Expo non sarà sprecata. Intervista al ministro Martina

Di Caterina Giojelli
07 Novembre 2014
«Con la promozione di un modello agroalimentare unico al mondo ci giochiamo una scommessa enorme per il futuro del paese». Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali racconta un’Italia all’altezza delle sfide globali

Mancano pochi mesi ad Expo e alle scadenze degli Obiettivi di sviluppo del Millennio e del programma di azione approvato al summit della Fao sull’alimentazione – la grande conferenza Onu del 1996. Il 2015 sarà dunque un momento di bilanci sulle politiche degli ultimi vent’anni e di confronto sulle nuove sfide di fronte alle quali si trova il mondo globalizzato. A tema sono la sicurezza alimentare, i biocombustibili, la valorizzazione delle colture locali, gli Ogm. Quale sarà il contributo del nostro paese su tutti questi fronti? Lo abbiamo chiesto a Maurizio Martina, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali nel Governo Renzi. «Il nostro paese – spiega il ministro – gioca un ruolo fondamentale e non è assolutamente un caso che sia proprio l’Italia a sviluppare questi temi in una Esposizione universale. Basti pensare al nostro straordinario patrimonio di biodiversità, abbiamo la metà delle varietà vegetali e un terzo di quelle animali presenti in tutta Europa, con oltre 58 mila specie. Così come al modello agricolo e agroalimentare italiano che costituisce una leva davvero strategica per l’intero paese, sulla quale dobbiamo puntare sempre più valorizzandola al meglio. All’interno di Expo 2015, daremo quindi un contributo centrale nell’individuare soluzioni e best practices nonché nuove politiche, che devono essere mirate non solo alla gestione delle emergenze, ma anche a mettere basi solide per la lotta alla fame e la riduzione degli sprechi alimentari».
Ridurre della metà tra il 1990 e il 2015 la percentuale di popolazione che nel mondo soffre la fame e vive in condizioni di povertà estrema: è questo il primo dei Millenium Development Goals. Tuttavia, nel grande tema della sicurezza alimentare non c’è da affrontare solo la lotta alla fame nei paesi più poveri: perdite e sprechi riguardano indistintamente Terzo mondo e paesi sviluppati. «Secondo l’ultimo Rapporto sulle conseguenze ambientali dello spreco di prodotti alimentari, presentato dalla Fao – continua Martina – la quantità di cibo sprecata nel mondo ogni anno ammonta a una cifra pari a 750 miliardi di dollari. Ben un terzo del cibo che produciamo finisce in rifiuti. Questi numeri ci raccontano una realtà desolante, soprattutto se pensiamo che sono oltre ottocento milioni le persone denutrite a livello globale a fronte di circa un miliardo che sono invece a rischio obesità».

Ad Expo si parlerà di sicurezza alimentare condividendo scienze e sapienze umane, attinte a tradizioni e culture di ogni parte del mondo: ci sono esperienze, buone pratiche o tecnologie a cui il suo dicastero guarda con interesse?
All’interno di questo dibattito aperto vogliamo portare il nostro know-how prima di tutto in termini di innovazione. Stiamo costruendo infatti un progetto nazionale per l’agroalimentare e all’interno di esso un ruolo cruciale spetta al piano strategico per l’innovazione e la ricerca che abbiamo presentato al ministero. Vogliamo promuovere un modello agricolo e agroalimentare che sia sostenibile e allo stesso tempo competitivo e per farlo dobbiamo puntare proprio su innovazione e ricerca. Ci sono infatti delle scelte decisive da compiere tenendo conto delle evoluzioni che stiamo per affrontare: nel 2050 la popolazione mondiale sarà quasi il doppio rispetto a quella del 1970. Da qui al 2025, secondo le proiezioni Fao, i consumi di prodotti come carne e latte vedranno un incremento tra il 50 per cento e il 100 per cento. Inoltre, a fronte della crescente richiesta di cibo, dobbiamo fare i conti con il decremento delle terre coltivabili e fertili, che da qui ai prossimi decenni è stimato del 20 per cento. L’Italia porterà quindi a Expo le sue conoscenze scientifiche con l’ambizione di sottolineare la distintività e l’unicità del nostro modello agroalimentare. È il caso di ricordare che ogni anno investiamo ben 700 milioni di euro per innovazione e ricerca nel settore agroalimentare con risultati notevoli. Nel settore delle produzioni zootecniche, per esempio, siamo uno fra i primi paesi al mondo che ha studiato e applicato la selezione genetica dei riproduttori e l’uso di marcatori per migliorare la qualità delle grandi eccellenze. Nel settore delle produzioni vegetali, lo sviluppo delle scienze omiche ai programmi di miglioramento genetico convenzionale hanno consentito risultati di rilevanza cruciale, sia per la valorizzazione delle produzioni nazionali, di varietà tradizionali ed autoctone, sia nella costituzione di nuove varietà adatte ai nostri ambienti di coltivazione. Per citare solo alcuni casi, abbiamo partecipato al sequenziamento di genomi di specie rilevanti, come vite, pesco e frumento.

