
Femen. Sbattere le tette di Amina in prima pagina, ecco la vera forma di fanatismo intollerante e violento
Caro direttore, domenica scorsa a Kerouan è stata arrestata Amina, l’attivista tunisina che ha scelto di imitare le spogliarelliste militanti di Femen per protestare contro la deriva islamista del suo paese. A quanto pare l’hanno ammanettata un attimo prima che riuscisse a denudarsi davanti al congresso degli estremisti salafiti. Mi ha colpito in negativo il commento di Renzo Guolo apparso lunedì su Repubblica: «La topless jihad, con i suoi eccessi e le forzature minoritarie tipiche delle avanguardie, mette in discussione una dimensione chiave per i movimenti islamisti che della islamizzazione dei costumi, dunque anche della velatura del corpo e del rifiuto della sua mercificazione, fanno una questione di principio. Anche Femen, dunque anche Amina, è contro la mercificazione ma mettersi a nudo nel mondo della Mezzaluna significa innanzitutto mostrare la contraddizione dell’oppressivo e claustrofobico dominio maschile. Un diverso sguardo sul senso della dignità femminile destinato a una rotta di collisione fatale».
Lungi da me voler giustificare le violente usanze di un certo mondo nemico della libertà. Ma qui non saprei dire se siano più claustrofobiche queste ultime o le categorie mentali dei nostri giornalisti “liberal”.
Paco Minelli Ferrara
Una volta, di tutta una lectio magistralis svolta a Ratisbona da un papa, le agenzie giornalistiche occidentali isolarono un aneddoto e lo enfatizzarono con la neanche tanto segreta aspettativa che ciò avrebbe provocato reazioni a catena. Il risultato fu tremendo, poiché interi parlamenti musulmani si sollevarono e ambasciatori vennero richiamati in patria. Cristiani furono ammazzati e folle oceaniche si riversarono nelle piazze arabe. Infine, prese la parola il New York Times, bibbia dell’Occidente secolarizzato e protettore di tutte le libertà. E come una qualsiasi beghina puritana ottocentesca anche il NYT, al pari dei mullah, chiese a papa Ratzinger di oscurarsi e di scusarsi. Cosa che naturalmente lui non fece, limitandosi a ristabilire la verità, il contesto di un’affermazione che nulla aveva di denigratorio a riguardo dell’islam ma che era stata presentata e deformata come denigratoria dai due fondamentalismi che si fronteggiano e producono quel teatrino di posa che ha la stessa madre, l’ideologia, e un’identica prole, il fanatismo.
Naturalmente vi sono gradi diversi di violenza ideologica e di fanatismo. Ebbene, sbattere le tette di Amina in prima pagina e fare del corpo di una ragazza il messaggio propagandistico di “liberazione della donna” secondo il business plan che finanzia fenomeni come “Femen” e nutre le categorie di Repubblica (che sono poi le categorie del pigro e brutto conformismo di sinistra internazionale, vedi intervista a Camille Paglia), è una forma molto stupida di violenza ideologica e di fanatismo. Si buttano su una timida piantina di democrazia pretendendo che il topless sia l’anticamera di una Magna Charta e Lady Gaga l’indicatore di una raffinata cultura. Parlano di dialogo, multiculturalismo, tolleranza. In realtà agiscono come se ci fossero ariani emancipati da una parte, loro; e noi, negri cristiani e negri musulmani dall’altra. Ovvio che ciò produca l’esatto contrario di un programma di pace e libertà e progresso.
Luigi Amicone
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3 commenti
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To Femen: how about girls that were killed in IRAQ under USA attack (nuclear weapon story)
Did you give any shit for them ?
Io ho ragione, colui che vuole imporre giustizia con violenza è come castrato che vuole seviziar donzella (così è scritto nella Bibbia). La ragione vale perchè ” credo ut intelligam ” come dice Benedetto XVI a Ratisbona. Con tanta amicizia Leo Aletti chiaro è il rapporto Fede – Ragione.