Facebook e privacy vanno sempre meno d’accordo

Di Chiara Sirianni
20 Aprile 2011
Le informazioni private degli utenti vengono utilizzate dal social network per indirizzare la pubblicità. Ma il sito ormai è sempre più presente nella vita delle persone tanto che “due ragazze australiane intrappolate in una tempesta hanno aggiornato il loro status di Facebook" prima di chiamare i soccorsi

Che Facebook e privacy siano due cose che non vanno molto d’accordo, è risaputo: in cambio della facilità con cui gli utenti possono gratuitamente mettersi in rete, bisogna accettare di buon grado l’uso piuttosto disinvolto che il social network fa dei dati sensibili, e attrezzarsi per ridurre al minimo il margine di rischio. La società di Zuckerberg ha recentemente aggiornato la parte del sito dedicata agli inserzionisti, con tanto di video illustrativo. Nella sezione “documenti” si spiega come si può ulteriormente targettizzare l’audience, in base a criteri demografici e geografici.

Non solo: “Attingendo alle informazioni in tempo reale che gli utenti inseriscono nei profili, c’è l’opportunità unica di trovare persone in momenti della loro vita in cui è più probabile che mostrino interesse nei vostri prodotti o servizi”. In pratica significa che un momento intimo come la maternità può essere “venduto” ad aziende ad hoc: se pubblichi una foto di tuo figlio neonato, è altamente probabile che le inserzioni che compaiono in home-page riguardino passeggini e biberon; se hai appena cambiato città, verrai bersagliato di informazioni pubblicitarie localizzate nella stessa, eccetera.


È curioso, come segnala il sito Gawker, un passaggio in cui si spiega agli inserzionisti come Facebook stia avendo una diffusione sempre più capillare: 
“Due ragazze australiane sono rimaste intrappolate in una tempesta… e il loro primo istinto è stato quello di aggiornare il loro status di Facebook. Una squadra di soccorso è arrivata poco dopo e sono state salvate”.

Piuttosto difficile considerarlo un progresso. Resta una considerazione: in effetti, perché un’azienda che prospera sui dati degli utenti dovrebbe proteggere la nostra privacy?

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