
Egitto diviso tra Fratelli Musulmani, ex Mubarak e colpo di Stato militare
I risultati verranno comunicati in forma ufficiale solo il 29 maggio, non sono ancora state scrutinate tutte le sezioni ma secondo quanto già annunciato dai Fratelli Musulmani l’Egitto ha i due candidati che si sfideranno nel primo ballottaggio per la nomina del presidente della storia dell’Egitto e del mondo arabo il 16 e 17 giugno: il primo è Mohamed Morsi, in testa con circa il 25 per cento dei voti, candidato islamista esponente dei Fratelli Musulmani, il secondo Ahmed Shafiq, che rincorre al 23 per cento, ultimo primo ministro del paese sotto il regime di Hosni Mubarak.
I due candidati non potevano essere più diversi: il primo vuole implementare la Sharia, il secondo vuole uno Stato laico. Il primo fa parte del gruppo religioso che durante il regime di Mubarak era stato bandito dalla vita politica e pubblica, il secondo fa parte dell’establishment dell’ex raìs. Il 23 e 24 maggio gli egiziani si sono recati alle urne per l’elezione, per la prima volta nella loro storia e con un’affluenza record di circa il 50 per cento, del presidente del paese. File chilometriche davanti ai seggi e un’affluenza elevatissima hanno dimostrato la voglia del popolo egiziano di scegliere il proprio destino. Dei 13 candidati in gara, i favoriti erano Abdel Fotouh, ex Fratello Musulmano, islamista cosiddetto moderato, Amr Moussa, ex ministro degli Esteri dell’era Mubarak, oltre a Morsi e Shafiq.
I primi due erano i corrispettivi moderati dei candidati che poi hanno raggiunto di fatto il ballottaggio. Moussa, ex uomo del regime, ma meno duro nei confronti dei Fratelli Musulmani e delle proteste di piazza rispetto a Shafiq. E Fotouh, ex Fratello Musulmano, ma meno spinto di Morsi nei confronti di Sharia ed Israele. Shafiq ha promesso di restaurare l’ordine e di tenere la mano ferma nei confronti delle tante proteste che si sono succedute in Egitto fin dalla caduta di Mubarak. E anche se non sono pochi a temere che con l’elezione di Shafiq si torni a qualcosa di troppo simile all’ex regime, uno dei motivi per cui è stato votato in massa è il timore che l’Egitto venga dominato in tutto e per tutto dagli islamici, che già hanno la maggioranza nella Camera alta e bassa del paese. Come come affermava a tempi.it alla vigilia delle elezioni Kristen Chick, inviata al Cairo del Christian Science Monitor, «in tanti hanno votato il candidato opposto a quello che temevano di più. Così i laici e i cristiani si affideranno a quanto c’è di più lontano rispetto agli islamisti». Shafiq, appunto, che secondo Ahmad Sarhan, il suo portavoce, ha raccolto tanti voti perché ha promesso di «salvare l’Egitto dalle forze oscure». Ogni riferimento ai Fratelli Musulmani è assolutamente non causale.
Anche Morsi ha superato il più moderato islamista Fotouh. Candidato dai Fratelli Musulmani come rimpiazzo di Khairat el Shater, estromesso dalla corsa presidenziale dai giudici, Morsi ha promesso di fare tutto quello che si proponeva el Shater. Morsi è un candidato debole, un volto poco noto, che però è islamico e appoggiato dai Fratelli Musulmani che, per quanto banditi durante il regime di Mubarak, hanno una ramificazione vastissima all’interno della società egiziana, dove il 40 per cento degli 82 milioni di abitanti è analfabeta. Così Morsi ha dichiarato, anche per distanziarsi da Fotouh, di essere l’unico vero islamista in gara e che avrebbe implementato la Sharia. «Siamo in testa» ha dichiarato a mezzanotte un parlamentare dei Fratelli Musulmani. «A Dio piacendo, Morsi sarà il prossimo presidente dell’Egitto». Nella speranza che non si verifichi quanto dichiarato al giornale arabo Al-Hayat dall’ex capo dell’intelligence egiziana sotto Mubarak, Omar Suleiman: «Se vinceranno i Fratelli Musulmani è molto probabile che i militari facciano un colpo di Stato».
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I quasi 4 milioni di voti a Sabbahi principalmente sono indicazioni per i webbini (da web) gli arabi sanno bene (abbastanza) cosa succede nell’Ovest (inutile il troll).