Europa, ricorda le tue origini. «Solo se facciamo entrare Dio nel mondo, la terra può rischiararsi e il mondo può essere umano»

Di Joseph Ratzinger
06 Giugno 2014
A settant'anni dallo sbarco in Normandia, pubblichiamo il discorso di Ratzinger al cimitero tedesco di La Cambe (Caen). «Essi continuano a chiederci: "Voi cosa fate per la pace?"»

Il 5 e 6 giugno 2004 il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e decano del collegio cardinalizio rappresentò Giovanni Paolo II alle celebrazioni per il sessantesimo anniversario dello sbarco in Normandia e tenne a Caen e Bayeux quattro importanti interventi, poi raccolti prima in italiano (Joseph Ratzinger, Europa. I suoi fondamenti oggi e domani, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2004, pp. 73-104) e quindi in altre otto lingue. Pubblichiamo il discorso tenuto al cimitero tedesco di La Cambe (Caen) e riprodotto ieri dall’Osservatore Romano.

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Questa è l’ora in cui ci mettiamo in ginocchio pieni di rispetto davanti ai morti della seconda guerra mondiale ripensando ai moltissimi giovani della nostra patria, al loro futuro e alle loro speranze che sono andate distrutte nel sanguinoso massacro della guerra. E come tedeschi ci tocca con dolore il fatto che il loro slancio ideale e la loro lealtà nei confronti dello Stato siano stati strumentalizzati da un regime ingiusto.

Ma questo non macchia l’onore di questi giovani, nella cui coscienza soltanto Dio ha potuto guardare. Ognuno di loro sta davanti a Dio come singolo, con il cammino della sua vita e con la sua morte; ognuno sta davanti a quel Dio nella cui bontà misericordiosa noi sappiamo che sono custoditi tutti i nostri morti. Essi hanno cercato di fare soltanto il loro dovere, e spesso non senza tremende lotte interiori, pieni di dubbi e interrogativi. Ma loro ci guardano e ci interpellano: «E voi? Voi che farete, perché i giovani non siano più costretti alla guerra? Voi che farete perché il mondo non sia di nuovo devastato dall’odio, dalla violenza, dalla menzogna?».

Ma se questo è il momento del dolore e dell’esame di coscienza, è anche il momento di una profonda gratitudine, perché su queste tombe è nata la riconciliazione. I nemici di un tempo ora sono diventati amici e si stringono le mani lungo il cammino comune.

Il sacrificio dei nostri morti non è stato inutile, anche se lo considerassimo soltanto dal punto di vista della storia. Dopo la prima guerra mondiale restavano l’astio e l’inimicizia tra le nazioni che si erano combattute, specialmente tra francesi e tedeschi. Quest’odio avvelenava gli animi.

Il trattato di Versailles aveva consapevolmente voluto umiliare la Germania e caricarla di pesi enormi che spingevano la gente a posizioni estreme, aprendo in tal modo le porte alle ideologie estremiste e alla dittatura. Quelle promesse menzognere di riportare la Germania alla libertà, alla sua dignità, al suo onore e alla sua grandezza si facevano strada e ottenevano ascolto. Ma il principio «occhio per occhio, dente per dente» non può portare alla pace, lo abbiamo visto.

Grazie a Dio non si è ripetuto niente di simile dopo la seconda guerra mondiale. Con il piano Marshall gli americani hanno fornito enormi aiuti a noi tedeschi, ci hanno permesso di ricostruire il nostro Paese rendendo possibile la libertà e il benessere. Nel nuovo assetto mondiale dopo il crollo del colonialismo e nel periodo di duro forte confronto tra l’Est e l’Ovest, è presto maturata la consapevolezza che solo l’Europa unita può avere voce nella storia e nel suo futuro. Si è compreso che le diverse ideologie nazionaliste che hanno lacerato il nostro continente devono scomparire per lasciare spazio a una nuova solidarietà.

È avvenuto così dopo i conflitti tra la Francia e la Germania che per secoli hanno lasciato un’impronta di sangue. Grazie a Dio si è arrivati a una sempre più stretta amicizia tra francesi e tedeschi e così a partire dalla seconda metà del Novecento sin dai primi anni Cinquanta, l’Europa si è sviluppata in un primo nucleo unitario, allargandosi poi in cerchi sempre più vasti. E oggi stiamo davanti a queste tombe che ci ricordano la fatale discordia di un tempo, ma ora siamo qui come amici e come persone riconciliate.

Guardando ora in retrospettiva al processo di riconciliazione reciproca e di solidarietà che è maturato gradualmente, esso ci appare come uno sviluppo logico che è stato richiesto e reso possibile formalmente dai nuovi assetti del mondo. Ma non ci può sfuggire che di per sé questa logica non è stata intesa in modo unitario e non si è attuata da sola. La storia ci mostra che troppo spesso si agisce contro ogni logica e contro la ragione.

