Fifa. Il vero scandalo sono gli oltre 400 lavoratori morti nel 2014 per costruire gli stadi del Qatar

Di Leone Grotti
28 Maggio 2015
Il ricchissimo paese del Golfo tratta i quasi 2,5 milioni di lavoratori migranti come schiavi. Da qui al 2022 potrebbero morire in 4.000: 62 per ogni partita dei mondiali da disputare
epa04772330 An activist wears a giant head depicting FIFA President Joseph Blatter inside a cage during a protest by the Avaaz.org organisation prior to the 65th FIFA Congress at the Hallenstadion in Zurich, Switzerland, 28 May 2015. The 65th FIFA Congress with the president's election will take place on 29 May 2015 in Zurich. Avaaz.org asks Blatter to be held accountable for the corruption he has made possible at FIFA. EPA/ENNIO LEANZA

Domani si dovrebbero tenere le elezioni per la carica di presidente della Fifa, ma in seguito allo scandalo che ha travolto alcuni dei vertici dell’organizzazione più importante del calcio mondiale, potrebbero essere rimandate. L’attuale presidente Sepp Blatter è solamente indagato nell’insieme di arresti ed inchieste partite dagli Stati Uniti. Ma i capi d’accusa, che vanno dalla corruzione alla frode, ancora tutti da dimostrare, non costituiscono il vero scandalo attuale del calcio internazionale.

MONDIALI AL QATAR. Nel 2010 sono stati assegnati i mondiali del 2022 al Qatar, minuscolo Stato del Golfo senza la minima traccia di cultura calcistica ma con tantissimi petrodollari. Oltre al fatto che la massima competizione calcistica mondiale dovrà essere spostata in inverno dall’estate, periodo in cui si è sempre giocata, per evitare le temperature troppo elevate, il vero scandalo è rappresentato dal modo in cui il Qatar sta costruendo i suoi stadi: al prezzo di centinaia di vittime, lavoratori immigrati trattati come veri e propri schiavi.

SISTEMA DELLA KAFALA. In Qatar il sistema della Kafala intrappola oggi oltre un milione di lavoratori stranieri, vincolandoli al proprio datore di lavoro e privandoli di ogni diritto fondamentale. Una volta assunti, i lavoratori immigrati vengono privati di ogni diritto e del passaporto, che finisce nelle mani del datore di lavoro, che lo può tenere a tempo indeterminato. Senza il suo permesso, i lavoratori non possono licenziarsi, lasciare il paese o sporgere denuncia per eventuali abusi. Pena l’arresto o la deportazione.

NEPALESI. I lavoratori migranti provengono soprattutto da Indonesia, Filippine e Nepal. Molti di questi hanno chiesto di poter tornare a casa per partecipare ai funerali dei parenti uccisi dal violentissimo terremoto del 25 aprile, ma lo Stato non ha dato loro il permesso.
Da qui al 2022 arriveranno in tutto in Qatar 2,5 milioni di lavoratori per costruire stadi in mezzo al deserto, strade e centri commerciali adiacenti. Molto spesso gli immigrati non vengono pagati e sono minacciati in caso di rimostranze. Anche per questo, solo nel 2012, il ministero del Lavoro del Qatar ha ricevuto oltre seimila denunce.

62 MORTI A PARTITA. Nel 2013, l’International Trade Union Confederation, che da sempre si occupa della condizione dei lavoratori in Qatar, aveva predetto: moriranno almeno 4.000 migranti per realizzare questi mondiali. Il rischio è quindi che per ciascuna delle 64 partite che si disputeranno nel 2022, saranno morti 62 operai. La stima non è affatto campata in aria: solo dal 4 all’8 giugno del 2013 sono morti 44 nepalesi. Altri 32 a luglio. Nei primi cinque mesi del 2013 sono morti 82 indiani. Più di 700 indiani hanno perso la vita nei cantieri tra il 2010 e il 2012. Sono tantissimi i casi, però, di cui nessuno viene a conoscenza.

VERA SCHIAVITÙ. Nel 2014 sono decedute 441 persone nei cantieri, dove i turni di lavoro senza che venga rispettata nessuna misura di sicurezza sono di almeno 12 ore al giorno e la temperatura è di 50 gradi all’ombra. Ranjith, 28 anni, proveniente dallo Sri Lanka, ha raccontato ad Amnesty International di essere trattato come uno schiavo: «Mi erano stati promessi 370 dollari, ma una volta arrivato qui mi hanno detto che avrei guadagnato la metà e finora non ho ricevuto nulla. Non ho contratto né documenti, mi alzo ogni giorno alle 4, faccio colazione e doccia e poi lascio l’area industriale dove vivo in una stanza con 7 uomini per essere in cantiere a Doha alle 6». Il problema più urgente, insomma, non è quello dei dirigenti della Fifa arrestati.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

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7 commenti

  1. Martino

    Il sistema sella kafala…..alla faccia della Camusso e di tutte la sigle Cgil che non vogliono mai trattare con i datori di lavoro.

    Intanto questi Qatarioti stanno facendo shopping in Italia.

    1. Sebastiano

      E che shopping! Linee aeree, ospedali, catene alberghiere, squadre di calcio…
      E mai che trovi uno che si ricordi che sono nella lista neri dei sospetti finanziatori di ISIS.
      Tutti osannanti perché “quelli portano i soldi”. E vi meravigliate che siano riusciti a ottenere i mondiali? Oh, hanno già ottenuto MOLTO di più: l’abbassamento di braghe dei cosiddetti liberi occidentali davanti al dio-denaro.

  2. Filippo81

    Del resto nei Paesi come il qatar , la vita umana (soprattutto quella degli “infedeli”) vale poco più di niente, purtroppo !

  3. yoyo

    Se le cose stanno come descritto, il Coni si rifiuti istantaneamente di mandare gli azzurri. E si dia il Mondialea qualcuno che non fa costruire gli stadi agli schiavetti infedeli.

  4. Cisco

    Però non si può separare la (eventuale) corruzione dei dirigenti della FIFA dalla situazione drammatica in cui si troverebbero i lavoratori immigrati, dato che è proprio grazie alle ricche mazzette che questi personaggi hanno assegnato i mondiali a un paese schiavista e senza cultura calcistica come il Qatar. Il clima conta poco, in inverno nel Golfo e’ meno caldo che d’estate in Brasile, dove si sono giocat gli ultimi mondiali. E magari gli schiavi costruiranno stadi con l’aria condizionata…

    1. giulia

      in brasile era inverno perché è nell’emisfero sud

      1. Cisco

        Si ma il punto non è il clima: a parte che giocare a Manaus e Recife alle 14 come hanno fatto l’Italia e altre squadre significa sudare agli oltre 30 gradi dell'”inverno” tropicale; il problema e’ mettere al primo posto gli interessi del calcio come business invece che l’evento sportivo. In Qatar possono anche costruire – come hanno già fatto a Dubai – piste da sci in mezzo al deserto, figuriamoci stadi climatizzati. Magari con spettacoli dei tagliagole dell’Isis al posto delle cheer leaders tra il primo e il secondo tempo.

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