
L’errore di pensare che Trump sia un “fenomeno da baraccone”

Caro direttore, era ora che qualcuno lo dicesse ad alta voce: «Abbiamo lasciato che i cristiani fossero soggetti ad una intensa persecuzione e perfino genocidio. Non abbiamo fatto niente per aiutare i cristiani, niente, e dovremmo sempre vergognarci per questo, per questa mancanza di azione». No, non lo ha detto il presidente degli Stati Uniti, quell’Obama che non mai riuscito a mettere l’aggettivo “islamico” accanto al sostantivo “terrorismo”. Non lo ha detto nemmeno il suo segretario di stato, quella Hillary che, mentre l’ambasciata degli Usa a Bengasi era assediata da belve in forma umana, decideva di andare a dormire e che, quando si risvegliò, seppe che le belve avevano sbranato l’ambasciatore e tre militari americani. Non lo ha detto nemmeno uno di quei politici di professione benedetti dai Tea Party che tanto piacciono ai liberal-conservatori in carriera d’America e d’Italia. Lo ha detto quel tizio cui questi ultimi guardano come ad un “cattivo” che in confronto le belve di Bengasi e il califfo Al Baghdadi sono dei dilettanti.
Quando si candidò alle primarie del partito repubblicano degli Usa, i liberal-conservatori d’America e d’Italia dissero sghignazzando che era un fenomeno da baraccone, che non sarebbe durato, che gli elettori lo avrebbero rapidamente messo fuori gioco. Quando il “fenomeno da baraccone” cominciò a raggranellare qualche voto di troppo, i liberal-conservatori dissero che era un bancarottiero, un truffatore, un falso repubblicano. Quando il “falso repubblicano” cominciò ad incassare regolarmente più voti di quanti riuscivano ad incassarne i repubblicani benedetti dai Tea Party, allora i liberal-conservatori dissero che lo votavano solo i bianchi ignoranti, falliti, frustrati e pure razzisti (meglio noti come “white trash”: immondizia bianca) che abitano nell’America profonda. Quando decine di migliaia di afroamericani, decine di migliaia di musulmani americani, decine di migliaia di ispano-americani e perfino decine di migliaia di sino-americani, per tacere degli altri, decisero di fare sapere al mondo che anche loro votavano per il presunto razzista e presunto suprematista bianco, allora i liberal-conservatori dissero che non lo votavano solo i “white trash” ma i “trash” di tutti i colori che abitano nell’America profonda e perdente, lontano dalle mille luci di New York e delle altre capitali dell’America vincente, colta e all’avanguardia. Quando l’imbonitore che poteva avere successo solo in provincia non vinse ma stravinse col botto a New York, che è il centro dell’America vincente anzi il centro del mondo, allora i liberal-conservatori dissero che New York non è la vera America, che i valori di New York non sono i veri valori americani, che gli unici valori di New York sono i valori contanti e che il palazzinaro di New York, dopo avere incassato i voti di tutti i “trash” di provincia, passava da incassare anche i voti degli affaristi avidi e disonesti (come Leonardo di Caprio in “The wolf of Wall Street”), degli impudichi single ambosessi sesso-dipendenti e shopping-dipendenti (come le protagoniste di “Sex and the city”) e di ogni sorta di pagani-idolatri che abitano in questa falsa America senza Dio. Ma poi si scopre che nelle vie più cool di Manhattan, dove abitano i pagani avidi promiscui e modaioli, Trump è stato sconfitto da John Kasich, mentre nelle zone più popolari e popolose di New York (Staten Island, Queens, Coney Island e Bronx), dove abita quel popolo che, all’indomani dell’attacco dell’11 settembre, ha mostrato al mondo intero che cosa sono i veri “New York values”, Trump ha ottenuto un consenso plebiscitario (A. Flores d’Arcais, “Ormai non c’è più gara”, Repubblica, 21 aprile 2016). E quelli che liberal-conservatori chiamano gentilmente “spazzatura” sono in realtà quello che si dice persone normali della classe media cui lo stato toglie troppi soldi con le tasse e cui la globalizzazione sregolata toglie posti di lavoro.