Il fatto che la politica della riconciliazione abbia trionfato è merito di tutta una generazione di uomini politici: ricordiamo i nomi di Adenauer, Schumann, De Gasperi, de Gaulle. Erano persone obiettive e intelligenti, con un sano realismo politico: ma tale realismo era radicato nel solido terreno dell’ethos cristiano che essi riconoscevano come ethos di ragione, ethos di una ragione affinata e chiarificata. Sapevano bene che la politica non può essere mero pragmatismo, ma deve essere una faccenda morale: obiettivo della politica è la giustizia, e insieme alla giustizia, la pace.

L’ordine politico e il potere stesso devono trarre origine dai criteri fondamentali del diritto. Ma se l’essenza della politica è la moralizzazione del potere e l’ordine che trae origine dai principi del diritto, allora nel loro fulcro troviamo una categoria etica fondamentale. Ma i criteri fondamentali della giustizia da dove provengono? Dove possiamo trovarli?

Per questi uomini era ben chiaro che i Dieci Comandamenti sono il punto di riferimento fondamentale per la giustizia, un riferimento valido per tutte le epoche; ed essi avevano riletto, approfondito e reinterpretato questo riferimento alla luce del messaggio cristiano.

È incontestabile il ruolo storico della fede cristiana nell’aver dato vita all’Europa. È grande merito del cristianesimo non soltanto la nascita dell’Europa dopo il tramonto del mondo greco-romano e il periodo delle invasioni barbariche. Anche dopo la seconda guerra mondiale la rinascita dell’Europa ha come radice il cristianesimo e dunque la responsabilità davanti a Dio: siamo ben consapevoli che questo è il più profondo fondamento dello Stato di diritto, come è stato scritto chiaramente nella nostra Costituzione tedesca, nata dopo il crollo del nazismo.

Chi oggi vuole costruire l’Europa come roccaforte del diritto e della giustizia che sia valida per tutti gli uomini di tutte le culture, non può richiamarsi a una ragione astratta che non conosce nulla di Dio, non appartiene a nessuna cultura precisa, ma pretende di misurare tutte le culture secondo il proprio metro di giudizio. Ma di quale metro di giudizio si tratta? Una ragione di questo tipo quale libertà può garantire, cosa può rifiutare?

Ancora oggi la responsabilità davanti a Dio e il radicamento nei grandi valori e verità della fede cristiana, valori che vanno al di là delle singole confessioni cristiane perché comuni a tutte, sono le forze irrinunciabili per edificare un’Europa unita che sia molto più di un unico blocco economico: una comunità del diritto, una roccaforte del diritto, non per se stessa ma per tutta l’umanità.

I morti di La Cambe ci interpellano: essi sono nella pace di Dio, ma continuano a chiederci: «Voi cosa fate per la pace?». Ci mettono in guardia nei confronti di uno Stato che possa perdere i fondamenti del diritto e recidere le sue radici.

Il ricordo del dolore e dei mali della seconda guerra mondiale insieme al ricordo della grande storia di riconciliazione, che grazie a Dio si è verificata in Europa, ci mostrano dove si trovano quelle forze che possono sanare l’Europa e il mondo. Solo se facciamo entrare Dio nel mondo, la terra può rischiararsi e il mondo può essere umano.

 

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3 commenti

  1. mau

    Sono un Europeista convinto, sostengo che tutto ciò che è tradizione, storia e cultura vada tutelato e portato avanti. Un individuo e un popolo, hanno bisogno di conoscere e sostenere le proprie radici. Di contro penso anche, che imporre le proprie tradizioni in modo totalitario sia un errore……..L’Europa è un amalgama di culture, razze e religioni, che vanno rispettate, certo, nella maggior parte dei paesi europei il Cristianesimo con annessi e connessi è la maggior religione di culto, usarla come base del calendario è secondo me giusto, ma credo anche che una persona deve poter festeggiare e santificare i dettami del proprio credo, senza rimetterci in nessun modo.
    Altra cosa, sono a mio modesto parere i diritti e doveri. L’Europa deve essere a livello dei diritti laica, priva di pregiudizi e moralismi, il bene di tutti i cittadini è giusto che sia tutelato. Ad esempio la famiglia cambia, i tipi di famiglia, nessun tipo può essere di serie A o B. Non tiriamo fuori devianze tipo pedofilia o poligamia, dove un soggetto è necessaria violato o schiavizzato. La psicologia moderna, trova che le famiglie felici, non sono solo quelle nate da copulamento di una coppia eterossesuale sposata. Quando non c’è devianza, un bambino è felice, quindi molto presto, l’Europa sdonagherà in Italia anche questo tabù. Argomento tabù, sono invece i doveri, in Italia soppratutto c’è un lassismo anche politico e sociale dei doveri. Anche le più banali regole di convivenza civile, vengono irrise e non considerate. Si incolpa l’immigrato di aver rovinato i paesi, ma a mio parere è colpa del falso buonismo della politica. Abbiamo un certo ordine di azione, ad esempio se su autobus in India si sale da ogni dove, in Europa si segue un ordine tale da permettere la salita e discesa scorrevole, ciò non vuol dire che l’indiano non possa portare il sari, ma io stato Italiano ti insegno, ti educo e ti punisco se non rispetti a salire sull’autobus dall’entrata. Io sono convinto che il malumore generale arrivi anche da questo stato di cose. Altra cosa, poi giuro la finisco qui, è il target e la qualità dei servizi pubblici, io credo che l’Europa debba dare lo standard anche minimo dei servizi. Le scuole devono essere efficenti, con insegnanti preparati ma anche con la legge da parte gli insegnanti, i ragazzi devono essere preparati alla vita lavorativa, bando agli sprechi sempre, punendo i tragressori e con regole e comportamenti uniformi e adamantini, la sanità pubblica deve essere appunto pubblica, dando a tutti il diritto di curarsi. Va sempre ricordato che non sempre il nuovo è giusto, ma a volte basta svecchiare e risistemare per stare meglio.
    saluto a tutti

