Finalmente giustizia

Di Emanuele Boffi
11 Luglio 2024
La riforma Nordio è legge, ma - come insegna il caso Toti - c'è ancora molto da fare. Almeno è stato fatto un passo nella giusta direzione
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, 10 luglio 2024 (Ansa)
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, 10 luglio 2024 (Ansa)

Una volta tanto non è esagerato dire che si tratta di un passaggio “storico”. La riforma della giustizia voluta e approvata dal centrodestra  più Iv, Azione e +Europa (199 sì e 102 no ieri alla Camera). segna uno di quei momenti in cui – si spera – si possa cominciare a mettere in ordine un mondo che, da trent’anni, è in mano a certe consorterie di magistrati e giornalisti che si oppongono a qualsiasi modifica.

Ci sarà tempo per pentirsi o per accorgersi che qualcosa poteva essere fatto meglio, che qualcosa andrà sistemato e corretto, che qualcosa ha prodotto effetti indesiderati, insomma ci sarà tempo per i dettagli e per i rimpianti, ma ora lasciateci dire che un passo nella direzione giusta è stato fatto, finalmente, dopo tanti tentativi falliti.

La riforma Nordio

Ieri sul Giornale, FIlippo Facci – uno dei pochi che, con grande coerenza, certe “cose garantiste” le scrive dai tempi di Mani Pulite – riassumeva sinteticamente la vicenda: «L’approvazione definitiva della Riforma Nordio dovrebbe riordinare le interpretazioni di legge e le giurisprudenze creative, quelle che, negli ultimi tre decenni, hanno invertito spirito ed effetti del Codice Penale varato nel 1989: l’avviso di garanzia che doveva tutelare l’indagato e invece lo immola sui giornali, la custodia cautelare che da eccezione è divenuta una regola che stipa le carceri di detenuti in attesa di giudizio, le intercettazioni a strascico che alimentano il gossip più che affiancarsi a fonti di prova, i reati come l’abuso d’ufficio che a tutt’ora bloccano sindaci e amministrazioni pur non sfociando quasi mai in condanna, gli appelli e i controappelli dei pubblici ministeri avvezzi a contestare le assoluzioni che non confermino il loro strapotere, questi e altri refrain della nostra giustizia unica al mondo che persino i magistrati onesti e le loro Corti giudiziarie vivevano come un eterno vento di stagione. Ma siamo a metà del guado, anzi oltre, e l’altra riva sarà definitivamente raggiunta quando la Riforma diverrà costituzionale e la separazione delle carriere tra requirente e giudicante sarà realtà, permettendo, come recita l’articolo 111, che il giudice sia imparziale ma anche terzo, in equilibrio tra le parti».

Giovanni Toti (Ansa)
Giovanni Toti (Ansa)

Perché Toti è ancora ai domiciliari?

Va cambiata la giustizia perché rallenta il Paese, perché rende indecifrabile il futuro per le imprese e gli investimenti, perché frena l’attrazione di capitali esteri, ma soprattutto per una elementare regola di buon senso: giustizia è il tentativo barcollante di trovare la verità, non l’utilizzo della legge come strumento di denuncia, vendetta e tortura.

Proprio per tutelare quei magistrati che lavorano onestamente e con raziocinio, va spezzato quell’uso politico della giustizia cui ormai ci siamo abituati e che, in questi anni, ha colpito soprattutto gli esponenti politici di centrodestra (ma è stato usato anche per “regolare i conti” a sinistra).

Di esempi se ne possono fare a migliaia, e gli ultimi sono ancora sotto il nostro naso e pensiamo ai casi Mori e Toti. Proprio oggi il tribunale del Riesame ha confermato i domiciliari per il presidente della Liguria. Resta difficile – anche dopo il parere espresso dal Presidente emerito della Corte costituzionale, Sabino Cassese – capire quali siano le esigenze cautelari che ne impediscono il rilascio. Ha pure rinunciato al terzo mandato, cos’altro deve fare Toti? La situazione ha tutto il sapore di un ricatto: o ti dimetti o rimani ai domiciliari.

Appunto. C’è molto da fare ancora e la riforma è solo il primo passo.

Articolo aggiornato alle 16.15 del 11 luglio 2024

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