Quando il palazzinaro di New York conquistò in cinque stati in una sola volta (Connecticut, Delaware. Maryland, Pennsylvania, Rhode Island), i liberal-conservatori dissero che Trump lo votavano solo gli uomini impauriti dal potere femminile. Quando migliaia di donne di tutti i colori e tutte le classi sociali decisero di fare sapere al mondo che votavano anche loro per il presunto maschilista-sessista (il movimento “Women for Trump” è nato su iniziative delle due sorelle afroamericane Diamond and Silk), allora i liberal-conservatori cercarono di fare credere agli elettori ambosessi che Ted Cruz e John Kasich, gli ultimi due avversari sopravvissuti, avrebbero avuto più probabilità di sconfiggere Hillary a novembre di quante ne avrebbe avute Trump. Quando Trump ha stravinto in Indiana, costringendo Cruz e Kasich a ritirarsi, i liberal-conservatori hanno finalmente gettato la maschera: hanno dichiarato che, pure di non fare vincere Donald Trump, voteranno a faranno votare per Hillary Clinton.
Ma perché tanto odio verso Donald Trump? Nessuno degli argomenti con cui i liberal-conservatori d’America e d’Italia tentano di giustificare il loro odio regge alla prova dei fatti. Di lui continuano a ripetere, come dischi rotti, che è un capitalista clientelare, un bugiardo, un inaffidabile voltagabbana che ha cambiato idea troppe volte, un falso repubblicano, un falso conservatore, un razzista, un abortista convinto, un sessista, uno statalista sovietico, un protezionista, un isolazionista e qualcos’altro. In realtà basta prendersi il disturbo di leggere con attenzione il suo programma, disponibile online dall’inizio della campagna elettorale, ed ascoltare con attenzione i suoi comizi, tutti ampiamente disponibili su youtube, per scoprire che non ha mai mentito e non ha mai cambiato idea su nulla , che è repubblicano e conservatore al cento per cento, che è anti-razzista al cento per cento, che è anti-abortista al cento per cento, che è un anti-statalista al cento per cento, che non è un protezionista e che in politica estera è interventista non meno del compianto Ronald Reagan.
Di Trump imprenditore i liberal-conservatori sostengono che è un campione del cosiddetto “crony capitalism” (che significa commistione tra affari e politica), ed anche un collezionista di fallimenti. Di Trump politico i liberal-conservatori sostengono che ha gli amici giusti, che frequenta i salotti buoni, che gode di ottima stampa… sembra incredibile, ma sono proprio queste le cose che dicono di lui Di quale ottima stampa godrebbe mai, visto che tutti i principali network americani (specialmente da Fox News), tutta stampa americana di sinistra (specialmente dal New York Times), tutta la stampa americana di destra (con la sola lodevole eccezione del New York Post di Rupert Murdoch, che però ha deciso di passare dalla parte di Trump solo all’ultimo momento) lo crivellano di insulti e calunnie dalla mattina alla sera? Quali amici giusti nei salotti giusti avrebbe mai, visto che tutte le lobby che contano e tutti i banchieri che contano (da George Soros – che ha stanziato 15 milioni di dollari per convincere gli ispanici a non votarlo – ai dirigenti della Goldman Sachs, che hanno ricoperto Ted Cruz di milioni di dollari), vogliono metterlo fuori gioco? Mentre i suoi avversari le campagne elettorali se le fanno pagare interamente da tanti buoni amici ricchi e potenti che odiano Trump, invece Trump le sue campagne se le deve pagare quasi per intero di tasca sua, e meno male che qualche dollaro da parte ce l’ha perché i ricchi e potenti non gliene darebbero mezzo. Tanto per avere una idea dei rispettivi budget (e anche per capire se i soldi li spendono meglio i politicanti di professione o gli uomini d’affari), in Indiana Cruz ha speso 5, 4 milioni di dollari in pubblicità anti-Trump per perdere rovinosamente, mentre Trump ha speso solo 900 mila dollari per stravincere. E il “crony capitalist” sarebbe lui, che i suoi quattro fallimenti se li è pagati in proprio fino all’ultimo centesimo, senza ricevere mezzo centesimo dai contribuenti, quando invece tutti i grandi capitalisti italiani i loro fallimenti seriali se li sono sempre fatti pagare dal popolo italiano con la scusa di salvare posti di lavoro? Neanche la stampa economica meno favorevole a lui può nascondere che Trump, nonostante i suoi quattro fallimenti, sia riuscito a costruire edifici importanti e ad incrementare, anche se di poco, il capitale che ha ereditato da suo padre.
