
Se anche l’Europa abbandona la Tobin tax, perché l’Italia non può farlo?

Bye bye Tobin tax. Almeno per ora. Secondo il Sole 24 Ore, «la Tobin tax si allontana»: non ci sarà, infatti, nessun accordo tra gli undici paesi della cosiddetta «cooperazione rafforzata, tra cui Italia, Francia e Germania, sull’introduzione di un prelievo sulle transazioni finanziarie». Accordo che «era stato annunciato nei mesi scorsi per la fine dell’anno» e che, invece, dopo essere rimasto «in stand bye per quasi due anni», slitterà al 2016.
MANCA LA VOLONTÀ POLITICA. «Secondo fonti della presidenza italiana all’Unione europea», scrive il Sole 24 Ore, ci sono «dubbi sostanziali sulla possibilità di un’intesa, mentre si tratta per consegnare il dossier alla prossima presidenza». Che scatterà, dopo il turno dell’Italia, nel 2015. Mentre, secondo Milano Finanza, «un diplomatico, a proposito della scadenza del 2016, ha detto che “non c’è la volontà politica in merito”».
«Le questioni che dividono gli Stati stati, del resto, sono sempre le stesse», chiosa il quotidiano di Confindustria: in primis è ancora aperto il dibattito sull’«applicazione del principio di residenza o di emissione, vale a dire se la tassa deve colpire in base al paese in cui si trova l’entità che emette il titolo, ovvero in relazione a dove viene emesso il titolo azionario». Nemmeno è stato raggiunto un accordo sull’estensione, o meno, del prelievo ai «derivati, ai titoli di Stato e ai meccanismi per assicurarsene il versamento».
Il progetto, discusso dalla Commissione europea a inizio 2013, invece, prevede l’adozione di «un’imposta minima comune dello 0,1 per cento sulle transazioni finanziarie», ad eccezione dei derivati, sui quali «verrebbe applicata una tassa dello 0,01 per cento». Nonostante le basse percentuali, il gettito atteso è notevole: si stimano 35 miliardi di euro.
IN ITALIA C’È, E SI SENTE. L’Italia, nel frattempo, non ha saputo frenare la brama di allungare le mani sui proventi delle transazioni finanziarie. Pertanto, il governo Renzi ha portato la tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento. Dopo che il governo Monti aveva già introdotto una “mini” Tobin Tax, ossia un prelievo dello 0,2 per cento per le transazioni sui mercati non regolamentati e dello 0,1 per gli scambi di borsa. Assicurando all’erario, qualcosa come 260 milioni. Bruscolini rispetto al miliardo che i tecnici si attendevano. Che, tuttavia, hanno certamente contribuito a far scappare qualche investitore straniero in più dal nostro Paese. Come scriveva ItaliaOggi, già un anno fa, infatti, «quello che si recupera da una parte a titolo di Tobin tax, lo si perde in parte dall’altra come minor gettito Ires, Irpef e da capital gain degli operatori finanziari». Che nel frattempo, come detto, cercano opportunità d’investimento più remunerative.
UN “PEDAGGIO” TROPPO SALATO. Una dinamica che era stata pienamente fotografata a tempi.it dalla firma economica del Giornale Claudio Borghi, che spiegava, con un’immagine piuttosto eloquente: «Se in una strada passano molte automobili, aumentando il pedaggio diminuirà la frequenza. Più si tassa quella strada meno auto transiteranno per quella, ma non è che scompariranno, semplicemente preferiranno scovare percorsi alternativi. La stessa cosa vale in borsa: la Tobin tax avrebbe senso solo se adottata da tutti le piazze finanziarie del globo». Non certo, soltanto, da undici di queste. Nel qual caso, meglio sarebbe trovarsi altrove.
Nota bene. Gli undici paesi che da due anni stanno studiando come tassare le transazioni finanziarie sono: Germania, Francia, Belgio, Spagna, Austria, Portogallo, Slovacchia, Grecia, Estonia, Italia e Slovenia. Anche se quest’ultima ci sta già ripensando. Nessun cosiddetto “paradiso fiscale” tra di essi, ma nemmeno le più floride economie del globo in questo duro momento di crisi.
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1 commento
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E’ una fissazione, una forma mentale (forse nascono così…) della sinistra.Sono assolutamente convinti, e nulla riuscirà mai a convincerli del contrario, che in economia l’unica strada percorribile è quella della tassazione indiscriminata. E bisogna ammettere che in questo campo dimostrano una fantasia ed un’inventiva incredibile. Non sono ancora arrivati a mettere un contatore al sedere delle galline ma bisogna dare loro un poco di tempo: ci arriveranno.Prendete la Tobin Tax. Qualcuno ha predetto loro che gli operatori finanziari avrebbero semplicemente cambiato piazza ed operando su quelle (vedi Regno Unito) dove la Tobin non c’è. avrebbero di fatto prodotto, anziché un gettito fiscale, una danno per mancati introiti, cosa che è puntualmente avvenuta. Ma i nostri illustri economisti non se ne sono dati per inteso ed hanno imperterriti proseguito per la loro strada, E così, di tassa in tassa, patrimoniale dopo patrimoniale, la Nazione si è impoverita tragicamente. Prima che sia troppo tardi, usciamo dall’euro (e da questa Europa!). vvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvv