Europa indifesa speriamo in Blair

Di Nicola Imberti
21 Luglio 2005
LA STAGNAZIONE ECONOMICA E L'EFFETTO DOMINO SULLA POLITICA, I RITARDI DEL VECCHIO CONTINENTE E DELL'ITALIA E LE BUONE STRATEGIE AMERICANE. PARLA PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, PRESIDENTE DI FINMECCANICA

Nonostante i tempi di stagnazione economica che sembrano non finire mai, la Finmeccanica guidata da Pierfrancesco Guarguaglini, ha chiuso il 2004 con un incremento dei propri utili. «Abbiamo avuto ricavi per oltre 9 miliardi di euro, un utile netto di 550 milioni di euro ed ordini per oltre 10 miliardi di euro» spiega con soddisfazione il suo presidente. «Ma questi successi non sono estemporanei. Sono il frutto di un lavoro faticoso ed entusiasmante che dura da anni», aggiunge. Secondo Guarguaglini «è indubbio che l’Europa stia vivendo un momento di difficoltà. Resto convinto che la situazione economica dell’Ue stia creando una sorta di “effetto domino” sull’Europa politica e, di conseguenza, anche sulle ambizioni di trovare in tempi rapidi strutture condivise di sicurezza e difesa. Le condizioni di scenario, la minaccia terroristica e le instabilità del pianeta impongono una accelerazione in tal senso». Le bombe di Londra e Madrid ma anche «i no ai referendum francese e olandese sulla Costituzione europea sono un segnale allarmante lanciato dai cittadini. Occorre dare risposte immediate, pena lo sgretolamento anche di quanto di buono è stato fatto fino ad oggi nello spazio dell’Unione europea».
Se dovesse scegliere un buon esempio da cui ripartire ma che anche fa percepire il ritardo del Vecchio Continente il presidente di Finmeccanica parlerebbe degli «Stati Uniti che basano la loro politica industriale sulla difesa della loro supremazia tecnologica e sul “Buy american”, per il quale un prodotto acquisito dagli Usa deve avere un “contenuto” americano superiore ai due terzi del totale. Si tratta di una misura protezionistica che, però, risulta essere un’azione di politica industriale, a cui le imprese europee che vogliono operare negli Usa devono – volenti o nolenti – adeguarsi. Di fronte a questioni di tale portata, non solo l’Europa non ha risposte ma, da parte sua, non ha neppure armonizzato le politiche dei singoli Stati membri!»

SPERIAMO
Guarguaglini guida Finmeccanica dal 2002, quindi poco tempo dopo l’attacco alle Torri Gemelle, e spiega che «contro una minaccia invisibile e asimmetrica come il terrorismo occorrono strumenti in grado di fornire la cosiddetta situation awareness, la piena consapevolezza di cosa accade sul campo delle operazioni. L’industria oggi è in grado di fornire ai governi gli strumenti più efficaci, in un contesto in cui non c’è più alcuna differenza tra Sicurezza e Difesa. Cosa è la Sicurezza? Solo la difesa del territorio nazionale? Non credo, se si pensa al fatto che molte delle politiche fatte per combattere il terrorismo, dalla cooperazione in materia di intelligence alla lotta alla povertà in Africa, travalicano per definizione le frontiere».
In Italia c’è però un problema grave da risolvere: «Gran Bretagna, Francia e Irlanda investono in ricerca una cifra superiore al 2 per cento del Pil. Gli altri paesi sono parecchio indietro, a cominciare dall’Italia, in cui l’investimento supera di pochissimo l’1 per cento. Quello italiano è un ritardo grave, soprattutto se rapportato alle economie più dinamiche: Usa e Giappone spendono oltre il 3 per cento del pil in attività che sono collegate alla ricerca sia direttamente che indirettamente; e mi riferisco ai finanziamenti alle grandi università che si pongono come incubatori di scienza e di sapere, creando ricadute positive sul mercato del lavoro, sul tessuto produttivo e, quindi, sul benessere e la crescita economica». Lo scorso anno Finmeccanica ha investito quasi 1,5 milioni di euro in ricerca e sviluppo, una cifra pari al 16 per cento circa dei ricavi «e di questo siamo orgogliosi ma allargando lo scenario al resto del paese e, di più, all’Europa, il quadro non è così incoraggiante». Dunque? «Non si possono rimandare scelte decisive su questo tema. Sto seguendo con grande attenzione le premesse del semestre di presidenza britannico dell’Unione europea. Sono stati lanciati dei segnali corretti e confortanti. Ma la decisione di investire di più deve essere frutto di una forte volontà politica condivisa da tutte le forze politiche, le componenti sociali ed il mondo produttivo del nostro paese».

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.