I liberal-conservatori sostengono che Trump è sempre stato intimamente favorevole all’aborto e che ha cominciato a fingersi anti-abortista solo di recente, giusto per fregare qualche elettore cristiano in più. Ad esempio, in uno degli spot pro-Cruz e anti-Trump che sono andati recentemente in onda, è stato inserito uno spezzone, tratto da una intervista che Trump ha rilasciato al giornalista televisivo Tim Russert nel 1999, in cui Trump si dichiara “pro-choice”. Ma nel resto dell’intervista, che ovviamente non appare nello spot, Trump ripete più volte che è “inorridito” dall’aborto. Nel 1999 Trump pensava che l’aborto fosse una cosa orribile ma che non fosse possibile costringere una donna a portare avanti una gravidanza contro la sua volontà. Ma nel suo libro The America we deserve, pubblicato nel 2000, Trump ha scritto nero su bianco: «Quando Tim Russert mi ha chiesto… se avrei bandito l’aborto a nascita parziale, il mio istinto pro-choice mi ha portato a dire di no. Dopo lo spettacolo, ho consultato due medici che rispetto e, dopo aver appreso di più su questa procedura, ho concluso che avrei dovuto sostenerne il divieto». E adesso, con buona pace dei liberal-conservatori, Trump ha detto che, a suo parere, i medici che praticano gli aborti meriterebbero il carcere.
I liberal-conservatori sostengono che Trump non solo non vuole rimuovere ma vuole addirittura rafforzare l’Obamacare: un sistema sanitario di tipo socialista che ogni liberal-conservatore che si rispetti deve detestare. Come dischi rotti, ripetono: “Trump ha detto che gli piace il modello di assistenza sanitaria nazionale che hanno in Scozia e Canada perché non fa morire la gente per strada”. Effettivamente, Trump una volta ha detto: «Non ho intenzione di lasciare che le persone muoiano, sedute in mezzo a una strada, in ogni città di questo paese.» Un’altra volta ha detto: «Il modello di assistenza sanitaria nazionale funziona incredibilmente bene in Scozia. Alcune persone pensano che funzioni davvero in Canada.» I dischi rotti si dimenticano che subito dopo Trump ha aggiunto: «Ma non credo che funzionerebbe altrettanto bene qui. Quello che deve accadere – mi piace il concetto di impresa privata che sta arrivando – quello che bisogna creare è sempre più concorrenza». Insomma, Trump pensa che, per non fare morire la gente per strada, non sia necessario consegnare il sistema sanitario allo stato ma al contrario sia necessario strapparlo dalle mani dello stato e liberalizzarlo al massimo. Più liberal-conservatore di così, si muore.
I liberal-conservatori sostengono che Trump odia la globalizzazione economica e sogna una America autarchica come nemmeno l’Italia sotto Mussolini. Quello che è vero, è che Trump nel suo programma ha scritto nero su bianco che gli piacerebbe colpire con adeguati dazi doganali le merci cinesi che entrano negli Usa. Per i liberal-conservatori l’espressione “dazi doganali” è sinonimo di “protezionismo” ed effettivamente fino a poco tempo fa introdurre dazi doganali significava sempre e inequivocabilmente ostacolare il libero scambio fra le nazioni. Ma nessuno finora ha colto che, nella visione di Donald Trump, i dazi non sono strumenti per ostacolare il libero scambio ma, al contrario, per incentivarlo. Sebbene egli stesso non ne abbia piena coscienza, perché gli manca una adeguata formazione filosofica ed economica, la sua visione della globalizzazione è talmente realistica ad essere, a suo modo, rivoluzionaria. Donald Trump è un uomo d’affari, non un filosofo o un economista: egli ha a che fare con la realtà concreta del mercato, non con la teoria del mercato. Ebbene, l’uomo d’affari ha visto quello che i teorici del mercato non vedono, o meglio egli ha visto che quello che i teorici del mercato credono di vedere in realtà non esiste: la fantomatica “mano invisibile” non esiste. Il mercato non ha nemmeno una mano davanti ossia è nudo, come il re. Ancora oggi, la maggior parte dei liberal-conservatori guardano al mercato come i marxisti guardano alla società comunista dell’avvenire: una macchina perfetta in cui nessuno ha bisogno di essere buono. Essi ancora credono che, anche se per ipotesi tutti barassero all’interno del mercato, nessuno subirebbe dei danni perché una misteriosa “mano invisibile” garantirebbe a tutti un beneficio.
