L’eutanasia non è l’omicidio del consenziente

Di Francesco Camplani
23 Gennaio 2022
Il referendum sarà l’occasione per creare uno spazio di liceità dell’omicidio di un’ampiezza nettamente fuori scala rispetto a quanto avviene, a oggi, in Austria e in Germania

Articolo tratto dal Centro Studi Livatino – Recenti pronunce delle Corti costituzionali di Germania e Austria in tema di aiuto al suicidio non legittimano alcuna analogia a favore del quesito referendario sull’omicidio del consenziente, all’esame di ammissibilità della Consulta italiana.

1. Gli argomenti che nel merito si pongono contro il referendum sull’omicidio del consenziente – almeno in questa sede, vorremmo squarciare il velo di menzogna dell’etichetta politica attribuita alla consultazione – sono stati portati ampiamente all’attenzione dell’opinione pubblica [[1]]. Su di essi, tuttavia, aleggia una delle eccezioni più potenti che esistano: il pericolo di rimanere indietro rispetto a Paesi culturalmente e geograficamente prossimi al nostro.

Nel corso del 2020 ben due giudici costituzionali si sono pronunciati contro figure di reato che ostano alla realizzazione di una forma di eutanasia legale. Si tratta del Tribunale costituzionale federale tedesco, il Bundesverfassungsgericht, con sentenza del 26 febbraio [[2]], e della Corte costituzionale austriaca, il Verfassungsgerichtshof, con sentenza dell’11 dicembre[[3]].

Chi scrive non è certo entusiasta di simili orientamenti. Tuttavia, è possibile riconoscere ad essi un dato rigoroso, consistente nell’insistenza sulle condotte di aiuto al suicidio, che rende la cifra di una differenza abissale rispetto alla depenalizzazione dell’omicidio del consenziente. Può quindi essere utile provare ad analizzarli sinteticamente.

2. La sentenza del Bundesverfassungsgericht, il tribunale costituzionale federale tedesco con sede a Karlsruhe (Baden-Württemberg), verte sulla questione di costituzionalità circa il § 217 dello Strafgesetzbuch tedesco (di seguito StGB).

2.1. La fattispecie abrogata, per un apparente paradosso, non si ricollegava ad un impianto normativo dalla lunga tradizione storica, bensì ad una norma di recente introduzione nell’ordinamento, volta a prevenire e reprimere forme di sostegno organizzato, lucrativo o meno, la “dolce morte”. La legge che ha inserito la fattispecie nello StGB tedesco è infatti del 2015, frutto di una discussione iniziata già nel corso della diciassettesima legislatura della Bundesrepublik (2009-2013), portata a termine in quella successiva (2013-2017).

2.2. La disposizione era intitolata Geschäftsmäßige Förderung der Selbsttötung. Chi scrive ritiene che la traduzione più adatta sia “sostegno negoziale al suicidio”, anche rispetto a scelte terminologiche apparentemente prossime come “sostegno commerciale” [[4]]. Scorrendo, infatti, il testo della norma incriminatrice, si nota che a essere oggetto di punizione non era tanto un fine di profitto, quanto di per sé l’organizzazione di esseri umani e mezzi al fine di agevolare pratiche suicidarie in clinica, anche senza la possibilità di trarne degli utili, e se del caso anche andando in perdita.

(1) Wer in der Absicht, die Selbsttötung eines anderen zu fördern, diesem hierzu geschäftsmäßig die Gelegenheit gewährt, verschafft oder vermittelt, wird mit Freiheitsstrafe bis zu drei Jahren oder mit Geldstrafe bestraft. [Traduzione a cura dello scrivente] Chiunque, con l’intenzione di agevolare il suicidio altrui, in via negoziale offra, procuri o medi l’occasione per suicidarsi, è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa.
(2) Als Teilnehmer bleibt straffrei, wer selbst nicht geschäftsmäßig handelt und entweder Angehöriger des in Absatz 1 genannten anderen ist oder diesem nahesteht. Rimane esente dalla pena prevista per il concorrente colui che agisce non professionalmente e che sia un congiunto del soggetto passivo designato dal comma 1, o sia soggetto ad egli prossimo.

Tale intenzione si ricava, peraltro, dalla proposta di legge che ha prevalso nell’approvazione della legge di modifica [[5]]. La scelta di politica del diritto e di politica criminale era stata, infatti, di esentare da punizione coloro che presumibilmente – pur non senza una qualche ingenuità per quanto concerne i parenti, va detto – non potessero trarne utilità né economica né “morale” [[6]].

