Così gli estremisti islamici di Isil «hanno capito che per fare la guerra hanno bisogno della propaganda via web»

Di Francesco Amicone
20 Giugno 2014
Hanno profili aggiornati nei social network, fanno attivamente informazione (e disinformazione), curano perfino una propria rivista. Guido Olimpio (Corriere della Sera) spiega come e perché i jihadisti sono diventati «talebani con l'elettricità»

Fino agli anni Novanta la comunicazione i jihadisti si riduceva alle videoregistrazioni. Si facevano ritrarre armati, nascosti in qualche grotta, in Afghanistan o chissà dove, attorno a un leader fanatico che lanciava anatemi ai nemici dell’islam radicale. I nastri con i soliloqui registrati erano mandati in onda sulle televisioni arabe, le parole del leader islamista trovavano risonanza in occidente. Gli estremisti di oggi sono più flessibili e usano il web. Aggiornano profili, twittano, “postano” foto su Facebook. La loro passione per la tecnologia non è segno di un cambiamento dei loro obiettivi, ma, spiega a tempi.it Guido Olimpio, cronista del Corriere della Sera esperto di politica internazionale e terrorismo, «serve a raggiungere una platea vasta di persone, alla quale possono parlare dei loro successi, ampliandoli. Inoltre possono usarli per apparire in una luce migliore. L’impatto propagandista è notevole».

Olimpio, fra tutti gli estremisti islamici, i militanti dell’Isil paiono i più assidui frequentatori del web. Come mai?
I militanti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante sono stati descritti bene da una battuta: sono “talebani con l’elettricità”. Anche i jihadisti nordafricani non sono diversi: hanno bisogno del web, hanno la necessità di essere considerati, di raccontare la loro storia e ottengono la considerazione dei media grazie ai social network. Due elementi stanno alla base del loro uso del web: primo, sono figli dei tempi (non bisogna dimenticarlo); secondo, gli islamisti hanno capito che se vogliono fare la guerra, hanno bisogno della propaganda sul web.

Hanno scelto internet come “megafono”.
Sarebbe stato sorprendente se non l’avessero fatto. In tutto il mondo, anche in Medio Oriente, internet ha iniziato ad assumere una importanza esponenziale. Già negli anni Novanta, Bin Laden aveva capito che la tecnologia nella comunicazione poteva essere piegata ai propri scopi. Oggi tutti ricordano i suoi video. Non tutti gli estremisti però si sono adeguati alla comunicazione di massa. I talebani si sono accorti dell’utilità della tecnologia troppo tardi, dopo aver fatto per anni la guerra ai televisori.

L’Isil ha persino un magazine per sponsorizzare la propria causa: Al Naba. Pensa che l’uso dei social network serva a questo, a conquistare il consenso dei giovani islamici?
L’uso dei social network serve a dare un doppio segnale. Rivolto all’avversario di turno, molto spesso più a un regime mediorientale che non all’occidente. Mostrano le loro armi, le loro conquiste, le vittorie, per spaventare l’avversario. Allo stesso modo, i militanti sanno benissimo che molti islamici seguono i social network. Sfruttano l’onda dei media, attraverso il web, per raggiungere i sostenitori e estenderne il numero, ampliare i loro successi. I loro profili su Twitter e Facebook hanno un valore informativo notevole, perché documentano le loro azioni. Possono documentare non solo le proprie stragi, ma anche quelle dell’avversario. Tutti i media attingono a quelle informazioni.

Non tutto quello che “twittano” e “postano” però è credibile.
Appunto. Con i social, si può fare informazione e disinformazione in tempo reale. Ciò permette agli estremisti di aggirare la comunicazione ufficiale dei paesi in cui vivono, molti dei quali non sono regimi democratici dove è possibile fare informazione liberamente. Riescono a confutare la versione dei fatti dei regimi e dei governi che combattono. Un fatto che favorisce non solo gli estremisti. Per esempio Assad sostiene che tutti i ribelli siano terroristi. Alcuni ribelli dicono che non è vero. E possono dirlo sui social network.

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    3 commenti

    1. Menelik

      La lettura di quest’articolo mi ha fatto fare un sorriso amaro di sarcasmo.
      Mi ha fatto pensare al rapporto Chiesa cattolica-Vaticano-Pontefici-collegio cardinalizio, e la tecnologia della comunicazione, in particolare nell’era Ratzinger.
      I talebani l’hanno capito, in ritardo, ma l’hanno capito e si adeguano.
      i altri jihadisti pure l’hanno capito, e lo attuano senza prendersi indietro coi tempi.
      I Boko Haram l’hanno capito, e pare che non siano perfettamente in grado, almeno ora, ma vedrete che appena ne intravvedono uno spiraglio di possibilità, ci si buttano anche loro nelle tecniche di comunicazione moderne.
      La chiesa con Papa Francesco pare avviata a recuperare il tempo perduto e mettersi al passo con la rivoluzione informatica.
      Prima…..apro le braccia, e le conseguenze si sono viste.
      La prima campagna di guerra dei nostri nemici dell’era informatica, è stata l’offensiva del 2010 col pretesto della pedofilia.
      Se la Chiesa avesse risposto in modo adeguato, l’esito probabilmente sarebbe stato diverso.

    2. Laura

      Si servono della nostra tecnica per soggiogarci

    3. MARCO

      E voi credete che i talebani o estremisti islamici non siano appoggiati e voluti in qualche modo decisivo da USA?

    I commenti sono chiusi.