
Ex mangiatoie dell’Urss (vero Pdci?)
Quattordici anni dopo la caduta del Muro di Berlino e dodici dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il quadro economico dei paesi eredi del Comecon, la defunta organizzazione di cooperazione economica dei paesi comunisti filo-sovietici, risulta curioso ed istruttivo. I 7 paesi di allora sono diventati 21 (lasciando perdere l’ex Germania Est, che è stata assorbita dalla Repubblica federale tedesca). Fra di essi soltanto 5 sono più ricchi oggi di quanto lo fossero alla vigilia della svolta politica che avrebbe stupito il mondo. Ebbene, quattro di essi coincidono con stati vecchi e nuovi dell’Europa orientale che in passato fecero parte del Patto di Varsavia, mentre uno soltanto appartiene alla schiera degli stati post-sovietici frutto della disintegrazione dell’Urss. Al contrario, stati come la Russia, l’Ucraina, l’Azerbaigian, ecc. presentano un Pil che oscilla fra la metà ed i due terzi di quello che potevano vantare (in termini reali) nel 1989. Se ne dedurrebbe che la “cooperazione” del Comecon funzionava soprattutto da ovest verso est, permettendo ai russi ed ai loro associati una relativa prosperità a spese dei “fratelli” e “compagni” dell’Europa centrale. Ci saranno senz’altro anche altre ragioni (la maggiore rapidità con cui Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca ed altri paesi ex comunisti europei hanno varato riforme macroeconomiche rispetto al blocco post-sovietico, l’effetto-traino dell’annuncio dell’imminente ingresso nell’Unione europea, ecc.). Ma il venir meno del soffocante abbraccio degli slavi orientali su quelli del centroeuropa ha tutta l’aria di essere una motivazione importante.
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