Squalo chi legge

Elly, prevedibilissima “imprevista”

Di Andrea Venanzoni
29 Settembre 2024
Quelle scritte dalla Schlein in dialogo con Susanna Turco sono duecentotrentotto pagine telefonatissime, tutte fradice della solita aria da “underdog” con cui ci aveva già annoiato la Meloni, figuriamoci Miss Pd
La segretaria del Pd Elly Schlein e Susanna Turco in piazza Vittorio, Roma, per la presentazione del libro “L’imprevista. Un’altra visione del futuro”, 10 Settembre 2024
La segretaria del Pd Elly Schlein e Susanna Turco in piazza Vittorio, Roma, per la presentazione del libro L’imprevista. Un’altra visione del futuro, 10 Settembre 2024 (foto Ansa)

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Non so nemmeno io perché sia qui a parlarvi di L’imprevista. Un’altra visione del futuro (Feltrinelli), libro di Elly Schlein in dialogo con la giornalista de L’Espresso Susanna Turco, fresco fresco di stampa.

Forse sarà un atto di masochismo o la ricerca esasperante di oscure bizzarrie che ha da sempre contraddistinto la mia esistenza, fatto sta che nel rifiuto dei libri scritti (direttamente o per interposta persona) dai politici sono dolentemente ed ecumenicamente da sempre antipolitico: li trovo vacui, inutili, delle banane da mettersi sopra il cappello per poter poi dire “politico e scrittore”, titolo quest’ultimo che non si nega a nessuno ormai, considerando pure che già gli scrittori-scrittori attuali fanno, sovente, raccapriccio.

Mai pensato alla politica come mestiere, ovvio

A me la Schlein starebbe pure simpatica, di certo molto più di Roberto Speranza del quale recensii, più per interesse antropologico che altro, il celebre capolavoro letterario. Il libro della Schlein, telefonatissimo nonostante il titolo o forse proprio per quello, mi sta molto meno simpatico.

Per tutte le duecentotrentotto pagine si respira una artificiosissima aria da “underdog”, che già ha ampiamente annoiato con la Meloni e le sue tiritere, figuriamoci volendola riproporre adesso dall’opposizione.

La Schlein, confida, non avrebbe mai pensato di fare della politica la sua professione, è nato tutto quasi per caso, per una demiurgica e cosmica concatenazione di eventi e fattori; peccato che la pagina dopo, una pagina dopo, non venti o trenta ma proprio la pagina dopo, si legga che «il 2008 è stato l’anno della mia prima elezione in Consiglio di facoltà, a Giurisprudenza», mentre l’anno dopo la Schlein va a fare la volontaria a Chicago per Obama. Le tipiche attività di chiunque non abbia mai pensato che la politica sarebbe potuta divenire professione.

Una feticistica “settimana con Obama”

Naturalmente, diciamolo subito, la forma scelta per il testo, quella del dialogo-intervista-memoir, è infelicissima. Tradizione letteraria antichissima e che pure nella contemporaneità ha dato qualche frutto sublime, però per produrlo devi essere il Cioran, e i relativi conversatori, di Un apolide metafisico e non, sia detto con grandissimo rispetto, la Schlein e la Turco e una panoplia di biografismo intimista da cortile di casa coperto di neve, questa roba c’è davvero, e la «visione del futuro».

La visione del futuro, però, solo se sei James Graham Ballard o William Gibson, perché i progetti di società enucleati dai politici nei loro libri sono meno sostanziosi in genere dei libri di Francesco Totti, e di certo contengono molta più retorica.

Non so nemmeno dire quale parte sceglierei per far comprendere a un ipotetico lettore di cosa stiamo parlando, però ecco, se proprio costretto, indicherei il capitolo “Una settimana con Obama”, che già dal titolo promette scenari sospesi tra commedia all’americana di quelle con John Candy, i Vanzina e la permanente infatuazione che da Veltroni in poi ha costituito la feticistica ossatura di una cospicua parte della sinistra italica.

«Te sei la nuova sinistra», disse Iva Zanicchi

C’è poi in tutto questo un problema stilistico-narrativo non da poco: il libro non è una intervista ma un dialogo che finisce per intermezzare la prima persona singolare, nella prospettiva soggettiva della Schlein, e l’utilizzo della terza persona quando sarebbe in ipotesi la Turco a scrivere: il risultato in alcuni passi però è di suonare come se Elly Schlein stesse parlando di sé in terza persona.

Risparmiandovi il lirismo memorialistico della già citata neve che scende sui profili assopiti dei cortili, c’è la lunga marcia di Elly, “La strada che va in su”, verso e poi dentro il Pd, la mozione Civati, cosa che fa molto Pippo Kennedy Show, Occupy Pd, la difficilissima convivenza con Renzi, e chissà cosa ne dirà il fu-Rottamatore ora che si cercano nuove sintesi politiche e un precipitoso ritorno alla casa del padre.

Io invece ho amato il passaggio «facevamo cose pazze, anche cose da nerd», con Iva Zanicchi che spunta fuori in una comune ospitata tv e insignisce dello scettro progressista la Schlein declamando: «Eh ma tesoro, te sei la nuova sinistra».

Una “cittadina d’Europa” vs i sovranisti

Subito dopo ci sono Cristina D’Avena e il Manifesto di Ventotene, e sia detto che io reputo cosa molto più seria la D’Avena di Spinelli, e qui d’altronde sotto gli auspici di Iva Zanicchi e Cristina D’Avena entriamo nel mood “cittadina d’Europa”.

Perché un leader politico che si rispetti quando si approccia all’Unione Europea mica può solo snocciolare la sua pragmatica visione delle istituzioni, no, deve connettersi con qualche spunto biografico, personale, per far intendere che l’Europa è più che un destino, è una entità quasi biologica che abbiamo nel sangue e nella carta d’identità, quando riusciamo a farla o rinnovarla.

Poi naturalmente non mancano le tirate contro le grette destre nazionaliste che guardandosi solo l’ombelico finiscono per danneggiare i loro paesi; d’altronde, dicono la Schlein e la Turco – non so più distinguere le due in effetti, un po’ come in Society di Yuzna –, se ungheresi e polacchi tirano su muri e l’Italia resta isolata fanno male Giorgia Meloni e Matteo Salvini a lodare quelle iniziative che poi si riverberano negativamente sull’Italia. Il punto, e il problema, è che quelle identiche cose andrebbero fatte pure in Italia, non che le facciano gli altri. Giorgia Meloni è stata votata per quello.

Poteva mancare Michela Murgia?

Immancabili le pagine su immigrazione, coi casi Ong e Riace in bella mostra, le pagine sul femminismo, nella sua declinazione post-strutturalista, con tanto di endorsement di Michela Murgia che si capiva subito fosse suo nonostante il trick di metterne il nome la pagina seguente; si capiva subito trattarsi della Murgia perché era una paginetta che cariava i denti per quanta bolsa retorica conteneva, sprigionata da ogni singola parola.

Ed ecco, in questo c’è la cifra esatta della sinistra attuale e, più in generale, della politica contemporanea: il nulla con la fuffa dipinta di rosa attorno.

Per fortuna ho preso pure il nuovo di David Quammen.


Copertina di “L’imprevista”, libro di Elly Schlein e Susanna Turco


Elly Schlein con Susanna Turco, L’imprevista. Un’altra visione del futuro, Feltrinelli, 2024


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