Fiducia, il fronte del sì a Renzi conta 175 senatori. Il dibattito alle 14

Di Chiara Rizzo
24 Febbraio 2014
Nel primo pomeriggio è previsto il primo discorso programmatico del premier, la prima chiamata al voto è prevista solo per le 22. Il fronte dei sì potrebbe ampliarsi con gli 11 voti di Gal

La maggioranza che sosterrebbe il governo di Matteo Renzi al Senato dovrebbe essere di poco superiore a quella del governo Letta. Il neopremier dovrebbe contare di una maggioranza di 175 voti, con previsioni di un margine di ulteriore crescita se si accoderanno al voto anche da Grandi autonomie e libertà (Gal), cioé il gruppo formato dai piccoli partitini del centrodestra, da Grande sud di Gianfranco Micciché al Pid di Francesco Saverio Romano. Letta, il giorno della scissione del Pdl, in cui ottenne la fiducia grazie a Ncd, ottenne un massimo di 171 voti favorevoli: la maggioranza assoluta necessaria a Palazzo madama è di 161 voti.

IL FRONTE DEL SI’. Grazie alla decisione di Pippo Civati e dei “suoi” sei senatori di votare il sì alla fiducia, al Senato Renzi dovrebbe contare oltre che su tutti i voti del suo Pd (107 senatori), sui 31 di Ncd, gli 8 di Scelta civica, i 12 di Per l’Italia, i 12 del Gruppo delle autonomie linguistiche (nei cui banchi siedono anche due dei senatori a vita, Elena Cattaneo e Carlo Rubbia). Altri due voti dovrebbero arrivargli dagli altri senatori a vita Carlo Azeglio Ciampi e Renzo Piano (che siedono nei banchi del gruppo Misto), poi i quattro voti degli espulsi del Movimento 5 stelle. Per il momento non dovrebbero votare per Renzi i 5 senatori M5S dissidenti che rischiano “l’epurazione”, cioé Orellana, Battista, Campanella e Bocchino. Complessivamente fanno appunto 171 sì a Renzi, contro i 133 no dell’opposizione.

IL CALENDARIO DELLA FIDUCIA. La seduta di Palazzo Madama si aprirà alle 14, poco dopo Matteo Renzi terrà il suo primo discorso programmatico, e dalle 15.30 inizierà il dibattito in aula. Le dichiarazioni finali di voto sono previste solo per le 20 di stasera, e alle 22 è fissata la prima chiamata al voto di fiducia. L’esito dunque giungerà in seconda serata. Domani, martedì 25, il voto di fiducia si sposterà a Montecitorio; oggi la conferenza dei capigruppo fisserà il calendario, ma è probabile che alla Camera il voto si concluderà entro domani pomeriggio.

PRIME GRANE, IL PRELIEVO FISCALE E IL CASO GUIDI. Mentre il premier lima il suo discorso, fanno molto discutere le dichiarazioni del sottosegretario alla presidenza del consiglio, Graziano Delrio, fedelissimo del premier, e quindi molto informato sulle sue intenzioni. Ieri Delrio alla trasmissione In mezz’ora di Lucia Annunziata ha escluso di fare una patrimoniale, ma ha aperto ad un aumento della tassazione sulle rendite fiscali, un “prelievo” fiscale, che ha fatto molto discutere, ed immediata è stata la replica di Ncd, e la smentita di Palazzo Chigi a nuove tasse. Subito dopo però è scoppiata una nuova polemica sul ministro allo Sviluppo economico, Federica Guidi contesta con l’accusa di conflitto d’interessi addirittura dall’interno dello stesso Pd. A parlarne molto polemicamente è in particolare l’ex sottosegretario all’Economia Stefano Fassina (storicamente contrapposto a Renzi), secondo cui le dimissioni di Guidi dalle cariche nell’azienda di famiglia (la Ducati energia, che tra i suoi clienti ha Poste Italiane o Enel) «Sono irrilevanti rispetto al conflitto di interessi, perché lei e la famiglia restano proprietarie di un’azienda che ha molte commesse dalla pubblica amministrazione». Secondo Fassina, inoltre, «la presenza di Federica Guidi è inopportuna e per quanto mi riguarda inadeguata in un governo a guida Pd».

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