
È “venerabile” il cardinale Van Thuan, che convertiva i comunisti in carcere

François-Xavier Nguyen Van Thuan, cardinale vietnamita deceduto nel 2002 a 76 anni, ha vissuto in modo eroico le virtù cristiane. L’alto prelato a lungo imprigionato dai comunisti è dunque stato riconosciuto “venerabile” con un decreto firmato ieri da papa Francesco. L’annuncio, che ha suscitato anche la «profonda gioia» di Benedetto XVI, è un importante passo avanti nella causa di beatificazione.
VESCOVO DI SAIGON. Nato a Hue il 17 aprile 1928 in una famiglia profondamente cristiana, Nguyen Van Thuan entra in seminario a 13 anni e diventa sacerdote a 25. Dopo gli studi a Roma, torna in Vietnam per fare il professore e rettore del seminario, e dopo essere ordinato vescovo di Nha Trang a 39 anni, il 24 aprile 1975 viene nominato vescovo coadiutore di Saigon. Solo sei giorni dopo, la città sarebbe stata occupata dai Viet Cong.
CONVERSIONI IN CARCERE. Dopo pochi mesi, i comunisti arrestano il vescovo condannandolo senza processo a 13 anni di rieducazione, di cui nove passati in isolamento. Ma questa condizione non ha mai fermato l’incredibile testimonianza del vescovo che, durante la prigionia, riesce a ordinare preti clandestinamente, distribuire la comunione agli altri prigionieri cristiani, convertire al cattolicesimo buddisti e atei curiosi di sapere perché era sempre «così felice». In uno dei suoi scritti ricorda di aver sentito la voce di Dio: «Francesco, è davvero semplice. Imita san Paolo quando era in prigione: scrivi anche tu lettere alle comunità della Chiesa».
«DIO PARLAVA, IO ASCOLTAVO». Liberato il 21 novembre 1988, viene espulso dal paese e si trasferisce a Roma nel 1991. Giovanni Paolo II gli affida la presidenza del pontificio Consiglio giustizia e pace e nel 2000 lo chiama a predicare gli esercizi spirituali alla Curia Romana. Nel 2001, un anno prima di morire, viene creato cardinale e già nel 2007 si apre la causa di canonizzazione. Una volta chiesero al cardinale perché continuava a dire che era stato felice in carcere e lui rispose: «Perché toccava a Dio parlare e a me stare ad ascoltare».
Foto Ansa
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