
Finalmente giustizia

Una volta tanto non è esagerato dire che si tratta di un passaggio “storico”. La riforma della giustizia voluta e approvata dal centrodestra più Iv, Azione e +Europa (199 sì e 102 no ieri alla Camera). segna uno di quei momenti in cui – si spera – si possa cominciare a mettere in ordine un mondo che, da trent’anni, è in mano a certe consorterie di magistrati e giornalisti che si oppongono a qualsiasi modifica.
Ci sarà tempo per pentirsi o per accorgersi che qualcosa poteva essere fatto meglio, che qualcosa andrà sistemato e corretto, che qualcosa ha prodotto effetti indesiderati, insomma ci sarà tempo per i dettagli e per i rimpianti, ma ora lasciateci dire che un passo nella direzione giusta è stato fatto, finalmente, dopo tanti tentativi falliti.
La riforma Nordio
Ieri sul Giornale, FIlippo Facci – uno dei pochi che, con grande coerenza, certe “cose garantiste” le scrive dai tempi di Mani Pulite – riassumeva sinteticamente la vicenda: «L’approvazione definitiva della Riforma Nordio dovrebbe riordinare le interpretazioni di legge e le giurisprudenze creative, quelle che, negli ultimi tre decenni, hanno invertito spirito ed effetti del Codice Penale varato nel 1989: l’avviso di garanzia che doveva tutelare l’indagato e invece lo immola sui giornali, la custodia cautelare che da eccezione è divenuta una regola che stipa le carceri di detenuti in attesa di giudizio, le intercettazioni a strascico che alimentano il gossip più che affiancarsi a fonti di prova, i reati come l’abuso d’ufficio che a tutt’ora bloccano sindaci e amministrazioni pur non sfociando quasi mai in condanna, gli appelli e i controappelli dei pubblici ministeri avvezzi a contestare le assoluzioni che non confermino il loro strapotere, questi e altri refrain della nostra giustizia unica al mondo che persino i magistrati onesti e le loro Corti giudiziarie vivevano come un eterno vento di stagione. Ma siamo a metà del guado, anzi oltre, e l’altra riva sarà definitivamente raggiunta quando la Riforma diverrà costituzionale e la separazione delle carriere tra requirente e giudicante sarà realtà, permettendo, come recita l’articolo 111, che il giudice sia imparziale ma anche terzo, in equilibrio tra le parti».

Perché Toti è ancora ai domiciliari?
Va cambiata la giustizia perché rallenta il Paese, perché rende indecifrabile il futuro per le imprese e gli investimenti, perché frena l’attrazione di capitali esteri, ma soprattutto per una elementare regola di buon senso: giustizia è il tentativo barcollante di trovare la verità, non l’utilizzo della legge come strumento di denuncia, vendetta e tortura.
Proprio per tutelare quei magistrati che lavorano onestamente e con raziocinio, va spezzato quell’uso politico della giustizia cui ormai ci siamo abituati e che, in questi anni, ha colpito soprattutto gli esponenti politici di centrodestra (ma è stato usato anche per “regolare i conti” a sinistra).
Di esempi se ne possono fare a migliaia, e gli ultimi sono ancora sotto il nostro naso e pensiamo ai casi Mori e Toti. Proprio oggi il tribunale del Riesame ha confermato i domiciliari per il presidente della Liguria. Resta difficile – anche dopo il parere espresso dal Presidente emerito della Corte costituzionale, Sabino Cassese – capire quali siano le esigenze cautelari che ne impediscono il rilascio. Ha pure rinunciato al terzo mandato, cos’altro deve fare Toti? La situazione ha tutto il sapore di un ricatto: o ti dimetti o rimani ai domiciliari.
Appunto. C’è molto da fare ancora e la riforma è solo il primo passo.
Articolo aggiornato alle 16.15 del 11 luglio 2024
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