
Elezioni. I due errori dell’elettore cattolico

«Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio»: così san Paolo (Rm., 7,19) ha magistralmente sintetizzato la dilacerante consunzione dello spirito e dell’intelligenza che ogni cristiano prova su se stesso nella sua divaricante consapevolezza di voler fare il bene senza riuscirci e di evitare il male in cui, invece, indulge fin troppo perché più facile, più ammaliante, più seducente.
Il cristiano, insomma, secondo san Paolo è vittima di un doppio errore: non riuscire nel bene e riuscire invece nel male.
In questa stessa, precisa, identica direzione si muove ogni buon cattolico dinnanzi alla sfida elettorale che attende l’Italia nel prossimo settembre 2022, poiché ciascuno vorrebbe evitare il male e compiere il bene (che tale è anche in senso sociale e politico).
Il cattolico tra sé e sé
Tuttavia, se già il buon cattolico è normalmente disorientato per le sue vicende personali diventa ancor più confuso dinnanzi alle competizioni elettorali, compiendo due speculari errori mortali che ne esprimono la precaria condizione politico-esistenziale.
Da un lato, dice un cattolico tra sé e sé, è meglio votare forze politiche che possano rispecchiare l’amore e il rispetto, l’integrazione e la tolleranza, cioè le forze cosiddette progressiste in grado di assicurare più diritti, più libertà, più coesione sociale diversamente dalle altre fondate sull’individualismo e sull’egoismo che con il cristianesimo non hanno nulla in comune; dall’altro lato, dice un altro cattolico tra sé e sé, è meglio votare forze politiche, destinate anche ad avere basse percentuali, dalla tipica connotazione cristiana, perché soltanto così l’identità cristiana, i valori della tradizione e la verità potranno essere tutelati davvero.
Insomma, secondo alcuni cattolici il bene può essere perseguito scegliendo quelle forze che pur non essendo cattoliche nella forma e nella sostanza, perseguono comunque valori e finalità cattoliche, mentre secondo altri cattolici soltanto votando forze dalla chiara matrice cattolica si può evitare il male.
Ingenuo progressismo
Gli uni e gli altri, tuttavia, si trovano in errore, pur senza saperlo, pur senza avvertirlo e, forse, pur senza essere in grado di comprenderlo.
Chi da cattolico accorda la propria preferenza elettorale a forze progressiste tradisce tutta la sua ingenuità sul fatto che progressismo e cattolicesimo possano essere ritenuti tra loro compatibili, dimenticando per un verso che l’idea attuale di progresso che anima le forze progressiste – in Italia come all’estero – si fonda su una radicale negazione della creaturalità dell’uomo e quindi dei suoi limiti umani e naturali secondo l’ordine del creato impresso dal Creatore.
Di qui tutto l’armamentario progressista relativo al poter disporre della vita umana prima della nascita tramite le tecniche di procreazione assistita o tramite l’aborto o dopo la nascita tramite l’eutanasia e il suicidio assistito, al poter cambiare sesso e genere secondo le preferenze momentanee, al poter distruggere l’alleanza generazionale creando sistemi economico-sociali che impediscano la formazione di una famiglia multigenerazionale ecc.
La convinzione di poter mettere insieme i valori cristiani con quelli dell’attuale progressismo, dunque, è del tutto grottesca poiché in diretto contrasto sia con i principi fondamentali del progressismo (secolarismo, antropocentrismo, relativismo ecc), sia perché in diretto contrasto con gli assiomi strutturali del cattolicesimo (laicità, cosmo-teandrismo, cognitivismo etico ecc).
Micropartiti identitari
Chi, invece, da cattolico intende accordare la propria preferenza elettorale a quei micropartiti dalla salda e coriacea identità cristiana (come se in altre conformazioni partitiche non fosse legittimo militare o partecipare in quanto cattolici), dimentica che l’insegnamento della Chiesa si muove nella direzione esattamente opposta.
In tal senso occorre sempre tenere a mente il Compendio di Dottrina Sociale della Chiesa secondo cui «le istanze della fede cristiana difficilmente sono rintracciabili in un’unica collocazione politica: pretendere che un partito o uno schieramento politico corrispondano completamente alle esigenze della fede e della vita cristiana ingenera equivoci pericolosi» (n. 573), nonché lo stesso Catechismo della Chiesa cattolica secondo il quale «l’azione sociale può implicare una pluralità di vie concrete» (n. 2442).
Mondo e valori
In sostanza, il cattolico, in periodo elettorale, può commettere due opposti, ma esiziali – per la sua cattolicità – errori, cioè sottomettere i propri valori a quelli del mondo, o escludere il mondo dai propri valori.
Per evitare tale micidiale combinazione che non consente di perseguire il bene che si vuole, ma di compiere il male che non si vuole occorre, quindi, tenere massimamente presente che il cattolico non può e non deve rinchiudersi in un recinto ben soddisfatto della propria serafica cattolicità – la quale comunque non è mai punto d’arrivo, quanto semmai sempre di partenza –, ma, fugando ogni tentazione settaria, deve uscire fuori dal proprio “bozzolo” evangelizzando tutti gli ambiti che cattolici non sono, come hanno fatto gli Apostoli e come del resto insegna il Vangelo di san Matteo: «Euntes ergo docete omnes gentes» (Mt., 28, 19).
Foto Ansa
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