
È scappato Chen, il dissidente cinese cieco ai «domiciliari forzati» dal 2010. [link url=https://www.tempi.it/videogallery/cheng-guangcheng-cosi-mi-hanno-picchiato-e-mi-tengono-rinchiuso-in-casa-mia]Video[/link]
Non si sa se sia giallo, di sicuro è scappato. Stamattina è stata diffusa la notizia che l’attivista e dissidente cieco Chen Guangcheng, 39 anni, è scappato il 22 aprile da casa sua, «la più grande prigione dove il regime comunista cinese mi abbia mai rinchiuso», situata nel villaggio Dongshigu, e ora si troverebbe a Pechino, forse all’ambasciata americana. Secondo quanto dichiarato da Bob Fu, direttore del gruppo cristiano Chinaaid e promotore di un’incessante campagna per la liberazione del dissidente, «Chen si trova in un posto sicuro al 100%. Per ora non posso rivelare di più».
Chen, nonostante fosse formalmente un uomo libero, era rinchiuso in casa sua insieme alla moglie e alla figlia dal settembre 2010, «sorvegliato 24 ore su 24 da tre squadre di 22 persone l’una, che impediscono a me di uscire e a chiunque di venirmi a trovare». L’unica persona che poteva entrare e uscire di casa, e solo per comprare da mangiare, era la mamma di 76 anni. Perché? L’unica colpa di Chen è quella di avere aperto gli occhi al mondo sulle conseguenze della politica del figlio unico. La legge varata dal governo comunista nel 1979, vieta alle famiglie di avere più di un figlio, ad eccezione di quelle rurali, che possono averne due se il primo è femmina. Nel 2005 Chen, che ha studiato legge da autodidatta, ha aiutato alcuni cronisti del Washington Post a trovare le prove della campagna di aborti e sterilizzazioni forzati che veniva condotta contro le donne della sua città. Solo nel 2005, nello Shandong 7 mila donne sono state obbligate sterilizzate e obbligate ad abortire.
Così Chen è stato condannato a quattro anni e tre mesi di prigione per «distruzione di proprietà privata e intralcio del traffico», una sentenza «sconvolgente» a detta della moglie. Scontata la pena, nel settembre 2010 è stato scortato e rinchiuso in casa sua, dove più di una volta il regime ha mandato funzionari che hanno pestato a sangue lui e a volte anche la moglie, impedendo loro di andare in ospedale. Tutto quello che Chen ha dovuto subire ai “domiciliari forzati” lo ha raccontato in un video eccezionalmente diffuso su YouTube, dove filma la sua prigionia e racconta la sua storia.
Il 22 aprile Chen Guangcheng è riuscito a scappare. L’attivista He Peirong, che secondo voci sarebbe stata arrestata stamattina, ha confermato di averlo aiutato a fuggire. La vita di Chen non è in pericolo ma non si può dire la stessa cosa dei suoi familiari. Il fratello e il nipote sono stati assaliti da una banda di malviventi, guidati dal capo villaggio. Il nipote Chen Kegui si è dovuto consegnare alla polizia. Il sito vicino ai dissidenti cinesi Boxun.com oggi ha anche pubblicato un nuovo video (in cinese) di Chen Guangcheng, dove il dissidente ha fatto i nomi di tutti i funzionari che sono entrati in casa sua per pestarlo e ha rivolto tre richieste al premier Wen Jiabao: «1) Indagare e punire i funzionari locali che perseguitano la mia famiglia. 2) Evitare rappresaglie contro i suoi familiari ancora agli arresti. 3) Applicare davvero la legge ai casi di corruzione dei funzionari».
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