
Fine vita. Lo scandaloso colpo di mano di Bonaccini

Sul fine vita in Emilia-Romagna c’è stato un vero e proprio colpo di mano da parte dell’amministrazione Bonaccini. Così come accaduto in Veneto, anche in Emilia-Romagna si sarebbe dovuto iniziare a discutere il 13 febbraio sulla proposta di legge popolare avanzata dai radicali e Stefano Bonaccini, intesa l’aria interna al suo Consiglio e per non rischiare una “bocciatura” politica, ha istituito un comitato etico regionale «fra i cui compiti ci sono la consulenza etica su singoli casi, l’espressione di pareri non vincolanti relativi a richieste di suicidio assistito e agli aspetti bioetici connessi alle attività sanitaria e socio-sanitaria».
Il fine della mossa di Bonaccini è evidente: svuotare di senso il voto regionale del 13 e permettere il ricorso al suicidio assistito. L’amministrazione di sinistra ha anche inviato delle “istruzioni tecnico-operative” alle Asl con le «indicazioni operative per la gestione delle richieste di suicidio medicalmente assistito».
Un colpo di mano, insomma la cui liceità è fortemente in dubbio (una Regione non può “inventarsi” comitati etici locali, come spiega qui il portavoce del network Ditelo sui tetti, Domenico Menorello). Valentina Castaldini, consigliera regionale d’opposizione di Forza Italia, ha annunciato il ricorso al Tar.
Il parere dell’Avvocatura
L’operato di Bonaccini è scandaloso, ma governatori di altre Regioni non si stanno comportando meglio. Spiace, ad esempio, che il ligure Giovanni Toti sia caduto nel tranello e nell’equivoco di ritenere che sul fine vita sia suo compito – come «cattolico e liberale», così ha dichiarato – dire sì alla legge sul fine vita. Spiace perché Toti è tornato a ripetere i refrain radicali sui “ritardi” della politica nell’approvazione di una norma e, come ha fatto in un’intervista al Corriere della Sera, si è spinto fino a proporre paragoni assurdi: la richiesta di suicidio assistito assimilata alla richiesta di cura per la «frattura di un femore».
La Liguria di Toti, come accaduto in Veneto, si sta preparano a mettere ai voti la proposta di legge. L’aspetto grottesco di tutta la vicenda è che l’Avvocatura generale dello Stato, su richiesta del Consiglio regionale Veneto, ha già in maniera cristallina spiegato che le Regioni non possono votare la legge.
Lombardia ed Emilia-Romagna
Incuranti dei costi che potrebbe avere e di una procedura che metterebbe a repentaglio l’obiezione di coscienza dei medici, i radicali – e i governatori che li spalleggiano – vanno avanti. Se ne discuterà, ad esempio, anche in Regione Lombardia, come spiega in questo video il consigliere Matteo Forte (Fdi) che torna ad insistere sul parere dell’Avvocatura.
?sᴜɪᴄɪᴅɪᴏ ᴀssɪsᴛɪᴛᴏ: ɴᴇssᴜɴ ᴄᴏʟᴘᴏ ᴅɪ sᴄᴇɴᴀ ɪɴ ʟᴏᴍʙᴀʀᴅɪᴀ! ? pic.twitter.com/aOhWq57DpE
— Matteo Forte (@TeoForte) February 8, 2024
Torniamo in Emilia-Romagna. Qui la consigliera Castaldini, oltre a denunciare l’operato di Bonaccini, ha insistito su un punto spesso trascurato nella discussione: le cure palliative. Il 7 febbraio ha organizzato un interessante convegno dal titolo “Investire nelle cure palliative” in cui sono intervenuti il dottor Marco Maltoni, direttore Unità Cure palliative di Forlì e membro del Comitato tecnico scientifico dell’Irccs Istituto Tumori Romagna (Irst), e Eduardo Bruera, professore presso l’Università del Texas, direttore del Dipartimento di Medicina palliativa presso l’MD Anderson Cancer Center.
Nel suo intervento, Bruera, che è considerato il “numero uno delle cure palliative al mondo”, ha spiegato come seguire i pazienti e le loro famiglie, quali sono i reali costi di tali cure (che, a differenza di quel che si crede, permettono di risparmiare) e quanto siano vaste le possibilità di alleviare le sofferenze dei malati.
Il video merita di essere visto integralmente.
Uno studio sulle cure palliative
Su quest’ultimo punto, va segnalato – oltre al pamphlet di Tempi e Ditelo sui tetti L’eutanasia non è la soluzione (cliccando qui si può scaricare l’intero volume) e il recente parere del Comitato nazionale di bioetica – anche uno studio appena pubblicato a cura di Asher D. Colombo e Gianpiero Dalla Zuanna – quest’ultimo professore di Demografia dell’Università di Padova, ex parlamentare Pd – intitolato Data and Trends in Assisted Suicide and Euthanasia, and Some Related Demographic Issues.
Intervistato dall’Adnkronos, Dalla Zuanna ha illustrato i risultati del suo interessante studio: «Dove vengono messe in atto le cure palliative, il ricorso al suicidio assistito o all’eutanasia cala drasticamente. Si ricorre a questa pratica per non soffrire: se si toglie il dolore, la richiesta si riduce di 10 volte. La popolazione non è tanto favorevole all’eutanasia per esercitare un diritto, quanto piuttosto per porre fine a delle sofferenze. Ed è così in tutto il mondo occidentale». Sulla carta, «due terzi si dichiara favorevole a eutanasia o suicidio assistito. Ma quando si chiedono le condizioni, solo una piccola minoranza è favorevole per esercitare il diritto individuale e non condizionato. In realtà il motivo è porre fine a sofferenze inestinguibili».
L’appello di Dalla Zuanna è di investire sulle cure palliative perché il suicidio assistito non diventi una «scorciatoia per porre fine alla sofferenza. Se fatte bene, con una presa in carico precoce, lo dimostrano vari studi, le palliative sono anche meno costose del ricorso al suicidio assistito».
Al contrario, nei paesi in cui sono state adottate, le leggi su eutanasia e suicidio assistito hanno portato ad un aumento (lineare nei primi anni e poi accelerato nei successivi) del ricorso ad esse come «risultato di una crescente accettazione pubblica». In altre parole: una volta che queste leggi entrano in vigore, si crea una mentalità per cui esse paiono essere l’unica soluzione ed è più difficile proporre le cure palliative.
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