2.3. Di tradizione ben più risalente è invece la fattispecie di cui al § 216 StGB, tuttora vigente, neanche lambita dalla questione di costituzionalità. Titolo del reato è Tötung auf Verlangen, omicidio su richiesta. Salvo aspetti di dettaglio, la fattispecie è sovrapponibile con quella dell’art. 579 cod. pen. che il referendum mira ad abolire. La ratio politico-criminale è la medesima: il consenso non scrimina, vertendo su uno dei beni giuridici fondamentali per l’esistenza della persona e della società, quindi indisponibili; al massimo, esso può fare da elemento specializzante che giustifica limiti edittali indipendenti e più miti rispetto a quelli dell’omicidio. Il dibattito giuridico e bioetico in Germania sembra lontano dal mettere in discussione una simile fattispecie, come dimostrano pubblicazioni di associazioni che sostengono molto attivamente la causa dell’eutanasia, limitandosi piuttosto ad auspicare una riqualificazione in termini di (richiesta di) aiuto al suicidio per una serie di casistiche concrete [[7]].

2.4. Entrando nel merito del giudizio sulla questione di costituzionalità, i giudici della seconda sezione del Bundesverfassungsgericht non hanno fatto ricorso a una mera sentenza di incostituzionalità [[8]], provvedimento dal carattere più estremo cui si ricorre in presenza di norme completamente aberranti rispetto all’impianto del Grundgesetz, “legge fondamentale” della Bundesrepublik. Essi hanno piuttosto fatto ricorso a una pronuncia interpretativa e manipolativa, che riconosce ampia legittimità ai fini della previsione di reato, denunziando tuttavia il conflitto della norma con la possibilità di decidere sulla fine della propria vita, ritenendolo – a mio modesto avviso – espressione del principio generale di tutela della dignità umana (Art. 2 GG) [[9]]. Altri profili di incostituzionalità denunziati dai ricorrenti, come quelli inerenti alle libertà di associazione e di lavoro, sono stati (a nostro avviso, giustamente) respinti.

2.5. I giudici di Karlsruhe, nell’affidare al legislatore un nuovo intervento sulla materia [[10]], hanno formulato una serie di considerazioni critiche che sarebbe bene siano costantemente all’attenzione di chi intenda sostenere, in modo scientificamente e giuridicamente informato, le ragioni della depenalizzazione e regolamentazione dell’aiuto al suicidio. Innanzitutto, le toghe sottolineano l’importanza di non “esportare” le prestazioni di aiuto al suicidio a livello di pubblicità al consumatore, con il rischio che essa abbia effetti istigatori. Sottolineano, inoltre – per rimanere nell’ambito di questioni di bruciante attualità e porre in evidenza alcune ragionevoli e al contempo drammatiche coincidenze – l’importanza di un coordinamento adeguato con la disciplina sugli stupefacenti, in modo da evitare (ad esempio) che la morte per overdose a seguito di un volontario acquisto e uso di droga non risulti scriminato [[11]].

2.6. Interessante, inoltre, è notare il monito finale dei giudici costituzionali tedeschi, contenuto al punto 342 della motivazione: «Tutto questo fa salvo che non può mai esistere un obbligo di aiuto al suicidio» [[12]]. In sostanza, postulare un’eutanasia a vario titolo libera – dalla più prudente forma della non incriminazione di chi la commette alla più libertaria dichiarazione di un “diritto all’eutanasia” – non potrà, né oggi né in futuro, ostacolare le obiezioni di coscienza di quei professionisti e di ogni altra persona che vorrà rifiutarsi di prestare la propria opera in favore del suicidio altrui. Si tratta di un’altra indicazione di cui sarebbe doveroso prendere nota, in una fase storica in cui le obiezioni di coscienza – non solo all’eutanasia – sono costantemente poste sotto attacco, svendendo un autoritarismo “a rovescio” per liberalizzazione.

3. La questione di costituzionalità giudicata dal Verfassungsgerichtshof, la corte costituzionale austriaca con sede a Vienna, ha un raggio più ampio di quella testé analizzata. Oggetto della questione, infatti, sono stati sia l’omicidio del consenziente, previsto dal § 77 dello StGB austriaco, sia l’istigazione o aiuto al suicidio, previsti dal § 78 StGB austriaco [[13]]. Già da questi pochi tratti si comprende quanto entrambe le fattispecie siano estremamente aderenti a quelle degli art. 579 e 580 cod. pen., quindi sarebbe molto agevole trasporre i ragionamenti del Verfassungsgerichtshof nel nostro contesto.

