
«Finiamola con gli elogi, la legge sulla parità scolastica fu una sciagura»

Caro direttore, ieri – 10 marzo – ricorrevano i 20 anni della legge sulla cosiddetta “parità scolastica” in Italia, la nota Legge 62/2000 voluta e realizzata dal benemerito prof. Luigi Berlinguer, allora ministro della Pubblica Istruzione.
Una legge importante, perché, per la prima volta dal varo della nostra Costituzione Repubblicana, ha permesso di mettere a tema in forma giuridicamente codificata la questione del rapporto fra scuola statale e scuola “privata”, istituendo il Sistema Nazionale di Istruzione come realtà “plurale”, cioè organicamente costituita da scuole statali e paritarie.
PESANTI OBBLIGHI IN CAMBIO DI NULLA
Passati vent’anni, però, è tempo di bilanci. E, in controtendenza rispetto a tanti articoli di taglio tutto sommato benevolo che stanno uscendo in questi giorni, che si limitano a biasimarne la mancata applicazione sul versante economico, occorre dire che questa legge fu forse una sciagura.
Certa logica un po’ democristiana l’ha giudicata utile e positiva in una dialettica politica del dialogo, dei piccoli passi e delle conquiste democratiche, ma in realtà l’effetto ottenuto – non sappiamo quanto in realtà voluto dall’estensore della legge – è stato quello di imporre pesanti obblighi in cambio di poco più che un mero riconoscimento formale. Le conseguenze le vediamo oggi in modo più chiaro: persistenti difficoltà economiche, irrisolto il problema della libertà di scelta educativa, fuga dei docenti chiamati nei ruoli dello Stato, progressivo e inarrestabile calo delle iscrizioni, enormi difficoltà nel reperimento del personale docente abilitato, obbligo di costosi e paralizzanti adeguamenti normativi (come ad esempio quello della privacy europea, vero e proprio inno alla paranoia leguleica…) eccetera.
BERLINGUER E IL CORTOCIRCUITO NORMATIVO
Si dice che grazie alla Legge 62 le scuole “paritarie” sono state riconosciute come facenti parte dell’unico sistema nazionale di istruzione, ma nei fatti ciò è avvenuto allo stesso modo in cui Cenerentola faceva parte a pieno titolo della famiglia in cui viveva.
Questo è accaduto perché il ministro Berlinguer, nel realizzarla, sposò l’interpretazione restrittiva dell’art. 33 della Costituzione, quella del “senza oneri per lo Stato” (nonostante gli atti dell’Assemblea Costituente permettano in realtà una interpretazione diversa) creando così un cortocircuito normativo: sia riconosciuta la libertà di educazione, ma senza mettere in campo le risorse (se non in modo residuale attraverso piccole elargizioni nell’ambito del Diritto allo Studio) perché questa possa essere esercitata concretamente dalle famiglie.
LA RESA AL MODELLO STATALE
Due ulteriori effetti collaterali vanno segnalati: il primo è che (come altri hanno già segnalato su Tempi) ritenendo di avere ormai ottenuto quanto si andava chiedendo, il popolo ha abbandonato la battaglia per la libertà di educazione, delegando ad associazioni e politici il compito di occuparsi del problema. Di conseguenza, è venuta meno nella “base” la coscienza dell’imprescindibile importanza di questo valore sociale, civile e personale. Il secondo è che molte scuole paritarie hanno iniziato a riprodurre (o subire) le medesime dinamiche in atto nelle statali: sindacalizzazione, formalismo, rigidità burocratiche, introduzione di modelli di funzionamento, oltre che culturali e pedagogici, imposti dall’alto, con affievolimento del senso della mission per cui una scuola esiste. Quanto di più lontano si possa immaginare dalle ragioni per cui, normalmente, una scuola “libera” nasce.
Insomma, si potrebbe forse dire che la Legge 62 ha finito per tarpare le ali ad un fermento che esisteva nella società civile, dirottandone le legittime aspirazioni attraverso una falsa risposta. È una esagerazione da fondamentalista utopista? Forse, però molte battaglie sono state combattute dalle associazioni di scuole paritarie e da qualche isolato politico in questi vent’anni per ottenere qualche centesimo in più, e i risultati deludenti sono sotto gli occhi di tutti.
NON PERDERE LA LIBERTÀ
Sarebbe necessario, anziché continuare ad appellarsi ad una legge che per sua natura non può dare più di quello per cui è stata pensata, rimettere mano alla questione ripartendo dall’inizio: riforma della Costituzione per eliminare finalmente ogni interpretazione avversa? Introduzione del costo standard come nella sanità? Abolizione del valore legale del titolo di studio? Smantellamento del sistema scolastico nazionale centralistico e realizzazione di una vera e profonda autonomia scolastica per tutti gli istituti, “statali” o paritari che siano? Sono solo alcune delle possibili piste, ma tutte hanno in comune la necessità di tornare alla radice della questione. Continuando a insistere sulla Legge 62, non arriveremo da nessuna parte. Se non, forse, alla chiusura di un gran numero di paritarie.
Nel frattempo, confidiamo che cresca e si consolidi quell’interessante movimento di scuole parentali che comincia a fare capolino anche in Italia; scuole che non vogliono per alcuna ragione scendere a patti con lo Stato, per non perdere quel fondamentale anelito che le ha originate: la libertà.
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