
Finkielkraut: “antiamericani, avete abolito l’individuo”
Alain Finkielkraut non può certo essere definito un intellettuale filo-americano: la sua critica alla tecnologizzazione del mondo è in piena rotta di collisione con molto di ciò che dall’America proviene. Ma in relazione ai fatti dell’11 settembre la sua adesione al «siamo tutti americani» apparso a suo tempo su Le Monde è senza tentennamenti, perché nei critici dell’America ritrova la vecchia tendenza totalitaria a negare la distinzione fra l’umanità del singolo e la sua appartenenza ad una classe sociale. «La scrittrice indiana Arundhati Roy si domanda con indignazione: “Quanti morti afghani ci vorranno per il cadavere di un solo banchiere?”. La parola “banchiere” instaura surretiziamente fra le persone assassinate e i simboli distrutti una continuità ininterrotta. Suggerisce che lo spirito capitalista del World Trade Center abitava tutti coloro che lavoravano dietro i suoi vetri. Per i redentori dell’umanità americano vuol dire borghese e il borghese contro cui puntano il dito non è un individuo… ma un membro anonimo e intercambiabile della World Company».
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