
Elezioni presidenziali Usa. Attenti a dare Trump per spacciato

È cominciata ieri sera a Charlotte, in North Carolina, la convention repubblicana che ufficializzerà Donald Trump come candidato per le elezioni presidenziali del 3 novembre negli Stati Uniti. A guardare i sondaggi, il presidente uscente sembra non avere speranze: il suo rivale democratico, Joe Biden, è avanti di nove punti percentuali. Ma anche quattro anni fa, nel 2016, Hillary Clinton era avanti di nove punti e alcune rilevazioni mostrano che dare già Trump per spacciato sarebbe un errore.
TRUMP RECUPERA TRA BIANCHI E ISPANICI
Quattro anni fa, scrive il Wall Street Journal, i votanti che avevano un’immagine negativa di Trump superavano di 33 punti quelli che ne avevano una positiva. Oggi il distacco si è ridotto al 12 per cento. Nell’elettorato bianco, che rappresenta oltre il 70 per cento del totale, i votanti che hanno un’immagine negativa e positiva di Trump quasi si equivalgono, mentre quattro anni fa i primi superavano i secondi di circa il 20 per cento.
Anche tra gli ispanici il gradimento di Trump è cresciuto di tre punti rispetto a quattro anni fa (31% contro il 28), mentre tra gli indecisi, che rappresentano il 13 per cento dell’elettorato, di ben 11 (22% contro 11 nel 2016). Inoltre, il 48 per cento degli elettori ritiene che il repubblicano sia il miglior candidato per far fiorire l’economia americana e nonostante questo assicurano che non lo voteranno alle elezioni di novembre. Il tycoon, ovviamente, mira a far cambiare loro idea ora che la campagna elettorale entra davvero nel vivo.
CORTE SUPREMA, RITIRO DEI SOLDATI, IMMIGRAZIONE
Sondaggi a parte, che a oltre due mesi dal voto sono ancora poco affidabili, Trump avrà buon gioco a insistere su un tema cruciale. «Sono il solo candidato che vi ha dato più di quanto promesso in campagna elettorale. È così. Sono l’unico ad averlo fatto, forse nella storia», ha dichiarato il presidente a un convegno in Arizona la scorsa settimana. Il tycoon ovviamente esagera, com’è nel suo stile, ma secondo un’analisi dell’Associated Press non si discosta poi così tanto dalla verità.
Trump aveva innanzitutto promesso di nominare due giudici di area conservatrice alla Corte Suprema e lo ha fatto scegliendo Neil Gorsuch and Brett Kavanaugh. Aveva anche assicurato che avrebbe ritirato i soldati americani da «inutili guerre combattute a migliaia di chilometri di distanza da casa». Per quanto riguarda l’Iraq, quest’anno quattro basi militari sono passate sotto il controllo iracheno e centinaia di soldati americani, su 5.200, sono rientrati in patria. L’obiettivo del presidente è di ridurre della metà il contingente Usa su suolo iracheno. In Afghanistan, le truppe americane dovrebbero passare da 8.000 a 4.000 entro novembre.
Anche sul terzo tema forte, l’immigrazione, il presidente americano ha sostanzialmente mantenuto quanto promesso. Se il Messico non ha in realtà mai pagato «per il nostro grande, bellissimo muro», i primi 700 chilometri (su 3.000) di fortificazioni saranno completati entro dicembre. Trump è anche riuscito a cambiare il sistema di asilo, rendendo più difficile l’ingresso negli Stati Uniti, soprattutto da paesi islamici, anche se non ha mai «deportato milioni di persone», come annunciato nel 2016.
SANITÀ, ECONOMIA, “AMERICA FIRST”
In ambito sanitario, se ha cancellato l’obbligo introdotto da Barack Obama di acquistare un’assicurazione sanitaria, Trump non ha mai presentato come garantito un’alternativa per rimpiazzare l’Affordable Care Act. Per quanto riguarda l’economia, il radicale taglio delle tasse promesso è stato applicato (anche se leggermente annacquato) e negli ultimi quattro anni, pur non avendo raggiunto la crescita di oltre il 3,5 per cento di media del Pil come promesso, ha comunque sfiorato il 3.
Chi ha votato Trump appoggiando la linea nazionalista “America First” in ambito commerciale e internazionale, è rimasto soddisfatto. Trump ha rinegoziato in meglio per gli Usa il trattato commerciale Nafta, è uscito dal Tpp, dal Consiglio Onu per i diritti umani e ha interrotto il finanziamento dell’Organizzazione mondiale per la sanità. Ha inoltre dichiarato una guerra commerciale senza precedenti alla Cina, senza riuscire però a migliorare l’ultra negativa bilancia commerciale con il Dragone, osteggiando e imponendo nuovi dazi all’Unione Europea.
È TROPPO PRESTO PER IL REQUIEM
Infine, ha aiuto economicamente come promesso i cristiani perseguitati nel Medio Oriente e cancellato i finanziamenti federali all’aborto, sostenendo apertamente la Marcia per la vita, alla quale ha partecipato fisicamente quest’anno (prima assoluta per un presidente americano), e la libertà religiosa.
Per tutti questi motivi, spiega l’Ap, Trump ha molte carte da giocare e da rivendicare nella corsa presidenziale. Per quanto si trovi in svantaggio, non è un segreto per nessuno che lo sfidante, Joe Biden, non ecciti l’elettorato democratico e americano in generale. Le forti antipatie verso Trump, insieme a una gestione caotica dell’epidemia da nuovo coronavirus, unite alle recenti proteste anti-razziste, potrebbero spingere la maggioranza degli americani a votare comunque l’ex vicepresidente di Obama. È ancora troppo presto, però, per recitare il requiem al presidente uscente.
Foto Ansa
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