
La preghiera del mattino
C’è la fila alla porta dei Brics. Brutta notizia per l’Occidente

Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «Cina addio. Sì, sembra giunto il momento della riconquistata ragione nelle relazioni internazionali italiche, dopo sbandamenti e cadute della consapevolezza che uno Stato continua a riprodurre la sua egemonia – e quindi la nazione – solo nel riconoscimento del suo interesse prevalente, pena la decadenza. E la decadenza inizia là dove tutto inizia, ossia dalla politica estera. E dove tutto finisce: sempre la politica estera, ossia dalla collocazione internazionale della nazione. Nazione che esiste perché esiste la storia, anche se i cittadini della nazione non lo ricordano più o non l’hanno mai saputo, ignari della storiografia».
Se Roma si ritirerà dall’accordo con la Cina sulla Via della seta malamente impostato dal primo governo Conte, sorgeranno diversi problemi che misureranno il livello di solidarietà occidentale possibile oggi. Però, comunque, sarà una scelta di decisiva chiarezza.
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Su Fanpage Annalisa Girardi scrive: «Al centro dei colloqui tra Meloni e Haftar rimane la questione dei flussi migratori dalla Libia verso l’Italia. Ma non solo: discussa anche la presenza del gruppo russo Wagner in Libia e i risvolti dei disordini in Sudan. C’è poi la questione del processo democratico, per arrivare definitivamente a una pacificazione e alle elezioni nel paese. A quanto riportano alcune agenzie di stampa Meloni e Haftar hanno appunto parlato dell’aumento delle partenze verso l’Italia e delle azioni per la stabilizzazione del Nord Africa. Ci sarebbe stato uno “scambio su alcuni temi fondamentali di reciproco interesse, in particolare la crescita senza precedenti del fenomeno migratorio verso l’Italia”. Meloni avrebbe poi confermato “il sostegno italiano all’azione delle Nazioni Unite in Libia nella rivitalizzazione del processo politico che possa portare ad elezioni presidenziali e parlamentari entro la fine del 2023”. La presidente del Consiglio, infine, ha espresso preoccupazione per quanto sta accadendo in Sudan».
Gli isterismi di Emmanuel Macron e dei suoi nascono anche dal fatto che è finito il tempo in cui l’Italia chiedeva il permesso a Parigi per avere una politica estera.
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Su Scenari economici Giuseppina Perlasca scrive: «L’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l’Algeria, l’Egitto, il Bahrein e l’Iran hanno chiesto formalmente di entrare a far parte del gruppo di nazioni Brics, che si prepara a tenere il suo vertice annuale in Sudafrica. L’accesso darebbe un ulteriore peso economico all’associazione e ridurrebbe ancora di più il valore economico dell’Occidente. Secondo Anil Sooklal, ambasciatore del Sudafrica presso il gruppo, in totale sono 19 le nazioni che hanno espresso interesse ad aderire al blocco dei mercati emergenti composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. “Si discuterà dell’espansione dei Brics e delle modalità con cui ciò avverrà… Tredici paesi hanno chiesto formalmente di aderire e altri sei lo hanno fatto in modo informale. Riceviamo richieste di adesione ogni giorno”, ha dichiarato il funzionario sudafricano a Bloomberg all’inizio della settimana».
L’Occidente raccoglie oggi i frutti della politica di Barack Obama & Hillary Clinton & John Kerry: da qui l’alto rischio di uno scenario internazionale dove molte delle carte saranno distribuite da Pechino.
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Sul Post si scrive: «All’inizio del 2022 Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, l’alleanza militare che comprende la stragrande maggioranza dei paesi occidentali, si stava preparando a lasciare il suo incarico dopo otto anni di mandato, apprezzati in maniera trasversale. Per lui era già pronto l’incarico, decisamente più agevole, di nuovo direttore della Banca centrale della Norvegia, il suo paese natale. Poi però il 24 febbraio 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina, e l’incarico di Stoltenberg è stato prolungato per evitare una transizione di poteri in un momento così delicato. L’estensione scade a settembre del 2023. Stoltenberg ha già chiarito che non intende chiederne un’altra, ma a distanza di pochi mesi non esiste un favorito o una favorita per sostituirlo. Anzi: i 31 paesi membri stanno facendo molta fatica a trovare candidati adatti per l’incarico».
La difficoltà nello scegliere un successore a Stoltenberg indica come la solidarietà atlantica abbia oggi bisogno di una regolata, nonostante la prova di forza dimostrata nel contrastare l’aggressione russa all’Ucraina.
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