Quale sarà la partita della politica a Milano per non derubricare i temi di Expo a titolo di una semplice fiera sulla sicurezza alimentare? C’è posto per una riflessione sulla natura profonda del bisogno dell’uomo e dei suoi legami sociali in rapporto con il pianeta?
Assolutamente sì. Io vedo anche una grande occasione per rafforzare ancor di più il dialogo fra religioni, proprio sui temi della sostenibilità e della sovranità alimentare che in definitiva richiamano il tema della responsabilità dell’uomo verso la sua comunità. Già oggi i contributi di Papa Francesco e del Cardinale Scola proprio su questi temi sono illuminanti e aprono alla possibilità di una analisi profonda sulle nuove sfide che gli uomini hanno di fronte nel tempo nuovo della globalizzazione. E poi non dimentichiamoci che Expo precederà proprio la sessione autunnale 2015 del dibattito alle Nazioni Unite sui prossimi obiettivi del Millennio. Non a caso lo stesso segretario generale Ban Ki Moon ha garantito la sua presenza a Milano. Expo non sarà assolutamente una fiera, l’esposizione di Milano sarà invece la piattaforma naturale per una discussione globale sulle nuove sfide che ci attendono. A livello europeo abbiamo già dato il via a questo lavoro, riservando alla questione una tappa centrale come il Consiglio informale dei ministri dell’Agricoltura Ue che abbiamo ospitato a Milano a settembre. Vogliamo che l’Europa abbia un ruolo di capofila anche in questo contesto. Durante il Consiglio abbiamo individuato i primi quattro filoni principali di azione, con idee e iniziative concrete. Dalle politiche di contrasto alla povertà alimentare – e va ricordato che questa piaga riguarda anche la stessa Europa dove sono 50 milioni gli indigenti –, alla riduzione degli sprechi alimentari che deve essere una priorità per tutti i paesi membri, visto che ogni anno nel nostro continente si sprecano 189 chili di cibo pro capite. Inoltre abbiamo condiviso la necessità di un modello agricolo sostenibile anche alla luce della nuova Politica agricola comune, in modo da utilizzare pratiche meno impattanti sull’ambiente e in grado di preservare la biodiversità. Occorrono politiche di gestione delle risorse che abbiamo a disposizione, a partire da quelle idriche. Infine, un capitolo importante riguarda la lotta alla contraffazione, a cui dedicheremo un appuntamento fondamentale in vista di Expo. Al Parco tecnologico padano di Lodi realizzeremo a marzo il Forum europeo sulla lotta alla contraffazione agroalimentare, dove coinvolgeremo tutte le autorità di controllo europee e le principali a livello internazionale.

Al netto di ogni polemica, su Expo si gioca anche la possibilità di un nuovo rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, imprese e politica. L’evento rappresenta anche una potente macchina comunicativa che può liberare la ribalta culturale da luoghi comuni che giocano contro l’uscita dalla crisi. Quali sono le attese del settore?
Con Expo ci giochiamo una scommessa enorme per il futuro del settore e di tutta l’Italia. Abbiamo per sei mesi la possibilità unica di ospitare oltre 140 paesi di tutto il mondo. Già solo le cifre della manifestazione ci danno un’idea chiara della sua portata: abbiamo raccolto un miliardo di euro di investimenti dai paesi partecipanti, ammontano a oltre 350 milioni di euro le partnership con aziende nazionali e internazionali. In totale i lavoratori coinvolti saranno circa 10 mila. Ma l’eredità di Expo non sarà solo di natura economica, vogliamo che lasci un’impronta educativa forte nelle nuova generazioni in primis e che sia un momento decisivo all’interno del progetto strategico che abbiamo per il futuro dell’agroalimentare italiano da qui ai prossimi anni.

Expo coinciderà anche con un momento politicamente delicato a livello europeo per l’agricoltura: i fondi per la Pac sono sempre meno significativi, i nuovi membri e i nuovi partner della Ue chiedono di destinare risorse ai loro settori agricoli, le sanzioni alla Russia hanno inferto un duro colpo alle esportazioni italiane. Come affronteremo queste criticità?
Ci sono molti aspetti su cui lavorare. Senza dubbio dobbiamo riformare gli strumenti di gestione delle crisi e poi è davvero grave che il bilancio agricolo sia stato ridotto. Stiamo lavorando con la Commissione europea per tamponare gli effetti dell’embargo russo. Sicuramente 290 milioni di euro per l’ortofrutta sono un primo passo, ma non possono bastare. Gli agricoltori non possono e non devono pagare per una crisi che non è stata causata da loro.

Il sito Open Expo oggi rende possibile a tutti la visualizzazione delle attività di gestione e delle opere in cantiere. Ci parla di questa e altre iniziative che rispondono all’esigenza di trasparenza?
Con questo progetto abbiamo scommesso su una sperimentazione unica per il nostro paese. È fondamentale che si recuperi un rapporto di fiducia con i cittadini e questo può avvenire anche attraverso l’uso di nuove tecnologie che devono diventare ordinaria amministrazione. Con Open Expo abbiamo reso disponibili i dati sugli affidamenti di beni, sui servizi e sulle opere e sulle percentuali di avanzamento dei lavori nei cantieri. I dati sono anche elaborati sotto forma di infografiche dinamiche costantemente aggiornate. Un’operazione importante perché permette di poter dare a chi è interessato informazioni non solo sullo stato dei lavori ma anche sull’andamento dell’intero evento. Un esempio che dobbiamo portare anche nella Pubblica amministrazione.

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1 commento

  1. recarlos79

    ovviamente non sarà sprecata. così come la tav e il mose quei fiumi di denaro a qualcuno andranno. poi magari le infrastrutture che servono davvero rimarranno monche, ma vuoi mettere?

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