L’eutanasia, la Chiesa e quella insopportabile pretesa

Di Leone Grotti
24 Settembre 2020
Giornalisti e attivisti attaccano il Vaticano per la condanna della "buona morte". Ma a dare fastidio non sono le parole della Samaritanus Bonus

La maggior parte dei quotidiani italiani ha trovato un modo molto semplice per fare i conti con l’ultimo documento della Congregazione per la dottrina della fede che ribadisce la condanna della Chiesa a eutanasia e suicidio assistito: ignorarla. A parte il Foglio e Libero, il resto della stampa italiana ha relegato la pubblicazione della Samaritanus Bonus (di cui abbiamo già parlato qui e qui) a un insignificante trafiletto, come il Corriere, oppure ha fatto finta che non ci fosse.

MA COME SI PERMETTE?

Una reazione comoda, ma che ha meno dignità di quella ad esempio di Filippo Facci, che a partire dalla prima pagina di Libero firma una durissima invettiva contro il Vaticano e papa Francesco intitolata: Ora il Papa ci vuole spiegare anche come si deve morire. La Santa Sede non si limita infatti a sostenere che non esiste un «diritto a morire», giudicando l’eutanasia un atto «intrinsecamente malvagio in qualsiasi occasione e circostanza» e un «crimine», ma definisce «complici» quegli individui e quegli Stati che approvano leggi a favore della “buona morte” o le favoriscono. Da qui la reazione del giornalista: ma come si permette la Chiesa di mettersi contro all’opinione della maggioranza degli italiani, alle sentenze dei giudici della Corte costituzionale, addirittura alle decisioni dei Parlamenti democraticamente eletti?

Allo stesso modo, una sostenitrice cattolica dell’eutanasia come Mina Welby, ha definito «sconcertante» il documento e terribile la «minaccia» di non dare i sacramenti a chi si iscrive ad associazioni pro eutanasia. Perfino Lucetta Scaraffia, che dal 2012 al 2019 ha curato l’inserto mensile dell’Osservatore Romano, Donne Chiesa Mondo, scrive che «non aiuta» definire idratazione e alimentazione artificiali «supporti vitali», invece che normali cure mediche. In più, continua la giornalista e accademica, «arrivare in ritardo con frasi spesso banali non è una strategia adeguata per affrontare la drammatica diffusione del pensiero eutanasico, e la Chiesa dovrebbe rendersene conto».

UNA PRETESA INSOPPORTABILE

Simili reazioni, composte o meno, argomentate o meno, confermano che la Chiesa cattolica desta ancora scandalo nel mondo. E lo scandalo non è dovuto alla posizione in sé del Vaticano, il comandamento “non uccidere” non è certo una novità, ma alla pretesa che esprime la Chiesa anche in questo documento. Una pretesa insopportabile, quella di parlare a tutte le coscienze, di insegnare a tutti, e contro tutti, che cosa sia davvero la “dignità” umana, che deriva dall’essere figli di Dio e non dall’esercizio delle proprie capacità, assolvendo così alla sua missione di «trasmettere ai fedeli la grazia del Redentore e la santa legge di Dio, già percepibile nei dettami della legge morale naturale».

Come affermato pochi giorni fa in un’intervista al Figaro dal grande filosofo e teologo Rémi Brague, il cristianesimo non ha il monopolio della legge morale, ma è l’unica religione che vuole «estenderne l’applicazione alla totalità dell’umanità». Ha la peculiarità di «vedere l’umano là dove altri non lo vedono» – nei lavoratori sfruttati, nei feti, nei malati – e ha la pretesa di insegnare a tutti a vederlo. E se in tanti, come nel caso della Samaritanus Bonus, rigettano con astio e ripugnanza questo tentativo è perché, come diceva Willem Eijk, cardinale nella secolarizzatissima Olanda, «la società sempre più individualista è diventata intollerante nei confronti di un essere che la trascenda, sia esso la famiglia, lo Stato, la Chiesa o Dio».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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