
Emergenza educativa: “Tessere legami” tra scuola e In-Presa è un progetto possibile
È il primo operatore mondiale nel settore alberghiero. Ha oltre 3.500 hotel in 92 paesi e da quattro anni ha deciso «non di supportare, ma di collaborare con la cooperativa sociale In-Presa», spiega Renzo Iorio, Ad di Accor Italia, nella sede della cooperativa di Carate Brianza (Mb).
LA PASTICCERIA A SCUOLA. Il risultato di anni di impegno comune per inserire i ragazzi nel mondo del lavoro, alternandolo alla scuola, è stato tale da portare Fondazione Accor a decidere di inserire In-Presa nel progetto mondiale “tessere legami”, per sensibilizzare i territori dove l’azienda è presente. E così di finanziare l’acquisto di macchinari per il nuovo Laboratorio Pasticceria di In-Presa che sarà operativo dalla primavera prossima: «L’idea è quella di creare uno spazio commerciale in cui i ragazzi possano vedere che il loro prodotto arriva ad un cliente reale, verificando che è competitivo sul mercato e quindi di valore», spiega Davide Bartesaghi, ad di In-Presa. «Ma questo è un bene anche per noi», continua Marie Caroline Bizet, Direttore delegato della Fondazione Accor, mentre consegna un assegno da 40 mila euro a Bartesaghi. Perché si parla di collaborazione e non di beneficenza, Bizet lo spiega così: «Abbiamo scelto In-Presa perché risponde esattamente alla nostra mission, che non si concretizza spiegandola ma facendola vivere ai nostri dipendenti. Riteniamo che per rispondere ai bisogni dei clienti e servirli con gratuità sia necessario, innanzitutto, vivere legami di generosità tra di noi. In questa scuola ho visto proprio questo in atto: le persone sono legate. Ciascuno ha il suo ruolo, ma collegato a quello altrui. Stando con voi impariamo, non a parole ma nell’azione, questa dinamica».
LA BELLEZZA CONTRO IL PARCHEGGIO. A spiegare perché questa collaborazione sia «stata fra le più educative, secondo la nostra idea di scuola», è Chiara Frigeni, coordinatrice didattica del corso di Alternanza scuola lavoro di In-Presa. «Noi siamo qui per lanciare i ragazzi nel mondo, gente che per la quale si pensa non ci sia spazio nel mondo». Ad In-Presa, infatti, vengono accolti quelli che normalmente nessuna scuola vuole, quelli che sono definiti “a rischio di disagio sociale”. Frigeni incalza la platea degli imprenditori spiegando che «quando arrivano qui, i ragazzi puntano a non disturbare forse pensando di farci contenti. Il contrario di quello che vogliamo da loro». Che è, come diceva la fondatrice di In-Presa, Emilia Vergani, morta nel 2000 prima che la sua opera si espandesse tanto, di «fargli provare di più della bellezza della vita». E non solo di farli studiare per trovargli un lavoro.
IL MENU’ A CHILOMETRO ZERO. Frigeni spiega proprio in quest’ottica il successo di «questo progetto, in cui Accor ha chiesto ai ragazzi di presentare un menù a km zero per il loro mercato: la proposta li ha messi in moto. Vedendosi chiamati a fare consulenza ad attori reali hanno liberato risorse incredibili. Non solo, il fatto che dovessero moltiplicare le quantità, quando il menù era per più persone, li ha portati a chiedere al professore di matematica il modo con cui bisognava calcolare le dosi. Poi hanno capito che per convincere i clienti era importante sapere presentare il prodotto. Quindi hanno chiesto aiuto al professore di italiano. Questo è stato importantissimo, perché hanno capito che se si ama qualcosa tutto diventa interessante per conocerlo. I ragazzi hanno compreso che la conoscenza non va divisa in settori ma che è una, che nulla è estraneo e tutto serve se c’è lo scopo». Ma se questa è l’esperienza che più ha educato In-Presa, Frigeni non ha timore a ricordare il guadagno di Accor: «Cosa significa questo per un’azienda? Significa personale formato secondo le vostre esigenze. Personale per cui il lavoro non è un peso, ma una possibilità di esprimersi».
GIA’ QUATTROCENTO CLIENTI. Iorio conferma con i risultati: «Il loro menù ha funzionato, tanto che ora 400 dei nostri clienti lo hanno già scelto. Ma quello che i ragazzi insegnano di più a noi, tentati di non dare il massimo perché in un posto confortevole, è di metterci in discussione. Questi sono giovani che decidono, contro tutta la mentalità che finora li aveva circondati, di riprovare a scommettere su di sé perché qualcuno scommette su di loro e così liberano risorse enormi. Noi vogliamo imparare questo metodo». C’è una frase che lo racchiude tutto. Che secondo Bartesaghi dice anche della radice sempre in crescita piantata da Emilia Vergani: «Ci ha scritto un ragazzo: “Quest’anno ho avuto parecchie soddisfazioni, come, ad esempio, tutti i bei voti che ho preso… La soddisfazione più grande è che qualcuno finalmente si è fidato di me!”».
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