In realtà, non c’è bisogno di essere Donald Trump per capire che la Cina ha sempre barato sul mercato internazionale e che le vittime dei suoi bari non ne ottengono nessun beneficio. Distruggere l’industria manifatturiera degli altri paesi inondandoli di merci sottocosto prodotte da gente che vive al limite della schiavitù non è liberalismo: è barbarie. Distruggere l’industria hig-tech degli altri paesi costringendole a condividere con le industrie cinesi i loro segreti industriali non è libero-scambio: è furto. I veri protezionisti sono i cinesi, che bloccano le merci straniere che cercano di entrare in Cina con una serie di strumenti apparentemente legali (come una valuta eccessivamente svalutata) che insieme costituiscono quella che Trump chiama “invisibile grande muraglia di protezionismo”. Non c’è bisogno di essere Donald Trump per vedere queste cose ma Trump le ha denunciate nero su bianco e ha proposto una soluzione: finché i cinesi non avranno messo la testa a posto, bisogna punirli con dazi doganali. La verità che Trump ha capito e molti liberali no è che il mercato globale, per funzionare a pieno regime e a vantaggio di tutti, ha bisogno di regole e chi le trasgredisce deve essere punito. Poi si può anche discutere se i dazi doganali vanno bene come strumenti di punizione, ma resta che chi bara deve essere punito.
I liberal-conservatori sostengono che, riguardo alla politica internazionale, Trump vuole continuare a percorrere la strada, aperta da Obama, del disimpegno progressivo che porta all’isolazionismo totale. Come dischi rotti, ripetono: “Trump ha detto che vuole fare uscire gli Usa dalla Nato, lasciare Putin libero di spadroneggiare in Europa dell’est e consegnare Israele ai suoi nemici.” Dal momento che basta una mezza verità a fare una bugia, e dal momento che queste non sono nemmeno mezze ma al massimo decimi di verità, a questo punto il naso ai liberal conservatori gli cresce davvero. Trump non ha detto che vuole fare uscire gli Usa dalla Nato: ha detto che vuole costringere i partner europei a pagare il conto. Per più di cinquant’anni, gli europei hanno scaricato sulle spalle dei contribuenti americani molto più della metà dei costi di una alleanza militare che è sempre servita più all’Europa che agli Usa. E perché gli americani dovrebbero continuare a pagare uno sproposito per difendere l’Europa, se tutto quello che ottengono in cambio dall’Europa è l’ingratitudine? Invece di ringraziare i militari americani, che stanno lì per proteggerli, un numero crescente di cittadini europei protestano contro la presenza di basi americane sul territorio. Inoltre, basta che un solo aereo militare americano si alzi in volo sul medio oriente perché le piazze europee si riempiano di sfaccendati che sbraitano contro “l’imperialismo americano”. E Trump è troppo buono se, invece di mandare all’aria questa so-called alleanza, si limita a chiedere agli europei di non fare più gli scrocconi, di badare maggiormente a loro stessi dal punto di vista militare e infine di partecipare più attivamente alle missioni concordate.
Per quanto riguarda Putin, a gennaio Trump ha detto addirittura che avrebbe voluto dargli un pugno in bocca e sei giorni dopo Putin ha detto che gli piaceva molto quell’uomo: prendendolo di petto, Trump ha ottenuto il suo rispetto. Per quanto riguarda Israele, Trump una volta ha detto che spera di potere aiutare Israeliani e palestinesi a trovare un accordo di pace duraturo. Mentre i soliti pinocchi liberal-conservatori cercavano di fare credere agli elettori ebrei che “cercare un accordo di pace duraturo” fosse sinonimo di “permettere ai palestinesi di distruggere Israele”, Trump dichiarava che gli Usa dovrebbero schierarsi più risolutamente a fianco di Israele e stracciare il disastroso accordo sul nucleare con l’Iran (discorso all’Aipac), mentre gli israeliani dovrebbero impedire con tutti i mezzi la nascita di uno stato palestinese indipendente e continuare a espandere gli insediamenti in Cisgiordania: «Migliaia di missili vengono lanciati in Israele. Chi potrebbe resistere a questo? Chi potrebbe tollerarlo? (…) Mi piacerebbe negoziare la pace. Ma vorrei una pace duratura, non una pace che dura due settimane e poi ricominciano i lanci di missili».
