
Finché c’è eutanasia c’è speranza?

Sono passati più di quattro mesi da quando Laura (nome di fantasia) ha occupato le cronache di tutti i giornali italiani e stranieri. La storia della ragazza belga di 24 anni ha fatto il giro del mondo perché, nonostante fosse giovane e sana fisicamente, le è stata concessa l’eutanasia in quanto depressa e convinta che «vivere non faccia per me».
In un’intervista esclusiva al De Morgen la ragazza aveva dichiarato che sarebbe morta entro l’estate e che stava già «pensando a tutte le cose piacevoli» del caso: funerali, bara, luogo dove morire. Davanti a una storia simile, anche molti sostenitori dell’eutanasia hanno messo in discussione le maglie troppo larghe della legge belga, perché «di depressione non si deve morire».
«LAURA È ANCORA VIVA». Poiché da allora nessuno ha più scritto nulla sul suo caso, abbiamo cercato di capire che cosa sia successo. E abbiamo scoperto, prima di tutto, che Laura non è morta. Rispondendo ad alcune nostre domande via mail, la giornalista belga che la intervistò, Simone Maas, ci ha aiutato così: «”Laura” è ancora viva, ha deciso di posticipare la sua eutanasia. Non posso però aggiungere altro».
Il riserbo in questo casi è d’obbligo ma dalle parole della giornalista non traspare neanche una nota di sollievo, come se non fosse una bella notizia. Per saperne di più, abbiamo contattato la sua psichiatra, Lieve Thienpont (foto in basso), che ha aggiunto: «Laura non ha ancora posto fine alla sua vita. Sapere che può essere aiutata a morire, le conferisce serenità e le dà il coraggio di continuare a vivere».
LA PSICHIATRA. Laura non è reperibile, purtroppo, e non si può sentire dalla sua voce perché ha deciso di rimandare il suo suicidio. Bisogna quindi accontentarsi della telegrafica ma significativa spiegazione offerta dalla sua psichiatra. Le parole della dottoressa Thienpont innanzitutto non devono stupire: la psicologa è amica e collega del pioniere dell’eutanasia in Belgio, Wim Distelmans, l’uomo che tiene seminari sul tema nel campo di concentramento di Auschwitz. Insieme a lui, è un membro fondatore di Ulteam, una clinica specializzata soprattutto nel fornire consulenza (e “buona morte” ovviamente) ai pazienti che non soffrono di malattie fisiche, ma di disagi psicologici.
LA CLINICA. Negli ultimi tre anni, 900 pazienti si sono rivolti a Ulteam, la metà dei quali non soffrivano di problemi fisici. Thienpont ha anche pubblicato uno studio nel quale sponsorizza l’eutanasia per ragioni psicologiche (come nell’incredibile caso di Godelieva De Troyer). La stessa dottoressa spiega tutto in un video pubblicato su Youtube, dove racconta dei pazienti che hanno ottenuto l’iniezione letale.
Ciò che stupisce, dunque, non è che la psichiatra abbia concesso l’eutanasia a una ragazza sana (ma con una vita difficilissima e dolorosa) di 24 anni, ma la tesi che sinceramente sostiene: «Sapere che può essere aiutata a morire, le conferisce serenità e le dà il coraggio di continuare a vivere». Come può la morte sostenere la vita? Come si può pensare che la fine della vita sia fonte di speranza?
SOTTILE FASTIDIO. Forse l’eutanasia ha così tanto successo in certi paesi perché i suoi sostenitori sono maestri di oratoria. Si è sempre detto, tanto che non è più possibile ripeterlo senza sembrare banali, che finché c’è vita, c’è speranza. Chi avrebbe mai pensato che un concetto così semplice sarebbe diventato rivoluzionario, controcorrente? Perché nelle parole di Thienpont, invece, il concetto è ribaltato: c’è speranza, perché (appena vorremo) non ci sarà più vita. La morte così non è più un evento tragico, ma una liberazione: liberazione dalla vita. E forse si spiega così il sottile fastidio con cui sia la giornalista che la dottoressa ci hanno risposto: «Laura non ha ancora posto fine alla sua vita».
EUTANASIA E SUICIDIO. Lo stesso concetto, Thienpont lo ribadisce nel video sopra citato, anche se in modo diverso. Nella sua esposizione di dati sulla morte di pazienti psichiatrici (ma non illudetevi: non sentirete mai pronunciare da lei la parola “morte”), la dottoressa si rammarica solo una volta: quando spiega che due pazienti, nel bel mezzo del processo di eutanasia, si sono «purtroppo suicidati». Non hanno voluto aspettare, ma per Thienpont è davvero diverso: chi si suicida si toglie la vita in modo violento, chi fa l’eutanasia invece viene liberato grazie a un diritto concesso dallo Stato. Il suicidio è angosciante, l’eutanasia è pacificante.