3.1. Il § 78 StGB austriaco è stato dichiarato incostituzionale con riguardo alla fattispecie ausiliaria [[14]], venendo invece salvato quanto a quella istigatoria [[15]]. Gli argomenti che, secondo i giudici costituzionali austriaci, depongono in favore della declaratoria di incostituzionalità del reato di aiuto al suicidio sono molteplici, riassumibili in questi termini: sussiste uno scarto fra diritto alla vita e obbligo alla vita; l’ordinamento austriaco è già dotato di numerosi modelli di “proceduralizzazione del consenso”, che garantiscono un libero ed autodeterminato esercizio di consenso. Eventuali influenze rimangono incriminate come istigazioni al suicidio. Si tratta di un percorso argomentativo ben differente da quello che, con molta maggior modestia, avrebbe seguito chi scrive, ma cui si può riconoscere una certa attenzione al contesto complessivo.

3.2. La questione di costituzionalità vertente sul § 77 StGB austriaco viene respinta, dal Verfassungsgerichtshof, sulla base di un tecnicismo. In quanto fattispecie “privilegiata” dell’omicidio con l’elemento specializzante (ed attenuante) del consenso, la sua caducazione per sentenza costituzionale, senza mirate cancellazioni “chirurgiche”, avrebbe espanso l’ambito di applicazione oggettivo dell’omicidio stesso [[16]]. A ogni modo i giudici specificano, negli ultimi paragrafi della motivazione, che le considerazioni svolte in termini di bilanciamento fra diritto alla tutela della vita, obbligo a vivere ed autodeterminazione svolti con riguardo all’aiuto al suicidio non sono in alcun modo applicabili all’omicidio del consenziente [[17]].

4. Ben lungi dall’allineare l’ordinamento della Repubblica italiana a quelli culturalmente e geograficamente prossimi, il referendum sarà l’occasione per creare uno spazio di liceità dell’omicidio di un’ampiezza nettamente fuori scala rispetto a quanto avviene, a oggi, in Austria e in Germania. Simili considerazioni saranno riproducibili financo rispetto a legislazioni indicate come “libertarie” quale quella olandese, il cui modello è stato analizzato dallo stesso Bundesverfassungsgericht, che ha sottolineato la perdurante incriminazione dell’omicidio su richiesta [[18]]. Si tratta di un rischio troppo elevato da correre. Qualora si volesse davvero optare per una completa revisione in senso favorevole della legislazione sull’aiuto al suicidio, l’unica norma da riformare rimarrebbe quella dell’art. 580 cod. pen. per quanto concerne la condotta ausiliaria. L’art. 579 cod. pen. rimane un argine a degenerazioni potenzialmente molto gravi, cui sia la Storia che l’attualità ci dovrebbero aver già messo davanti.


[[1]] Cfr. A. Mantovano (a cura di), Eutanasia, le ragioni del no. Il referendum, la legge, le sentenze, Siena, 2021. Cf. anche https://www.centrostudilivatino.it/eutanasia-le-ragioni-del-no-il-referendum-le-legge-le-sentenze-aggiornamento-con-gli-emendamenti-approvati-in-commissione/

[[2]] Cfr. Bundesverfassungsgericht, Urteil des Zweiten Senats vom 26.2.2020, – 2 BvR 2347/15 -, online all’indirizzo http://www.bverfg.de/e/rs20200226_2bvr234715.html; trad. it., a cura di F. Camplani, Tribunale costituzionale federale – Sentenza 26 febbraio 2020, in Diritto penale XXI Secolo, 2020, n. 1, pp. 37-102. Molte delle considerazioni linguistiche ripresentate in questo scritto sono tratte dalla traduzione.

[[3]] Verfassungsgerichtshof, Urteil 11.12.2020, online all’indirizzo https://www.vfgh.gv.at/downloads/VfGH-Erkenntnis_G_139_2019_vom_11.12.2020.pdf.