Quando ha detto che la guerra in Afghanistan e in Iraq voluta da George Bush è stata controproducente, Trump ha fatto infuriare non soltanto tutti i membri la famiglia Bush ma anche i neoconservatori, veri teorici della dottrina Bush. Divenuti i principali animatori del fronte “Never Trump”, i Bush e i neoconservatori si sono dati la missione di convincere l’elettorato che Trump è un isolazionista. In realtà, Trump si è limitato a dire quello che tutti pensano anzi vedono: il regime di Saddam era meglio del califfato del Daesh. Nella splendida teoria dei neoconservatori, la guerra di Bush avrebbe dovuto portare la democrazia in Afghanistan e in Iraq, nella prosaica realtà ha destabilizzato la regione, preparando la strada all’affermazione dello stato islamico (anche quando le truppe americane non si erano ancora ritirate, l’Iraq era in preda al caos). Che le guerre di Obama e Hillary Clinton siano state addirittura più disastrose di quelle di Bush, Trump non avrebbe nemmeno bisogno di dirlo perché nessuno pensa il contrario. In ogni caso, Trump non pensa che gli Usa non dovrebbero più intervenire in medio oriente: pensa che dovrebbero intervenire meglio, vincendo le guerre. Se Obama tappa la bocca alle vittime dell’’11 settembre pure di tenersi buoni i sauditi, invece Trump ha annunciato che, se diventerà presidente, renderà pubblici tutti i segreti di stato sull’11 settembre (leggi: rivelerà che dietro gli attentati c’era l’Arabia Saudita) e tratterà questi falsi alleati che finanziano i terroristi come si deve. Se Obama più di qualche sporadico drone non manda, Trump vuole mandare le truppe di terra contro lo stato islamico… Dov’è che avevo letto che la dottrina Trump è indistinguibile dalla dottrina Obama? Ah, sì, sul Foglio.
A quelli che Trump è come Obama, giro direttamente le parole di Trump: «Siamo una nazione umanitaria ma l’eredità degli interventi di Obama e Hillary sono debolezza, confusione e scompiglio: un pasticcio. Abbiamo reso il medio oriente più instabile e caotico come mai prima. Abbiamo lasciato che i cristiani fossero soggetti ad una intensa persecuzione e perfino genocidio. (…) Le nostre azioni in Iraq, Libia e Siria hanno contribuito a sparpagliare l’Isis. Siamo in guerra con l’islam radicale ma il presidente Obama non vuole nemmeno nominare il nemico e a meno che tu non nomini il nemico non potrai mai e poi mai risolvere il problema. (…) Dopo il fallimentare intervento del segretario Clinton in Libia, i terroristi islamici a Bengasi hanno distrutto il nostro consolato e ucciso il nostro ambasciatore e tre coraggiosi americani. (…) E ora l’Isis fa milioni e milioni di dollari a settimana vendendo il petrolio libico e sapete cosa? Noi non blocchiamo gli aiuti, non bombardiamo, non facciamo nulla. E’ come se la nostra nazione quasi non sapesse nulla di quanto sta succedendo, come se non sapesse che cosa potrebbe essere un fatto e quello potrebbe essere vero» (Youtube).
Riepilogando, vuole tenere in vita la Nato, difendere Israele, asfaltare la Siria e la Libia, puntare una pistola alla tempia degli infidi sauditi. Tutto qui? No: vuole anche fare paura alla Cina. Trump ha capito che la Cina entro dieci anni diventerà una pericolosa superpotenza, un nuovo “impero del male” che minaccerà il mondo libero e non vuole che gli Usa si facciano trovare impreparati. Per questo, propone di rafforzare la presenza militare americana nel sud est asiatico. E sta anche considerando di fornire armi nucleari al Giappone e alla Corea del sud, direttamente minacciate dalla Cina e dalla Corea del nord, che Trump sa essere segretamente sostenuta dalla Cina. Isolazionista?
