Filippine. «Le vittime hanno avuto il coraggio di morire per la fede cristiana»

Di Leone Grotti
28 Gennaio 2019
Nell'attentato di domenica alla cattedrale di Jolo, area a stragrande maggioranza islamica, sono morte almeno 20 persone. L'Isis ha rivendicato l'attacco, che è stato compiuto dal gruppo islamista Abu Sayyaf
epa07323333 Covered bodies lie on the ground in front of a church following two explosions in Jolo city, Sulu, Philippines, 27 January 2018. According to reports, at least 21 people were killed and 71 others were injured after two bombs exploded outside a cathedral in the city Jolo. EPA/PEEWEE BACUNO BEST QUALITY AVAILABLE

Almeno 20 persone sono morte e più di 100 sono rimaste ferite nell’attentato terroristico alla cattedrale Nostra Signora del Monte Carmelo nella città di Jolo, provincia di Sulu, nelle Filippine. L’attacco, avvenuto domenica, è stato rivendicato dallo Stato islamico. Due kamikaze si sono fatti esplodere all’interno della chiesa e vicino all’entrata.

La Conferenza episcopale locale ha condannato l’attacco, mentre padre Romeo Saniel, amministratore apostolico di Jolo, ha dichiarato che «le vittime sono morte per la loro fede cristiana. Sono rimasti coraggiosamente a Jolo nonostante le minacce e la situazione di insicurezza. Non ci sono parole per esprimere la sofferenza e il dolore che proviamo in questi giorni». In un comunicato, il cardinale Orlando Quevedo e l’arcivescovo Angelito Lampon di Cotabato hanno definito l’attentato «la più odiosa dissacrazione possibile di un tempio. In qualità di ex leader religiosi di Jolo, condanniamo l’azione di queste persone malvagie che disprezzano la vita umana».

IL REFERENDUM

La provincia di Sulu è a maggioranza musulmana ed è da tempo una roccaforte dei movimenti terroristici islamici che si rifanno all’Isis e ad Al-Qaeda. La provincia fa parte dell’arcipelago di Mindanao, che ha recentemente approvato via referendum la creazione della regione autonoma musulmana di Bangsamoro, frutto di lunghi colloqui di pace e che dovrebbe porre fine a decenni di guerra civile contro lo Stato. Sebbene molti musulmani abbiano appoggiato l’esito del referendum, la provincia di Sulu e Jolo, che entreranno nella nuova regione autonoma, lo hanno bocciato. Secondo Asianews, infatti, «il referendum va a vantaggio del Milf (Moro Islamic Liberation Front), ma vi sono altri gruppi di ribelli e fondamentalisti che si vedono esclusi dai benefici dell’autonomia».

L’attentato di domenica è stato compiuto dai terroristi di Abu Sayyaf. Secondo le autorità, gli islamisti hanno voluto vendicarsi della morte del loro leader, Isnilon Hapilon, durante la guerra per la conquista di Marawi. Secondo altri l’attacco kamikaze è stato un modo per rigettare il referendum e la creazione della nuova entità autonoma. Hadji Murad Ibrahim, a capo del Milf, ha detto che «l’attentato non c’entra con il plebiscito. La nuova regione autonoma proteggerà i diritti dei musulmani e dei cristiani. Vogliamo unire, non dividere ma faremo le nostre indagini».

«QUI RESTANO POCHI CRISTIANI»

Padre Sebatiano D’Ambra, missionario del Pime nelle Filippine, ha dichiarato ad AsiaNews che «anche qui si stanno diffondendo pericolose ideologie islamiste. Jolo è un luogo storico per la comunità islamica di Mindanao. I cristiani rappresentano una sparuta minoranza. Nel corso degli anni, violenze e minacce da parte dei gruppi radicali li hanno spinti a fuggire dalla città. Al momento, ne restano poche migliaia. La cattedrale di Jolo si trova al centro della città ed è sempre presidiata dai militari, perché obiettivo sensibile. In passato, i rapporti tra musulmani e cristiani erano molto buoni. Lo dimostra la posizione centrale della chiesa. Negli ultimi tempi, con l’ascesa di vari gruppi fondamentalisti, il luogo di culto è finito nel mirino di chi ne vuole la distruzione. Il dialogo ripartirà, sapremo lanciare un messaggio positivo: la gente non deve scoraggiarsi. Dobbiamo sperare che i musulmani si posizionino in prima linea. Spero che sempre più persone capiscano che così non si può andare avanti».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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