UNA SPERANZA. Non sappiamo perché Laura non si è ancora tolta la vita, pur potendo farlo da oltre tre mesi. Però siamo contenti. In quella drammatica intervista, diceva: «È da quando sono nata che la mia vita è una battaglia. Quotidiana. Certi giorni mi trascino secondo dopo secondo». Noi speriamo che abbia trovato una speranza in grado di sostenerla e accompagnarla «secondo dopo secondo». Non una in grado solo di porre fine ai suoi giorni.
Foto siringhe da Shutterstock
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8 commenti
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Io credo che Laura debba solo trovare una belle compagnia che sappia amarla così come lei dice di essere, depressa, fallita..
Se Don Oreste potesse fare qualcosa per lei!!!, se vuole lo può fare!
La morte è sempre un evento tragico perché è la fine di tutto. Alle volte peró anche la vita puó essere tragica al punto che la morte puó essere considerata una liberazione dalla sofferenza il cui livello di tolleranza è diverso per ognuno di noi. Va inoltre preso anche in considerazione un altro aspetto. Sapere che se uno proprio non ce la fa gli è consentito mettere fine alle sue sofferenze, costituisce in alcuni casi una specie di deterrente al morire perché gli da la forza di andare avanti anche solo per un altro tratto di strada. È come avere un paracadute da usare solo in caso di bisogno, ma che rassicura e fornisce il coraggio per avventurarsi ancora in una strada anche molto impervia sapendo che si puó tornare indietro senza trovarsi alle spalle tutte le porte chiuse.
Cara trollina Xyzwk, sono sicura che a te farebbe piacere se la tua psichiatra fosse delusa del fatto che ancora non ti sei suicidata, ma non è una cosa bella, proprio no.
Spero che tu non abbia mai a che fare con medici simili, che con la medicina, che è cura e sollievo, hanno proprio poco a che fare.
E per fortuna che tu stessa non sei affatto un’operatrice sanitaria, né infermiera, né assistente, né tantomeno medico, come hai millantato tante volte….scoprire che sei un troll è stato liberatorio.
Mi ero preoccupata veramente.
Se non si è uccisa, forse è perché dopotutto l’idea non la attrae poi così tanto: la “dolce morte” non è per niente attraente per quanto la si possa ammantare di zuccherini.
Sa che potrà suicidarsi quando vuole, ma l’idea non la attira più così tanto, forse l’attenzione dei media al suo caso, qualcuno si sarà mosso, si potrebbe essere attivata una catena di solidarietà, chissà…
Affronta il mondo sapendo che se vuole può scappare, quella “dolce” fuga però non è più attraente come pensava all’inizio.
Di solito chi annuncia di volersi suicidare… vuol solo attirare l’attenzione… ed essere fermato e ascoltato…
Questo la dice lunga su quanta solitudine ci sia in questi Paesi.
Che poi diventi un taglio delle spese (pensioni di invalidità, cure mediche riabilitative, farmaci vari…) su cui si buttino i soliti sciacalli…questo lo sapeva anche Hitler…appena prima di iniziar la guerra uccise gli stessi tedeschi ricoverati negli ospedali per malati cronici…alle famiglie giungeva una lettera su complicanze respiratorie…
Xyzwk
“@Toni
Non troverai in nessun mio post prese di posizione contro o a favore della libertà di scelta sul fine vita. E questo semplicemente perché non ho ancora MATURATO (e forse non lo farò mai) una opinione ben precisa in merito, sono troppe le variabili da considerare.” … ricordi? eri Filomena (discussione luglio 2014 “Medici, Ordini al Tar contro il nuovo codice deontologico”
oggi scrivi
“Sapere che se uno proprio non ce la fa gli è consentito mettere fine alle sue sofferenze, costituisce in alcuni casi una specie di deterrente al morire …avere il paracadute da usare in caso di bisogno”
Che maturazione che hai fatto… minchia che “variabili”, pure “il paracadute” hai maturato. L’hai fatta tutta da sola sta evoluzione? Ti ha aiutato Shiva101? … Complimentoni !!! 🙂
🙂
Scusa Toni, se una non ha maturato convinzioni sul fatto o meno di sostenere-spingere al suicidio una persona, cosa vuol dire ?
Anzi, in questo ennesimo intervento, colgo una riflessione su se stessa, invece che su eventuali terzi candidati al suicidio.
E dunque molto coerente con la sua visione arida della vita : se la vita è quello che pensa lei, un’aridità senza fine, uno sfruttamento degli altri, una visione agghiacciante della realtà, nessun amore per se stessi e gli altri, né ricevuto e né dato, in effetti, a che pro vivere ?
Ma, per fortuna sua e di tutti, la vita è infinitamente più grande di quello che lei contrabbanda per vita.
Sono sicura che questo trollare così maniacale ha un senso per lei : il senso di una speranza di un contatto con un barlume di felicità.
Forse il suo trollare qui la salverà da una brutta fine, chissà.
Car Giovanna… puntavo tutto sul suo “forse non lo farò mai”. Il barlume di dubbio sull’esistenza di un vitale conflitto interiore. Un speranza, per quanto flebile. Non c’è manco quella … solo morte e distruzione.