
Misericordia, sì, ma senza dimenticare che cos’era e che cos’è il regime di Castro

Pubblichiamo la rubrica “Boris Godunov” di Renato Farina contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Che cos’era e che cos’è il regime cubano, Boris ne ha avuta personale esperienza. Qui racconta qualche episodio.
1) In gioventù. Lessi un discorso di Fidel Castro del 1971. Era sulla religione. Tuonò contro chi evitò di nominare Gesù Cristo. «È una simile miseria il marxismo-leninismo da aver paura di nominare Gesù Cristo?». Mi sembrava molto bello. Allora ci giungeva nei licei e nelle università l’immagine di gesta gloriose, di un popolo unito che si sacrificava per un destino comune buono e giusto. Ricordo a una Pesaro di Gioventù Studentesca che ci fecero cantare Comandante Che Guevara. Mi commossi. Lo speaker con la chitarra in mano, come Toto Cutugno, ci disse che Che Guevara era il più vicino al cristianesimo che ci fosse, gli mancava pochissimo. Don Giussani fece irruzione un istante dopo, e con mio momentaneo dispiacere, levò la pelle a chi aveva proprio mentito. Non metto tra virgolette ma il senso era: non c’è nessuno che arriva quasi al cristianesimo, nessuno raggiunge il cielo anche se lo desidera, perché Cristo è unico, è Lui che si fa incontro. E chi pretende di essere lui a creare l’uomo nuovo con l’educazione mente e crea la tirannide. Lo disse anche a una giornalista messicana rivoluzionaria che accompagnai da lui nel 1990. Valorizzò Che Guevara dicendo: noi lo abbiamo sempre citato, è vero, l’uomo nuovo e un popolo nuovo nascono dall’educazione. Ma chi educa e salva non può venire dalle fila di chi è nato vecchio.
2) In un viaggio di Giovanni Paolo II, Boris incontrò in Guinea Bissau il capo, anzi la capessa, della missione cubana rivoluzionaria in quel paese. Era stata leader della gioventù comunista. Era stanca dell’ideologia e lo disse a Fidel. Fu lei a scrivere un bigliettino a papa Wojtyla. Gli chiedeva di venire, che il popolo aveva bisogno. Quel foglietto arrivò al Papa. Sull’aereo che se ne andava dalla Cecoslovacchia (1990) comunicò al volo questa sua volontà. Proteste cubane. Poi Fidel cedette.
Qualcosa toccò in quel gennaio del 1998 il vecchio cuore di Fidel, assassino plurimo, affondatore di boat-people, carceriere terrificante? Non lo sappiamo. Il mio grande amico monsignor Lorenzo Albacete poté incontrarlo, discussero. Fidel si trovò tra le mani El sentido religioso di don Giussani. Pochi mesi dopo visitai Cuba e rividi gli inganni di sempre. L’ospedale lussuoso per gli stranieri e per i tesserati comunisti, mentre negli altri cosiddetti ospedali non c’era neppure odore di alcol per disinfettare: non c’era.
3) Raccontai di Che Guevara, questo mito idiota, che aveva cercato di esportare la rivoluzione in Bolivia, e chiamava i contadini “animalitos” perché non gli davano retta. Al suo mausoleo a Santa Clara giaceva anche “Tania, la guerrillera inolvidable”, cioè indimenticabile. Si era sacrificata per lui, aspettava un bambino da lui. La trattò con indifferenza totale quando morì in combattimento.
4) Poco tempo dopo, Boris ricevette nel suo ufficio a Milano, uno strano fotografo arrivato da Cuba. Era un italiano che aveva piantato le tende e il benessere a Santiago de Cuba, terra natale di Fidel. Mi fece sapere che se volevo salvare la pelle era bene non rimettessi piede dalle parti dell’Avana.
5) Incontrai un grande intellettuale italiano. Era stato amico di Fidel Castro e di Gian Giacomo Feltrinelli. Ma si era purificato per un incontro che non so, e me lo trovai davanti a me, con la sua faccia rossa, bisognosa di pace. Mi raccontò la verità su quella fattoria e sull’uomo più ricco e assassino del mondo: Fidel Castro. Il numero dei fucilati: 10 mila e più, con accuse risibili, per niente. Dei 70 mila e più morti in mare per raggiungere la Florida. E nessuno che abbia alzato la voce e la alzi tuttora a dire: “Vergogna!”. C’è la misericordia. Ma non è che tutto allora diventa uguale, e i carnefici e le vittime sono la stessa cosa.
Foto Ansa
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