  2. Paolo

    Per noi moderni è fuori moda uccidere i filosofi. Ci accontentiamo di certificare la loro morte civile. Rendiamo del tutto irrilevante il loro pensiero. Abbiamo separato la forma della vita civile, politica, dalla verità. La legge civile è la nostra sola legge.Grazie a questa separazione, siamo adesso in grado di migliorare il mondo. Non abbiamo alcuna idea in che cosa consista questo miglioramento, se si esclude, forse, la salute, una vita più lunga, senza morte, una polizza per ogni rischio.La nostra forma politica occidentale, diceva Papa Benedetto, è una forma escatologica, non un’etica. Siamo alla ricerca di soluzioni politiche e scientifiche a problemi che possono essere affrontati solo dal metodo e dalla fatica intrapresi da Socrate. Il problema è: quale tipo di vita vogliamo vivere, quale male è veicolato nelle nostre leggi e nelle anime? Cos’è il bene? Cosa è vero?La fuga dalla sofferenza è il mantra contemporaneo, cui non sono ammesse alternative.E’ la nuova divinità. Le ultime parole dell’Apologia sono queste:” E’ giunta l’ora della partenza.Io muoio, voi vivrete. Quello che è meglio, lo sa solo il dio”. I nostri politici non avrebbero dubbi: “E’ meglio vivere”.
    A questo principio vengono sacrificate molte vite.Se la città vive grazie alla codificazione di leggi che decidono sul bene e sul male, avremo sempre da confrontarci con l’imperativo socratico:” non si deve mai fare il male” e “la morte non è il male peggiore”, Una civiltà che non si appoggiasse su questi principi non sarebbe degna di essere sostenuta, condivisa. Nietzsche, quel filosofo che più di ogni altro ha intravisto il destino della modernità, aveva ragione. Se Platone sbaglia, allora è lui ad aver ragione. Dio è morto nelle nostre anime, Non ci rimane nulla, se non di rileggere l’Apologia. Qui leggiamo parole che aprono alla dimensione della trascendenza, oltre la mortalità.La sfida di Socrate va continuamente proposta come sfida educativa. Ci saranno sempre gli accusatori, a dire: “non c’è verità”. Conclusione: “chi ha orecchi per intendere, intenda”, Non sono parole socratiche, ma poco ci manca.

  3. Paolo

    Al termine dell’Apologia Socrate indirizzandosi alla giuria che lo condannerà a morte spiega i motivi per cui non teme la morte. Non era in grado di decidere se la morte fosse un male. Quello di cui era certo era la possibilità di decidere per il male. Sapeva anche qual’era la scelta cattiva.Non è mai lecito fare il male.Questa verità è il fondamento di una civiltà, la nostra, che la distingue da tutte le altre. La morte, ricorda Socrate, o è la caduta nel nulla, e in questo caso la scelta è indifferente, e nessuno verrà mai punito, per quanto libertino e libertario. Oppure la morte è la porta per l’immortalità dell’anima, e Socrate vede prolungarsi una condizione reiterata di scelte buone, un prolungamento del bene, di quello che lui aveva sempre fatto. Avrebbe continuato a filosofare, scoprendo nuovi contenuti del bene. Adesso avrebbe avere in aggiunta nuovi interlocutori, gli eroi e gli dei della sua tradizione, in aggiunta al popolino di Atene. La filosofia sarebbe continuata nell’eternità.
    Ma siamo riusciti a scoprire un sistema politico che impedisca l’uccisione di un filosofo? Eppure constatiamo che grandi atrocità sono perpetrate da società democratiche per mezzo delle leggi.Se un terrorista islamico kamikaze uccide un infedele, pensa di compiere un atto di giustizia, una scelta religiosa buona: uccide chi merita di essere giustiziato. Se un ginecologo prezzolato uccide un bambino, è un servitore della legge. Non vediamo il bene e il male. Abbiamo scelto di essere solo legalmente cechi.

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