[[4]] L’aggettivo geschäftsmäßig deriva dal sostantivo di genere neutro das Geschäft, che nel diritto tedesco indica in modo preciso la nota categoria concettuale del negozio giuridico, cui è dedicato l’intero Libro I del codice civile (Bürgerliches Gesetzbuch – BGB). Essa ha un carattere generalissimo, idoneo ad includere atti di disposizione di qualsiasi natura purché basati su una dichiarazione di volontà: atti unilaterali (testamento, procura) e bilaterali (contratto), recettizi e non recettizi, a titolo oneroso o a titolo gratuito. «Commerciale» ha un significato più ristretto, eminentemente patrimoniale, che indica le attività organizzate con criteri di economicità volte al conseguimento di un lucro. Essa restringerebbe di molto l’ambito di applicazione della figura di reato oggetto dei ricorsi. Essa gode, peraltro, di un ambito sematico e terminologico a parte: handels-unternemehrischwirtschaftlichaus Gewinnsucht, ecc.

[[5]] Cfr. Bundestagsdrucksache 18/5373, https://dserver.bundestag.de/btd/18/053/1805373.pdf, espresso dal gruppo della CDU-CSU.

[[6]] Per considerazioni sulla norma nella fase della sua vigenza, sia consentito il rinvio al mio saggio F. Camplani, Diritto penale e fine vita in Germania. I reati di omicidio su richiesta e di sostegno commerciale al suicidio nello Strafgesetzbuch, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, N. 1-bis, pp. 426-440, online a http://www.giurisprudenzapenale.com/2019/01/22/diritto-penale-fine-vita-germania-reati-omicidio-richiesta-sostegno-professionale-al-suicidio-nello-strafgesetzbuch/.

[[7]] Il fatto che la fattispecie sia risalente favorisce una discussione stratificata anche a livello socio-culturale. Esplicativo può essere uno sguardo al sito web della Humanistische Union. G. Hirschauer, Über Freitod, Selbst­mord, aktive Sterbe­hilfe und Tötung auf Verlangen, in Vorgänge, 1978, n. 6, pp. 96-98, online all’indirizzo https://www.humanistische-union.de/thema/ueber-freitod-selbstmord-aktive-sterbehilfe-und-toetung-auf-verlangen/, visto il 5 gennaio 2022: l’Autore sosteneva con forza la causa dell’aiuto al suicidio, mentre affidava interamente ad una valutazione “fattuale e concreta” possibili atti di disposizione sulla vita, in sostanza “invadendo” l’ambito dell’omicidio del consenziente ma non proponendone l’abolizione. Più recentemente, B. Fateh-Moghadam, Suizidbeihilfe: Grenzen der Kriminalisierung, in Vorgänge, 2015, nn. 2-3, pp. 53-68, online all’indirizzo https://www.humanistische-union.de/publikationen/vorgaenge/210-211/publikation/suizidbeihilfe-grenzen-der-kriminalisierung/, visto il 5 gennaio 2022.

[[8]] Paragrafi 231, 337 e 338 della sentenza.

[[9]] Cfr. per tutti M. B. Magro, Autodeterminazione terapeutica e autodeterminazione alla morte dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019, in Studi in onore di Antonio Fiorella, Vol. II, Torino, 2021, pp. 1271 ss., 1281 ss.

[[10]] Cfr., in un’ottica distante dalla nostra ma basata su un innegabile rigore scientifico, A. Tigrino, Il Bundesverfassungsgericht in tema di aiuto al suicidio prestato in forma commerciale. Verso un approccio realmente liberale al fine vita?, in Archivio Penale, 2020, n. 3, in part. pp. 7 ss.

[[11]] Paragrafo 341 della Sentenza.

[[12]] Nell’originale: »All dies lässt unberührt, dass es eine Verpflichtung zur Suizidhilfe nicht geben darf«.

[[13]] Cfr., per tutti, G. Fornasari, Ancora un passo verso l’affermazione dell’autodeterminazione alla morte: la Corte costituzionale austriaca dichiara illegittima la disposizione in tema di aiuto al suicidio. Un primo commento a caldo, in Studi in onore di Antonio Fiorella, Vol. II, cit., pp. 1185 ss.

[[14]] Sentenza 11 dicembre 2020 cit., Paragrafi 31 ss., diffusamente.

[[15]] Sentenza 11 dicembre 2020 cit., Paragrafi 107 ss.

[[16]] Sentenza 11 dicembre 2020 cit., Paragrafi 18 e 19.

[[17]] Sentenza 11 dicembre 2020 cit., Paragrafo 115.

[[18]] Sentenza 26 febbraio 2020 cit., paragrafi

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