Ma Donald Trump può dirsi liberal-conservatore? In breve, il liberal-conservatorismo è il contrario del marxismo. Se marxisti vogliono che lo stato controlli ogni ambito della vita sociale (non soltanto esercito e infrastrutture ma anche economia istruzione, sanità e quant’altro) invece i liberal-conservatori mirano a ridurre l massimo le dimensioni dello stato e ad incentivare al massimo la libera iniziativa privata, che si esprime sul mercato. Se per i marxisti le leggi dello stato devono sostituire le leggi morali, invece per i liberal-conservatori le leggi dello stato devono essere conformi alla legge morale e ai diritti umani (diritto alla vita, alla proprietà e alla libertà). Quindi, non può dirsi liberal-conservatore chi non vuole ridurre le dimensioni dello stato, la spesa pubblica e le tasse. Ebbene, Trump vuole strappare la sanità dalle mani dello stato e dimezzare le tasse per la classe media e per le imprese ed inoltre mira ad abbattere lo spaventoso debito pubblico accumulato dalle precedenti amministrazioni. Non può dirsi liberal-conservatore chi non vuole incentivare la libera iniziativa privata e al libero scambio. E come abbiamo visto, Trump vuole punire quanti barano sul mercato globale al fine di fare funzionare meglio il libero scambio. Oltre a non essere né statalista né protezionista, Trump ha pure un valore aggiunto: ha capito che il “riscaldamento globale” non è un fenomeno reale ma soltanto una leggenda ecologista con risvolti marxisti (perché la causa prima del presunto “riscaldamento globale” sarebbe, guarda caso, lo sviluppo industriale capitalistico). Non può dirsi liberal-conservatore chi non è contrario all’aborto (che viola apertamente il diritto alla vita dei nascituri) e a tutte le altre leggi e pratiche che violano i diritti umani fondamentali e la morale. E come abbiamo visto Trump è anti-abortista e pro-life al cento per cento. Non può dirsi liberal-conservatore chi non caldeggia politiche fortemente repressive del crimine (che viola i diritti umani dei cittadini) e il ferreo controllo dell’immigrazione (che è strettamente connessa al crimine). E su questo punto Trump è più avanti di tutti, dal momento che propone di blindare le frontiere e di rafforzare i corpi di polizia. Non può dirsi liberal-conservatore chi non è convinto che sia interesse degli Usa (e per estensione dell’Occidente) diffondere i valori occidentali e combattere contro la barbarie in ogni angolo del mondo, anche con le armi. E come abbiamo visto, Trump è anti-isolazionista. Se Reagan aveva capito che il compito affidato dalla storia agli Usa era di sconfiggere il comunismo, Trump ha capito che il compito affidato dalla storia agli Usa è di sconfiggere quel nemico che Obama e Hillary Clinton non vogliono nemmeno nominare: “radical islam”.
In conclusione, Trump vuole sopprimere l’Obamacare, ridurre le tasse, fare funzionare meglio il mercato globale, vietare l’aborto, usare il pugno di ferro contro il crimine e l’immigrazione clandestina e infine combattere contro l’islam radicale con la stessa determinazione con cui Reagan ha combattuto contro il comunismo. In che senso non sarebbe un vero liberal-conservatore? Dal momento che i suoi nemici non possono più negare che lo sia, tirano fuori l’ultimo argomento, quello della disperazione: Trump è stato incaricato dai democratici di infiltrarsi nel partito repubblicano e inoculare al suo interno una imitazione anzi una caricatura del liberal-conservatorismo al fine di distruggere il partito e fare vincere i democratici per i prossimi cent’anni. Come prova a sostegno di questo sgangherato argomento, i liberal-conservatori ricordano che Trump alla scorse elezioni ha finanziato la campagna della Clinton contro Obama. Dimenticano che Trump, come ogni altro grande uomo d’affari, nel corso dei decenni ha finanziato candidati di entrambi i partiti solo perché, come ogni altro grande uomo d’affari, deve cercare di non inimicarsi né un partito né l’altro. E dimenticano che negli anni ottanta sostenne apertamente e incontrò più volte Reagan. Ma se lo scopo di Trump era vincere le primarie per fare vincere la Clinton alle presidenziali, pare stia mancando il bersaglio, visto che secondo i sondaggi fra la Clinton e Trump c’è un distacco minimo e oltretutto Trump è sempre più spesso sopra la Clinton. A questo punto i suoi nemici liberal-conservatori dichiarano apertamente che, pure di non fare vincere Trump, voteranno e faranno votare per la Clinton.
