L’estate dei ragazzi ucraini al grest. «Ci avete accolti»

Don Lucio Ciardo e don Antonio De Rosa della Caritas raccontano l'esperienza di una cinquantina di adolescenti cui sono state aperte le porte di case e parrocchie in Puglia

(foto don Ciardo)

«Siamo una piccola diocesi ma nessuno si è tirato indietro». Don Lucio Ciardo è il direttore della Caritas diocesana di Santa Maria di Leuca, in Puglia. Prima d’essere direttore Caritas, però, è anche parroco e come tanti parroci in questo inizio d’estate fa le ore piccole, tra un grest e un campo scuola con i ragazzi con annesse lunghe, lunghissime serate a chiacchierare sulla spiaggia. Fra tutte le iniziative estive che le parrocchie hanno organizzato alla fine della scuola, una è valsa alla piccola diocesi una certa notorietà di stampa: da una settimana, infatti, a far le vacanze in Salento ci sono anche una cinquantina di ragazzi e ragazze ucraine, arrivati grazie alla Cei e alla Caritas italiana.

«Non è soltanto ospitalità, vitto e alloggio, come Caritas dobbiamo anche dare il senso dello stare insieme. Abbiamo cercato di animare tutta la comunità e ci siamo riusciti anche grazie a tutti i parroci che hanno accolto bambini e adulti all’interno, ad esempio, dei loro oratori e nei Grest», mette subito in chiaro don Lucio che, in questi giorni, tra una gita in barca e una cena tipica, di questo stare insieme è diventato parte integrante assieme ai volontari che si sono subito messi all’opera per accompagnare, aiutare e persino – quando possibile – tradurre dove non basta l’inglese.

«Quando sono arrivati a Brindisi era già mezzanotte ed erano molto affamati. Noi siamo gente del sud e sappiamo come fare: abbiamo preparato panini per tutti e abbiamo fatto festa insieme fino quasi le tre di notte» racconta a Tempi il sacerdote, rievocando il primo dei momenti conviviali passati insieme ai ragazzi e alle ragazze ucraine.

(foto don Ciardo)

Un viaggio della speranza

«Il primo anno abbiamo ospitato 193 bambini, l’anno scorso 452 e quest’anno arriveremo a fine estate a 700 persone accolte. Credo sia la dimostrazione più evidente che questa è un’esperienza che funziona e che fa bene, soprattutto ai bambini», chiosa don Antonio De Rosa che nel suo ruolo di responsabile animazione di Caritas Italia ha curato, assieme alle ambasciate, alla Cei e alla Santa Sede, l’organizzazione dell’iniziativa “È più bello insieme” che coinvolge una decina di Caritas diocesane oltre alle Acli.

«Caritas è una rete mondiale, non una semplice istituzione e si è messa in moto fin dall’inizio del conflitto, prestando particolare attenzione ai bisogni espressi dalle due Caritas ucraine». E stando sui territori si creano quei legami utili per organizzare non solo gli aiuti in termini di volontari e mezzi sul posto, ma anche di accoglienza senza perdersi per strada.

Per coprire la distanza che separa Nikopol’, la cittadina ucraina vicina alla centrale nucleare di Zaporižžja e teatro di feroci scontri in questi due anni di guerra, dalla cittadina pugliese sono necessarie decine di ore di corriera. Un viaggio della speranza, letteralmente, iniziato tra i razzi e le esplosioni e finito fra le lenzuola candide di un letto a pochi passi dal mare.

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Pianti di gioia

«La mattina dopo il loro arrivo, le accompagnatrici ci hanno subito detto che i ragazzi avevano dormito sereni come in Ucraina non capita da anni», racconta ancora don Lucio Ciardo che delinea i contorni di una vacanza estiva fra ragazzi come ne abbiamo fatte tutti, prima o dopo, fra giochi e feste capaci di coinvolgere tutto il paese. La giornata al mare, il momento di preghiera in chiesa, il gelato al bar del centro nel giorno del mercato rionale.

Nessuno rimane indifferente di fronte a questi giovani strappati alla guerra per una breve parentesi di pace, neppure i ristoratori del territorio che offrono loro il pranzo senza chiedere nulla in cambio. È una gara di solidarietà, ma soprattutto un bagno di normalità che coinvolge persino i sindaci e le amministrazioni locali, ai quali i ragazzi dimostrano affetto e gratitudine per l’accoglienza ricevuta.

«Noi non ci conosciamo, ma voi ci avete accolti. Questo ci ha fatto capire che è possibile costruire un dialogo anche con chi non si conosce», ha risposto uno di loro ad una giornalista che gli chiedeva cosa avrebbe riportato in Ucraina da queste vacanze.

E a loro, ai pugliesi, di questa esperienza è destinato a rimanere soprattutto il valore di un’ospitalità, di un’accoglienza preziosa. «Mentre stavamo facendo festa, c’era una ragazza in un angolo, da sola, che piangeva – dice don Lucio –. Gliene ho chiesto il motivo e lei mi ha risposto: “Piango perché vedo i miei amici che sono contenti”. E questo piangere di gioia non lo posso dimenticare».

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