L’immigrazione e il ritorno dell’antisemitismo

Nella giornata conclusiva della manifestazione “Chiamare le cose con il loro nome”, organizzata da Tempi e dal Comune di Caorle, Finkielkraut attacca anche le forze politiche che in Francia e nel resto d’Europa si schierano a favore dell’accoglienza indiscriminata dei migranti: «Oggi la sinistra e il padronato sono d’accordo; condividono la stessa filosofia, la stessa ontologia: gli uomini sono intercambiabili. Ecco cosa vorrebbero farci credere. La sinistra ragiona in questo modo in nome del bel principio dell’universalità del simile». Ma questo principio «ha condotto oggi a negare tutte le distinzioni fondatrici delle comunità politiche. La differenza fra l’autoctono e lo straniero è rimessa in discussione, l’idea di preferenza nazionale è criminalizzata. Quando i paesi europei cercano di riprendere il controllo delle loro frontiere, sono censurati dalle varie Corti costituzionali».

In un momento storico in cui «i nuovi antisemiti, gli antisemiti attivi, vengono reclutati fra i migranti», continua l’intellettuale francese, «l’Europa dell’ospitalità rischia di trasformarsi in un’Europa dell’antisemitismo. Perciò dobbiamo uscire dalle nostre illusioni, svegliarci, e soprattutto ricordarci che non è perché gli uomini sono simili che sono intercambiabili. Gli uomini hanno una genealogia, un’appartenenza, e di tutto questo occorre saper tenere conto perché la convivenza non sia una menzogna ridicola e pericolosa».

Contro Hamas e contro Netanyahu

Il filosofo di origini ebraiche sostiene il diritto di Israele a difendersi da Hamas, ma attacca anche le politiche del premier Benjamin Netanyahu: «Hamas è il nemico, il nemico che vuole non solo la sconfitta di Israele, ma la scomparsa di Israele e la morte degli israeliani. È questo il messaggio genocida del 7 ottobre. Al nemico bisogna rispondere con la guerra, ma Netanyahu è il problema perché chiude tutte le vie di uscita, fa sabotaggio a tutte le soluzioni e per restare al potere si è alleato con degli infrequentabili: con Itamar Ben-Gvir del partito Potere Ebraico e con Bezalel Smotrich del Partito sionista religioso. Questa gente ha un programma esplicito e terrificante: vogliono l’annessione della Cisgiordania e non semplicemente la perpetuazione dello status quo, come malauguratamente vuole Netanyahu».

L’odio “woke”

Finkielkraut si scaglia anche contro il “wokismo” e contro gli studenti che nelle università di tutto il mondo accusano Israele di essere uno stato genocida: «Che cosa sono gli ebrei per il wokismo? Sono dei dominatori, sono degli imperialisti, sono dei colonialisti, sono la quintessenza del bianco. E da quel momento passano dallo statuto di vittime a quello di torturatori, a quello di carnefici. E anziché riflettere sulla situazione nella sua complessità, di reclamare contemporaneamente il cessate-il-fuoco e la liberazione immediata degli ostaggi, e di solidarizzare con quella parte della società israeliana che vuole girare la pagina Netanyahu, i manifestanti europei non trovano niente di meglio che denunciare Israele come stato genocida; stato genocida, niente meno! Un nuovo slogan infuria: non più “ogni anticomunista è un cane”, ma “ogni israeliano è un cane, ogni sionista è un cane, ogni ebreo è un cane”. Mi trovo dunque nella situazione di combattere palmo a palmo questo antisemitismo per non dovergli abbandonare la critica necessaria della politica israeliana». Verso gli studenti europei, prosegue Finkielkraut, «provo stupore e disgusto».

Il Nobel mancato a Roth e Kundera

Nominato nel 2014 tra i 40 “immortali” dell’Académie française, Finkielkraut parla anche della sua predilezione per due giganti della letteratura come Milan Kundera e Philip Roth, attaccando l’Accademia svedese: «Questi due grandi scrittori hanno molti punti in comune, in particolare quello di non aver ricevuto nessuno dei due il premio Nobel per la letteratura, cosa che ridicolizza per sempre l’Accademia svedese».

Infine, prendendo nettamente le distanze da Jean-Paul Sartre e dalla sua idea di intellettuale impegnato «per il vero e per il bene», Finkielkraut nell’intervista a Tempi dichiara di preferire la modestia di Paul-Louis Landsberg, che aveva definito l’impegno come «decisione per una causa imperfetta». Proprio «come Landsberg», spiega Finkielkraut «sono impegnato perché sono coinvolto, sono colpito dagli avvenimenti. Ed è questo stupore, questa collera, questo dolore che mi sottraggono al torpore e mi costringono a riflettere. Dunque ho bisogno di questa emozione per pensare e per scoprire quella che credo essere la verità».

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