Ecco qualche nome che darebbe al centrodestra una chance di vittoria

Di Lodovico Festa
02 Febbraio 2013
Un candidabile eccellente è l’economista Dominick Salvatore, consulente di tanti governi nel mondo, americano nato in una Italia che ama. Meglio di tanti italianI con Mba al Mit che ci disprezzano

Mario Monti e Pier Ferdinando Casini, considerando Silvio Berlusconi un cane morto, si stavano occupando solo di accordi col Pd, scontando di emarginare dalla vita della Repubblica almeno un 40 per cento di elettori (tra grillini, ingroiati, berlusconiani, leghisti, ex missini). Un non problema per elitisti e topini nel formaggio. Poi il leader del Pdl ha ripreso, pur con tanti pasticci, l’iniziativa e pare essere arrivato a un 30 per cento dell’elettorato. E i giochi si sono riaperti. Dietro la ripresa vi sono sedimentazioni conservatrici, leghismi e anche tanti corporativismi (comunque meno nocivi del blocco d’interessi montian-casinista). Ma si esprime pure il movimento di ampi settori della società che comprendono il carattere del neo-elitismo (al fondo coordinato con le manipolazioni della giustizia politicizzata) consci di come così, lungi dal garantire rigorose riforme, ci si limiti a regolare equilibri nel potere finanziario e a proteggere limitati segmenti dell’economia italiana all’interno di una sua sostanziale colonizzazione. Da qui un piccolo varco, ostruito però dal passato più recente. È arduo un vero rilancio del centrodestra senza un’analisi di quel che è successo: dagli sbandamenti esistenziali di Berlusconi agli intrighi di Gianfranco Fini come parte di una manovra di lungo periodo per un Quirinale che ambienti internazionali e dello Stato considerano di propria pertinenza, dallo smarrimento di un Giulio Tremonti lasciato correre per un primato personale impossibile che lo fece imbizzarrire alla vana speranza di ricomporre l’area moderata-conservatrice sotto l’egida del clan elitistico e della nomenklatura udiccina, interessati solo ad assetti oligarchici.

In questo contesto al centrodestra non basta un buon programma, serve una proposta politica che soddisfi gli interrogativi posti dagli eventi più recenti. Una prima parziale risposta è stata data quando Berlusconi ha rinunciato a riproporsi come premier. Poi si è iniziato a parlare di una fase costituente, proposta per ora confusa ma assolutamente necessaria perché solo riformando lo Stato si riforma una politica ormai logorata. In questo senso s’è compiuta una mossa intelligente indicando l’esigenza di un uomo di “garanzia” al Colle e si è fatto il nome di Mario Draghi: per consolidare questa volontà il centrodestra dovrebbe continuare ad avanzare candidature di personalità come Cesare Mirabelli o Anna Maria Cancellieri.

Per la prospettiva costituente, oltre che un presidente di garanzia, serve anche un percorso concreto: a questo fine agli inizi di febbraio alcune persone di buona volontà e di diverso orientamento – tra le quali io – vorrebbero avanzare qualche idea su cui riflettere. Da parte mia ritengo necessari referendum indicativi del tipo monarchia-repubblica sui nodi complicati politicamente: dal presidenzialismo alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri.

Naturalmente poi peseranno le esigenze della politica corrente: sarà difficile per i berlusconiani convincere molti incerti senza articolare l’ipotesi di un limitato governo di coalizione (non più di tecnici) per l’emergenza, se arriva un pareggio.

Se si saprà parlare così all’intelligenza degli elettori e non solo alla loro pancia, il centrodestra forse potrà avere anche una qualche chance di vittoria. Ma questo richiede non solo annunci programmatici ma anche l’indicazione di come risolvere, affrontando esplicitamente i nodi e facendo nomi e cognomi, le più serie contraddizioni del passato. Per esempio che ruolo avrà Berlusconi? Potrebbe assumere quello che fu di Umberto Bossi al ministero delle Riforme spendendosi così per il futuro della Repubblica più che nella gestione? E quale impegno per Tremonti che non rinfocoli vecchie rotture? Presidente e garante di una commissione bicamerale sul Bilancio per scelte di spesa rigorose ma non depressive? E nel ministero centrale dell’Economia? Un ruolo strategico potrebbe averlo Renato Brunetta, economista di qualità e senza puzze elitiste sotto il naso, tra i migliori conoscitori dei problemi del mondo del lavoro anche perché figlio di un venditore di gondolette e non nato con il cucchiaino d’oro in bocca, ma in grado di litigare anche con se stesso se s’incontra allo specchio. Ci vorrebbe quindi anche a sua tutela un nome che lo moderi nonché lo copra sui mercati globali. Un candidabile eccellente è Dominick Salvatore, grande economista, consulente di tanti governi nel mondo, americano nato in un’Italia che ama, da piazzare al posto di un qualche italiano magari con Mba al Mit ma sprezzatore del proprio popolo.

Nella settimana finale, con sondaggi favorevoli, il centrodestra se volesse vincere dovrebbe piazzare le ultime mosse: assicurare un po’ di armonia futura con vicepresidenze per Flavio Tosi e Angelino Alfano, e puntare per la premiership su una personalità che pesi nell’industria e sia stimato all’estero. Non ce ne sono molte, ma almeno una di qualità c’è e il centrodestra dovrebbe giocarla se volesse avere una chance di vittoria.

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