
Elena Donazzan: «In Europa per chiamare le cose con il loro nome»

Eletta consigliere nel 2000, Elena Donazzan è stata assessore per 19 dei suoi 24 anni in Regione Veneto, oggi lo è all’Istruzione, Formazione, Lavoro e Pari opportunità. Conosce il territorio e la macchina amministrativa come pochi altri e ora, «con grande dolore, lo dico sinceramente», abbandona il suo ruolo per provare una nuova avventura: approdare al parlamento europeo nelle fila del suo partito, Fratelli d’Italia.
Donazzan è conosciuta oltre i confini della sua regione per le posizioni schiette e sincere sui cosiddetti “temi divisivi” (aborto, eutanasia, gender, islam) perché non ha paura di manifestare le sue idee e di difenderle. È questa, in realtà, la sua forza, perché sincerità e concretezza sono qualità che le vengono riconosciute non solo dai suoi elettori, ma spesso anche dagli avversari.
Le chiediamo che cosa le abbiano insegnato i suoi ventiquattro anni in Regione Veneto e quale possa essere il bilancio di un’esperienza politica così lunga e importante. «Direi due cose: ascoltare e decidere. Spesso i politici ritengono che basti presenziare a qualche evento per “ascoltare il territorio”, ma non è così. Ascoltare è faticoso, occorre spendere tempo ed energie, mettersi davvero davanti alle persone e cercare di comprendere cosa dicono e vogliono. E poi decidere, che è una cosa che si impara col tempo perché, inevitabilmente, i primi anni si è più indecisi, ma, man mano che si accumula esperienza, si capisce che il momento della “decisione” è fondamentale. Non si può fare politica se si traccheggia, se si tentenna, occorre questo coraggio. Anche a rischio di apparire divisivi, spigolosi, politicamente scorretti».
Donazzan è l’assessore più longeva d’Italia e in ogni elezione in cui si è presentata ha sempre fatto il record di preferenze. L’affetto che, ogni volta, le dimostrano i veneti è ricambiato. «Amo questa regione perché è composta di gente perbene. Tutti gli imprenditori che incontro mi ripetono sempre la stessa frase: “A voi politici non chiediamo favori, ma una cosa sola: lasciateci fare”. Qui non c’è il capitale finanziario che c’è nel nord ovest, ma c’è tantissimo capitale umano, testimoniato anche dal fatto che siamo la prima regione per numero di volontari e per numero di associazioni di volontariato. Amo il Veneto perché è una regione che rispecchia pienamente quella che è la mia identità, la mia storia, la mia cultura».

Cosa voglio portare in Europa
E adesso che cosa vuole fare in Europa? «Voglio portare a Strasburgo questo mio patrimonio e difenderlo, se necessario. Voglio difendere le nostre imprese da logiche che spesso portano a ragionare solo sui numeri e non sulle persone; voglio difendere la famiglia composta da uomo, donna e figli; i bambini da aberrazioni come l’aborto in costituzione; la fine delle vita fino al suo compimento naturale; insistere perché l’Europa riconosca le sue radici cristiane e perché nel nostro continente sorgano campanili e non minareti o centri commerciali cinesi».
Delle obiezioni alle sue idee, Donazzan non ha paura. «No, perché credo in quello che dico. Dopo uno degli attentati islamisti a Parigi, chiesi agli islamici di prendere le distanze dal terrorismo perché è un fatto, e non un’opinione, che era quella la matrice degli attacchi. Fui molto criticata, ma insisto: solo chi ha un’identità forte è capace di accogliere e io faccio sempre l’esempio dei salesiani di don Bosco, che hanno una capacità straordinaria di accoglienza dei giovani musulmani, ma lo fanno dentro un perimetro di regole e di proposte chiarissime. E sa poi cosa succede? Che quelle famiglie musulmane si sentono rispettate e si fidano dei salesiani cui affidano volentieri i loro figli. Il problema dell’identità è di noi europei, troppo spesso ci vergogniamo della nostra storia e di quello che siamo».
Questa nettezza di giudizi non le crea problemi? «Per me non è una questione muscolare o un modo per raccogliere voti tra chi la pensa come, per me la questione – ma non devo spiegarlo a voi di Tempi – è “chiamare le cose con il loro nome”. Non voglio raccontare bugie, non voglio che le persone che incontro non sappiano chi hanno davanti. Sono contro la cancellazione di ogni identità e di ogni storia, compresa la mia».
Non sputerò mai sulla mia famiglia
In una lunga intervista a Open Donazzan ha raccontato un episodio significativo. Si trovava in veste istituzionale al congresso regionale della Cgil, quando, nel suo intervento finale, il segretario regionale disse: «Non c’è posto per nipoti e nipotini dei fascisti». Quando fu il suo turno, l’assessore disse alla platea: «Io sono una nipote. Teniamoci la nostra storia, che ha avuto un corso: il fascismo è finito, ha perso, è morto il suo capo. Oggi non esiste fascismo, oggi esiste un odio antifascista pericoloso. Allora io vorrei un 25 aprile legato alla fine della guerra. Certo, è finita la guerra, è nata la democrazia, c’è stato un referendum, e la storia ha avuto un altro corso. Ma possiamo stare con la testa indietro così? Anzi, magari con la testa indietro, qui c’è chi continua ad alimentare e a rigenerare odio».
Dice Donazzan a Tempi: «La mia famiglia negli anni Trenta, come quella di tanti italiani, era fascista. Ma io sono nata nel 1972 e quella vicenda è stata consegnata alla storia. Io non sputerò mai sulla mia famiglia non per una questione politica, ma per una questione morale. Da quando il governo Meloni è in carica, l’accusa di fascismo è tornata di moda. Ma io non ho mai espresso parole d’odio contro nessuno e vorrei che gli altri facessero la stessa cosa».
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