
Elon Musk può finalmente fare scoppiare la bolla di Twitter?

«Non vedo l’ora di lavorare con il consiglio di amministrazione per apportare miglioramenti significativi a Twitter nei prossimi mesi», ha twittato martedì Elon Musk dopo essersi comprato il 9,2 per cento del social network, diventandone il primo azionista. Alcuni giorni prima aveva lanciato un sondaggio tra i suoi 80 milioni di follower, chiedendo se se secondo loro Twitter garantisce la libertà di parola, e specificando: «Le conseguenze di questo voto saranno importanti. Per favore, votate con attenzione».
La bolla di sinistra di Twitter e il clima isterico che crea
Il 70 per cento degli oltre due milioni di votanti ha detto che no, Twitter non garantisce libertà di parola a tutti. «Dato che Twitter funge de facto da piazza pubblica, il mancato rispetto dei principi della libertà di parola mina fondamentalmente la democrazia», aveva twittato un mese fa il fondatore di Tesla e SpaceX. «Musk non ha rivelato la sua agenda per l’azienda, ma per ora considereremo questo un momento di speranza per i discorsi politici e i dibattiti sempre più censurati dai giganti tecnologici americani», ha scritto in un editoriale non firmato il Wall Street Journal. Dopo avere cercato di investire in una piattaforma rivale, Musk ha capito che il modo migliore di cambiare il social fondato da Jack Dorsey era farlo dall’interno.
Pur non avendo i numeri di Facebook, e registrando da tempo una crescita sempre più lenta di nuovi utenti, nell’ultimo decennio Twitter è diventato sempre più influente, contribuendo a creare il clima isterico in cui viene plasmato il dibattito pubblico, con una caratteristica ben evidente: le idee maggioritarie in timeline appartengono al pensiero progressista e di sinistra. Il paradosso è che Twitter appare come una bolla quasi sempre sganciata dalla realtà, dove giornalisti, politici e influencer mettono quotidianamente all’indice i non allineati, sputtanano chi ha idee diverse, difendono i “loro” fino al parossismo, chiedono censure e licenziamenti e fanno sapere la propria opinione con fare definitivo su qualunque argomento, di fatto suonandosela e cantandosela tra loro: eppure è da lì che passa gran parte del discorso pubblico oggi.
Il coraggio di Elon Musk
Come la maggior parte dei grandi imprenditori, Musk non ha idee politiche particolarmente coerenti né, ironizza lo Spectator, «passa le sue giornate a rileggere Hayek e Rawls», ma è culturalmente un libertario di destra. Cosa farà con il suo 9,2 per cento di Twitter, costatogli circa 3 miliardi di dollari? Difficile che stia con le mani in mano, non inverosimile che tenti una scalata (il 100 per cento gli costerebbe più o meno 30 miliardi, che su un patrimonio di 270 quasi non si sentono), probabile che cerchi da subito di cambiare qualcosa, in senso libertario. Il Ceo di Twitter, Parag Agrawal, ha sottolineato come Musk creda molto nella piattaforma e nel frattempo sia critico, «che è proprio ciò di cui abbiamo bisogno».
Nelle grandi aziende tecnologiche americane si stanno faticosamente rendendo conto dei pericoli che corrono a fare le ancelle della polizia woke, nota ancora il Wall Street Journal, ma i loro dirigenti sono troppo complici o troppo spaventati per fare qualcosa. Se c’è una qualità che a Musk non manca, quello è il coraggio di dire quello che pensa. Fino a che punto gli sarà permesso di intervenire non è prevedibile. Un test immediato è quello di vedere se alcuni account di personaggi o testate non di sinistra sospesi o cancellati potranno tornare a twittare (compreso Donal Trump). L’arrivo di questo visionario utopista libertario dentro al social network più politicamente corretto del mondo potrebbe rompere il giocattolino che piace tanto al mondo liberal. E questo non può che essere un bene.
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