Farmacie, «date le mascherine a chi ha dato tutto. E test sierologici affidabili»

Di Caterina Giojelli
15 Maggio 2020
Annarosa Racca (Federfarma Lombardia) racconta i giorni in trincea nella regione più colpita da Covid e polemiche, «abbiamo fatto sacrifici, straordinari, donazioni, consegne»

Nell’ultimo capitolo dell’ormai tragica e infinita saga sulle mascherine il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha spiegato che non spetta a lui rifornire farmacie e distributori, che chi critica il prezzo calmierato ha una doppia morale, che a ottobre copriremo il 100 per cento della produzione nazionale e che tra poco le distribuirà anche ai meno abbienti. E con i farmacisti, additati come colpevoli di carenze, speculatori e affamatori circa i preziosissimi presidi architrave della fase 2? «Tutto risolto, ci siamo capiti e andiamo avanti insieme». Davvero?

Annarosa Racca, presidente Federfarma Lombardia, non ha smesso un solo giorno di rispedire al mittente le accuse a chi ha passato ogni singolo giorno e notte dietro a un banco, dai colleghi della zona rossa del lodigiano fino all’ultimo dei farmacisti nella regione massacrata da Covid, rischiando la pelle (14 farmacisti sono deceduti dopo aver contratto il virus): lei a rivolgere l’appello più schietto direttamente al commissario («Continuiamo a ordinarle, ma non ce le mandano. Sono profondamente arrabbiata. Voglio che il commissario Arcuri mandi nelle farmacie italiane le mascherine, perché ne abbiamo bisogno»).

I DANNI DELLA BUROCRAZIA

Racca spiega a tempi.it cosa è successo a partire dal recentissimo protocollo d’intesa del 1° maggio tra commissario straordinario, Federfarma, Assofarm, i distributori del farmaco e altre sigle minori, stipulato con «l’intento di calmierare i prezzi di questi necessari e obbligatori sistemi di protezione dal Covid-19. Il protocollo prevede aziende italiane autorizzate dall’ISS, forniture ai grossisti poi consegna alle farmacie: basta l’importazione dalla Cina o dall’estero per questi strumenti utili a fronteggiare l’emergenza di questi beni di primaria necessità. Il prezzo da applicare, ribadiamolo, è: 50 centesimi + Iva, ovvero 61 centesimi per una mascherina UNI EN 14683. Da quel momento le farmacie hanno venduto le mascherine giacenti nei magazzini, comprate in precedenza a prezzi nettamente superiori, in vista di un presunto rimborso sulle giacenze al 26 aprile. Purtroppo, la procedura per l’immissione in commercio delle mascherine previste dal protocollo è stata lunghissima, le mascherine che arrivano ad oggi sono pochissime e non si sa ancora quando si arriverà ad avere un quantitativo sufficiente per una domanda che cresce di giorno in giorno».

UN MERCATO INESISTENTE PRIMA DI COVID

La gente continuava a chiederle in farmacia, le farmacie a chiederle ai fornitori e i fornitori a non inviarle. «Certamente non è colpa dei farmacisti se le mascherine non si trovano, e questo lo ha anche ammesso il commissario Arcuri. Avremmo gradito maggiore chiarezza, non equivoci anche perché le farmacie hanno dato un contributo straordinario nel fronteggiare questa emergenza. È di queste ore la notizia di un nuovo accordo tra il commissario e la distribuzione intermedia che speriamo finalmente consenta di avere forniture regolari e sufficienti a coprire le richieste della popolazione».

A cosa sia servito tanto clamore sul prezzo calmierato (se poi lo stesso commissario ha fatto marcia indietro, le aziende hanno stipulato nuovi accordi, e ci vorranno mesi prima che la produzione italiana riesca a supplire l’importazione) è presto detto: «Il mercato delle mascherine è un mercato che prima del Covid-19 in Italia non esisteva neppure, ci sembrava strano vedere in tv i cinesi che le indossavano per andare in giro. Oggi facciamo i conti con una situazione totalmente nuova, se non le abbiamo sul viso ci sembra ci manchi qualcosa; dovremo usarle per un lungo periodo, così come da disposizioni delle istituzioni. Mi auguro che le aziende italiane soddisfino presto la richiesta nazionale, creando un mercato autonomo in modo da evitare il più possibile gli speculatori internazionali».

LA PRIMA LINEA LOMBARDA

Evitare speculazioni e allo stesso tempo dare ossigeno a un mondo che fin dall’inizio dell’emergenza lavora in apnea e travolto dalle polemiche: sui rincari, sulle certificazioni, ora sui rifornimenti. Eppure i farmacisti hanno rappresentato il primo presidio per le persone, a loro è toccato fare chiarezza e dare informazioni faccia a faccia alla gente comune, mentre in tv e sui giornali imperversavano le guerre tra gli esperti del virus e delle ordinanze, e continuare a distribuire, donare e consegnare i farmaci: «La farmacia è sempre stata in prima linea già dalla fine di febbraio, quando le farmacie della zona rossa hanno dovuto gestire persone spaventate e nessuno sapeva dove ci avrebbe portato questo virus. In realtà, le polemiche non ci hanno mai spaventati: sappiamo che i nostri clienti ci conoscono e sanno tutto quello che abbiamo fatto e facciamo per loro nel reperire farmaci o tutti gli altri prodotti dei quali hanno bisogno. Insomma qualche critica non può cambiare il rapporto di fiducia che abbiamo instaurato con i nostri clienti. Abbiamo fatto sacrifici, abbiamo aumentato gli orari, abbiamo procurato sistemi di protezione dal virus (mascherine, gel, guanti, anche quando nessuno li aveva) sin dal primo giorno con grandi difficoltà quotidiane, abbiamo portato i farmaci a casa della gente – noi o con l’importantissimo supporto della Croce Rossa».

APPELLO SUI TEST SIEROLOGICI, «AFFIDABILI E SICURI»

Con la Croce Rossa è stato attivato anche un numero di telefono regionale (02.388.3350) per richiedere la consegna a domicilio dei farmaci, effettuata dai volontari, «questo servizio nei primi 15 giorni di attività, un periodo molto critico, ha gestito circa 5.200 richieste, il 65 per cento di queste da parte di persone over 65; anche questo è stato un grande sforzo fatto per fare in modo che le persone più fragili fossero tutelate. Infine vorrei ricordare ancora le donazioni del Banco Farmaceutico che in due tranche, nel momento più difficile dell’emergenza, ha donato quasi 100.000 confezioni di farmaci salvavita agli ospedali lombardi».

Ora il dibattito si è spostato sull’approvvigionamento dei test sierologici, presto disponibili, annunciano le autorità, anche in farmacia. Anche su questo Racca chiede responsabilità e chiarezza: «La questione dei test sierologici è ancora molto, molto controversa. Ho sentito notizie contrastanti sull’argomento e anche notizie di intere partite di test buttate via perché inaffidabili. Per questo motivo, vorrei fare un appello agli uomini di scienza e alle autorità: chiedo che ci arrivino prodotti affidabili e sicuri. Noi farmacisti ci siamo e siamo sempre a disposizione dei cittadini purché ci siano linee guida univoche sull’argomento, informazioni chiare e prodotti autorizzati dalle autorità competenti».

Foto Ansa

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.