«Grazie Eleonora, Dio aveva un progetto su di te, e l’hai compiuto fino al sacrificio». La lettera di mamma Mariella

Di Redazione
13 Settembre 2013
La mamma della dottoressa uccisa mentre soccorreva un ferito scrive al Corriere: «Casualmente, avevo scelto per te il nome Eleonora. Poi, il ginecologo mi ha spiegato il suo significato. Deriva dall'ebraico "el" "nur". Luce di Dio»

«In tanti momenti della vita di mia figlia, mi sono chiesta dove trovasse la forza (…).Si affezionava a tutte e non le importava se fossero italiane, straniere, facoltose o no. Il suo lavoro era la sua vita. Anzi non era un lavoro. Era una missione. Me lo fa pensare quello che è accaduto. E più ci penso e più mi convinco che su di lei Dio aveva fatto un progetto preciso, che lei ha accettato e ha portato avanti compiendolo fino al sacrificio della vita». Scrive così oggi al Corriere della Sera Mariella Armati, madre di Eleonora Cantamessa, la ginecologa di Trescore di cui vi avevamo già parlato, uccisa domenica mentre soccorreva un indiano ferito, travolta da un’auto.

«VIVEVA LA CARITÀ». «La sua enorme sensibilità – continua la lettera – la spingeva con tanta naturalezza verso i più umili. Viveva la CARITÀ intensamente. La carità stessa per cui è scesa dalla macchina in quella strada buia in mezzo a un campo di “guerra”. (…) Forse qualcuno si chiede come ho accettato di espormi a telecamere e obiettivi in questi giorni. Così provata e stravolta, mi è stato difficile, ma l’ho fatto per portare avanti la missione e il sacrifico di Eleonora, per fare arrivare a tutti il suo “messaggio”, l’eredità che ci lascia».

«COME I RE MAGI». Contro l’uomo che guidava quell’auto e che ha ucciso sua figlia e il proprio fratello, Mariella non prova rancore: «Penso a un povero disgraziato, come tanti altri. Lo chiamo “disgraziato” ma senza senso dispregiativo. È in disgrazia come me! (…) La giustizia deve fare il suo corso. Credo invece che quella Divina abbia già provveduto con la sua misericordia. (…) C’è un’immagine che mi resterà nella mente. L’immagine di ieri sera di quei tre indiani che, come i re magi, sono saliti per le scale di casa nostra prima della veglia funebre. Portavano in mano un cero acceso. (…) Ho capito che cercavano il perdono, (…) ho detto loro che non c’era bisogno, che non provavo nessun sentimento negativo, perché mia figlia era scesa da quell’auto senza pregiudizi, non solo con slancio di dovere ma soprattutto con slancio di amore. Questo deve restare nella mente di tutti, perché tutti impariamo qualcosa».

«LUCE DI DIO». Mariella scrive parole forti che ne denotano la forza «ma ho perso mia figlia e mi fa paura il pensiero della sera». «Mi consola un po’ la speranza che l’insegnamento del suo sacrificio non vada perduto, che il suo coraggio e il suo amore, la sua sensibilità possano contribuire a migliorare questo mondo inaridito dalle logiche dell’egoismo, del profitto e della discriminazione. Grazie Eleonora. Casualmente, avevo scelto per te quel nome. Poi, il ginecologo che ti ha aiutato a venire al mondo e aveva lavorato in Medio Oriente mi ha spiegato il suo significato. Deriva dall’ebraico “el” “nur”. Luce di Dio».

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