Ma perché odiano Trump al punto da tifare per gli avversari? Come abbiamo visto, non uno degli argomenti accampati dagli anti-trumpisti in servizio permanente regge alla prova dei fatti. Più che argomenti, sono bugie. Probabilmente, i politici di professione che hanno fatto carriera all’interno del partito repubblicano non possono sopportare che un parvenu proveniente dal mondo degli affari abbia più successo di loro nel campo della politica. Intanto, i giornalisti degli altri paesi, invece di leggersi il programma di Trump e ascoltare direttamente quello che Trump dice, prendono per buono quello che di Trump dice la stampa dell’area repubblicana, che riceve dai membri del partito l’ordine di linciare Trump. D’altra pare è già successa una cosa simile: nello scorso decennio i giornalisti stranieri scopiazzavano gli articoli di Repubblica contro Berlusconi, senza sapere nulla di lui né del suo programma.
Ma in conclusione, la campagna di diffamazione in stile orwelliano, senza precedenti nella storia umana, di cui è oggetto Donald Trump spinge i liberal-conservatori di tutto il mondo a sostenere apertamente la Clinton. In altri termini, pure di non fare vincere uno che in ogni caso potrebbe fare qualche cosa per porre fine all’olocausto abortista, appoggiano una che sostiene attivamente quella fabbrica degli aborti che ha nome di Planned Parenthood. Pure di non fare vincere uno che in ogni caso potrebbe fare qualche cosa per fermare il genocidio dei cristiani in medio oriente, appoggiano una che in medio oriente ha combinato solo disastri e che non ha mai avuto la benché minima intenzione di fermare il genocidio dei cristiani.
Cari liberal-conservatori d’America e ‘Italia, probabilmente pensate che, pure di salvare l’onore del partito repubblicano, minacciato dal parvenu biondo, valga la pena lasciare che altre decine di migliaia o forse milioni di bambini non nati siano risucchiati dai frullatori usati dai medici della Planned Parenthood e che altre decine di migliaia o forse milioni di cristiani siano sgozzati e decapitati dai jihadisti. Ma non vi vergognate?
Foto Ansa
Articoli correlati
8 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Ho sempre detestato i vari obama,i coniugi clinton e i due bush,Trump è sicuramente migliore di costoro,se dovesse vincere sarà un bene anche per l’Europa,se pensiamo che l’alternativa potrebbe essere hillary,poi…..Grazie a Giovanna Jacob per l’articolo.
Un tempo inneggiavate al Banana di Arcore. Oggi a a Trump. Quantomeno siete coerenti nel fascino che su di voi esercitano i miliardari evasori, puttanieri, maschilisti, con il parrucchino. Chapeau.
Si, è vero.
E’ un “chapeau” che mi merito.
Perché, non ho mai provato alcun fascino per i nazi-comunisti, i “republicones” e i paraculi del politicamente corretto, che condannano i puttanieri e ne fan peggio di loro, che dicono che le tasse son belle e le fan pagare agli altri, che schiattano sotto il loro peso.
Che stanno con la “ggente” e che parlano di povertà e di terzomondismo su cui fan soldi a palate.
Che “chiagnono e fottono”.
Che sono manettari con i nemici e garantisti con la pletora dei loro indagati.
Tanto loro non han problemi.
Fan parte delle clientele del governo Renzi.
Sì, davvero mi merito un grande “chapeau”!
Per non far parte di quella feccia.
Ecco, appunto…..quando si dice che il frutto non cade mai lontano dall’albero.
Non come i frutti dei “republicones” che cadono sempre lontano dal loro albero.
Infatti vanno a impestare sempre i territori altrui.
CVD
CVD
Grazie, Giovanna Jacob. Finalmente parole chiare e un’analisi seria su Trump. Non ne ho viste altre in circolazione, nemmeno purtroppo su stampa cattolica. Complimenti.